Rosa Luxemburg e la Palestina: un appello all’attivismo contro l’Indifferenza.
La voce inascoltata di Rosa Luxemburg risuona oggi, mentre l'orrore di Gaza si scontra con la passività collettiva: un'analisi confidenziale sulla necessità di rompere la zona di comfort.
Il pensiero di Rosa Luxemburg Nel frastuono assordante del nostro tempo, dove le notizie si susseguono a un ritmo vertiginoso e le tragedie si consumano sotto i nostri occhi.
C’è una voce che risuona ancora, limpida e inequivocabile, dal profondo del secolo scorso. È la voce di Rosa Luxemburg, una figura che, a più di cento anni dalla sua tragica scomparsa, continua a interrogarci con la sua radicalità, la sua passione e la sua incrollabile fede nella possibilità di un mondo più giusto.
Oggi, mentre le immagini di Gaza ci raggiungono, crude e strazianti, e il dibattito si arena in sterili polarizzazioni, il pensiero di Rosa Luxemburg si rivela non solo attuale, ma dolorosamente necessario.
Rosa Luxemburg non era una teorica da torre d’avorio. La sua vita fu un ininterrotto atto di militanza, un corpo a corpo con la storia, un rifiuto categorico di ogni compromesso con l’ingiustizia. Per lei, la rivoluzione non era un dogma da applicare pedissequamente, ma un processo vivo, dialettico, che nasceva dalla spontaneità delle masse e dalla loro capacità di autodeterminazione. Ed è proprio qui che il suo pensiero si scontra con la nostra contemporaneità, con quella che lei avrebbe probabilmente definito la ‘palude‘ dell’indifferenza, la ‘quiete‘ della rassegnazione.
Di fronte alle atrocità che si consumano in Palestina, alla distruzione di vite e speranze, alla violenza che si ripete ciclicamente, assistiamo a una reazione che, seppur non del tutto assente, appare spesso frammentata, insufficiente, incapace di tradursi in un movimento collettivo di reale impatto. La ‘gente comune’, quella stessa a cui Rosa Luxemburg si rivolgeva con la sua oratoria infuocata, sembra oggi ritirarsi in una zona di comfort, protetta da schermi e filtri, dove l’orrore diventa un’immagine tra le tante, un hashtag che scompare rapidamente nel flusso ininterrotto delle notizie.
“Chi non si muove non si accorge delle sue catene.”
Rosa Luxemburg ci avrebbe forse ricordato che la libertà è sempre la libertà di chi la pensa diversamente, ma anche che la solidarietà non può essere un lusso, un sentimento da esibire sui social media per poi tornare alla propria routine. La sua critica al riformismo, alla tendenza a cercare soluzioni parziali all’interno di un sistema intrinsecamente ingiusto, risuona con forza. Non basta indignarsi, non basta condannare a parole. È necessaria un’azione concreta, una presa di posizione netta, un rifiuto di accettare lo status quo. E questo, purtroppo, è ciò che spesso manca. La complessità della situazione palestinese, le sue radici storiche profonde, le narrazioni contrapposte, tutto contribuisce a creare un senso di impotenza, una sorta di paralisi collettiva che impedisce di agire. Ma Rosa Luxemburg, con la sua lucida analisi del capitalismo e dell’imperialismo, ci avrebbe spinto a guardare oltre le apparenze, a riconoscere le dinamiche di potere che sottostanno a ogni conflitto, a non cadere nella trappola della neutralità, che spesso si traduce in complicità.
“Dove non ci sono bambini non ci sono né feste né vita familiare.”
La sua visione di una rivoluzione non come atto di violenza cieca, ma come espressione della volontà popolare, come liberazione dalle catene dell’oppressione, è un monito potente. Non si tratta di scegliere da che parte stare in un conflitto tra fazioni, ma di schierarsi dalla parte dell’umanità, della giustizia, della dignità. E questo richiede coraggio, la capacità di uscire dalla propria zona di comfort, di affrontare la scomodità della verità. Rosa Luxemburg, con la sua vita e la sua morte, ci ha insegnato che la storia non è un fiume inesorabile che scorre indipendentemente dalla nostra volontà, ma è plasmata dalle azioni, o dalle omissioni, degli individui. La passività, l’indifferenza, il rifugiarsi nel privato, sono scelte che hanno conseguenze, che contribuiscono a perpetuare l’ingiustizia.
E in un mondo sempre più interconnesso, dove le sofferenze di uno sono le sofferenze di tutti, l’idea di una ‘zona di comfort‘ diventa un’illusione pericolosa, un lusso che non possiamo più permetterci.
Forse, in questi tempi bui, abbiamo più che mai bisogno di riscoprire lo spirito indomito di Rosa Luxemburg, la sua capacità di vedere oltre l’orizzonte immediato, di non accontentarsi delle mezze misure.
“La sua eredità non è un manuale di istruzioni, ma un invito costante alla riflessione critica, all’azione consapevole, alla costruzione di un futuro in cui la giustizia non sia un’utopia, ma una realtà tangibile. E questo inizia con il rifiuto di quella comoda, ma pericolosa, zona di comfort che ci impedisce di vedere, di sentire, di agire”.
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