Impatto delle politiche commerciali statunitensi: tra Dazi e “America First”, le nuove dinamiche globaliste.
La scena del commercio globale sta vivendo un periodo di profonde trasformazioni, con le politiche economiche degli Stati Uniti che giocano un ruolo centrale nel ridisegnare gli equilibri di potere. L’approccio “America First“, in particolare, ha introdotto elementi di aggressività e imprevedibilità, manifestandosi attraverso l’imposizione di dazi e barriere commerciali che hanno ripercussioni significative su scala mondiale.
Dazi e Protezionismo: Un’Arma a Doppio Taglio. L’introduzione di Dazi addizionali, come quelli del 25% sulle importazioni da Canada e Messico o del 10% dalla Cina, e la reintroduzione di tariffe su acciaio e alluminio, evidenziano una chiara strategia protezionistica. Se da un lato queste misure mirano a ridurre le dipendenze dall’estero, difendere l’industria nazionale e rafforzare la leadership tecnologica statunitense, dall’altro generano incertezza e distorsioni nei flussi commerciali globali. I dazi, di fatto, si configurano come una tassa pagata dagli importatori, che si traduce in un aumento dei prezzi per i consumatori e in una riduzione dei margini per le imprese. L’esperienza della prima amministrazione Trump ha dimostrato come tali politiche possano avere un impatto negativo sul PIL (prodotto interno lordo) del paese che le impone, oltre a frenare la crescita economica potenziale a lungo termine a causa della minore concorrenza internazionale.
La Frammentazione del Commercio Globale e le Nazioni più Esposte. Le tensioni geopolitiche, alimentate anche dalle politiche commerciali statunitensi, stanno portando a una frammentazione del commercio globale. Questo fenomeno si manifesta attraverso la riconfigurazione delle catene di fornitura, l’incremento di flussi e triangolazioni commerciali in paesi terzi e una digressione generalizzata degli scambi. In questo scenario, alcune nazioni si trovano più esposte di altre alle conseguenze di queste dinamiche. L’Europa, e in particolare l’Italia, rappresenta un esempio significativo. Nonostante l’accordo commerciale tra UE e USA, che ha superato i 1.600 miliardi di euro di scambi bilaterali nel 2024, l’introduzione di dazi medi del 15% sulle merci europee, con picchi superiori per alcuni paesi, rappresenta una sfida. L’Italia, in particolare, è più esposta della media UE al mercato USA, con il 22,2% delle sue vendite extra-UE destinate agli Stati Uniti, rispetto al 19,7% della media europea. Settori come le bevande, gli autoveicoli, il comparto agricolo e la farmaceutica mostrano una forte dipendenza dal mercato statunitense, rendendoli particolarmente vulnerabili a eventuali ritorsioni o inasprimenti delle politiche tariffarie.

Il Concetto di “Colonialismo Economico” e la Dipendenza.
Il termine “colonialismo” è stato evocato nel contesto delle politiche statunitensi, suggerendo un dominio economico che va oltre la semplice competizione commerciale. Sebbene il colonialismo tradizionale implichi un controllo territoriale diretto, l’idea di un “colonialismo economico” si riferisce a una situazione in cui una nazione esercita un’influenza sproporzionata sulle economie di altri paesi, creando dipendenze e limitando la loro autonomia. Le politiche commerciali aggressive, l’imposizione di dazi e la ricerca di un accesso al mercato “senza precedenti” possono essere interpretate come strumenti per consolidare tale dominio, specialmente quando le nazioni più deboli o più dipendenti si trovano costrette ad accettare condizioni sfavorevoli per mantenere l’accesso a mercati vitali. La dipendenza economica, come quella dell’Italia dagli Stati Uniti in alcuni settori chiave, può limitare la capacità di una nazione di diversificare i propri mercati e di resistere a shock esterni. Questo crea una vulnerabilità che, in un contesto di crescente nazionalismo economico e di politiche commerciali aggressive, può tradursi in una perdita di sovranità economica e in una maggiore esposizione a decisioni prese al di fuori dei propri confini. La ricerca di un riequilibrio della bilancia commerciale da parte degli USA, ad esempio, può portare a pressioni su paesi come l’Italia per aumentare le importazioni di determinati prodotti, come il gas naturale, anche a scapito di alternative più sostenibili o strategicamente vantaggiose. In sintesi, le dinamiche attuali del commercio globale sono complesse e multifattoriali. Le politiche statunitensi, pur mirando a obiettivi nazionali, hanno un impatto sistemico che ridisegna le relazioni economiche internazionali e mette in luce le vulnerabilità di quelle nazioni che, per ragioni storiche o strutturali, si trovano in una posizione di maggiore dipendenza. Comprendere queste dinamiche è fondamentale per navigare in un panorama economico sempre più incerto e per sviluppare strategie che possano mitigare i rischi e promuovere una maggiore resilienza economica.
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