Parsifal & Wagner: breve panoramica sull’opera-testamento. Musica, mito e significato in pillole flash sull’opera.
Parsifal & Wagner. Se vi avvicinate a “Parsifal” per la prima volta, sappiate che state per scoprire un’opera unica nel panorama musicale. Quest’ultima creazione di Richard Wagner non è un’opera come le altre, tanto che il compositore stesso la definì Bühnenweihfestspiel, ovvero “Festival Scenico Sacro”. Non si tratta di semplice intrattenimento, ma di un’esperienza profonda, quasi rituale. “Parsifal” è un viaggio lento e denso di significati, che esplora temi universali come la sofferenza, la colpa, la redenzione e, soprattutto, il potere trasformativo della compassione.
Radici
Ma da dove nasce questa storia? Le radici affondano nel fertile terreno delle leggende medievali legate a Re Artù e al mistero del Santo Graal. La figura del nostro eroe, conosciuto come Perceval o Parzival, appare per la prima volta in modo significativo nel racconto incompiuto Perceval, ou le Conte du Graal del poeta francese Chrétien de Troyes, verso la fine del XII secolo. Qui, Perceval è un giovane gallese, cresciuto isolato nella foresta dalla madre che voleva tenerlo lontano dalle armi, responsabile della morte del padre. Ignaro delle usanze del mondo, parte per diventare cavaliere, dimostrando una rozza ingenuità mescolata a talento naturale. Arriva al castello del Re Pescatore, gravemente malato, assiste a una processione misteriosa con una lancia sanguinante e un Graal (una coppa luminosa), ma, seguendo un consiglio ricevuto, non osa chiedere spiegazioni sulla sofferenza del re o sulla natura di ciò che vede, perdendo così l’occasione di guarirlo.
Sarà poi il poeta tedesco Wolfram von Eschenbach, all’inizio del XIII secolo, a riprendere e ampliare enormemente la storia nel suo poema epico Parzival. Questa è la fonte principale a cui Wagner attingerà. Wolfram arricchisce enormemente la psicologia del personaggio e il contesto. Il suo Parzival compie un lungo percorso: dalla “pura follia” iniziale (l’ingenuità inconsapevole), passando per la visita al castello del Graal (Munsalvæsche), l’incontro con il sofferente re Anfortas (che ha una ferita derivante da una colpa), l’incapacità di porre la domanda compassionevole (“Zio, cosa ti affligge?”), il conseguente rimprovero e l’allontanamento. Seguiranno anni di vagabondaggio, crisi spirituale e ricerca, fino all’incontro fondamentale con l’eremita Trevrizent, che lo istruirà sulla natura del Graal (che in Wolfram è una pietra magica, non la coppa), sulla colpa, sulla grazia e sulla sua stessa genealogia. Solo dopo questa profonda maturazione interiore ed esteriore, Parzival potrà tornare, porre la domanda, guarire Anfortas e diventare lui stesso Re del Graal.
Wagner, pur partendo da questo materiale ricchissimo, non fa una semplice trasposizione. Rielabora la storia, la concentra sul suo nucleo spirituale, la carica delle sue riflessioni filosofiche (fortissima l’influenza di Schopenhauer e del concetto di Mitleid, la compassione) e di un interesse per le dottrine orientali (rinuncia, illuminazione attraverso la comprensione della sofferenza). Elimina molte sottotrame cavalleresche e cambia anche il nome in Parsifal. Il risultato è qualcosa di unico, un dramma psicologico e spirituale potentissimo.
Pene fisiche e spirituali
Parsifal & Wagner.Ora, immaginiamo insieme di entrare in questo mondo con il Primo Atto. Ci troviamo a Montsalvat, un luogo quasi fuori dal tempo, dove una confraternita di cavalieri custodisce due reliquie potentissime: il Santo Graal (la coppa dell’Ultima Cena) e la Lancia Sacra (quella che trafisse Cristo). Suona epico, vero? Peccato che la situazione sia disastrosa. Il loro re, Amfortas, è tormentato da una ferita che non guarisce mai. Ma non è una ferita di battaglia qualunque. Anni prima, Amfortas cadde preda della tentazione nel giardino incantato di un mago malvagio, Klingsor. Klingsor era un aspirante cavaliere del Graal che, incapace di vincere la lussuria, si mutilò e fu respinto; ora cerca vendetta usando la magia e una donna misteriosa, Kundry, per corrompere i cavalieri. Fu proprio Klingsor a ferire Amfortas con la stessa Lancia Sacra, che poi rubò.
Quindi, capite il dramma? Amfortas soffre pene fisiche e spirituali indicibili. La ferita gli ricorda costantemente la sua colpa, la sua debolezza. E c’è di peggio: il suo compito di re sarebbe quello di celebrare il rito del Graal, che dà forza e vita ai cavalieri, ma ogni volta che lo fa, la vista della reliquia riapre la ferita, trasformando la cerimonia in un’agonia. Un incubo. L’unica speranza viene da una profezia: solo un “puro folle, reso saggio dalla compassione” (durch Mitleid wissend, der reine Tor) potrà guarire la ferita e recuperare la Lancia.
In questo scenario di sofferenza e attesa, irrompe lui: Parsifal. Non sa nulla, nemmeno come si chiama. Arriva nel bosco sacro dei cavalieri e la sua prima azione è… uccidere un cigno, animale considerato sacro lì. Apriti cielo! I cavalieri sono indignati. Viene fuori questo ragazzo selvaggio, rozzo, che sembra non capire la gravità del suo gesto. Non sa chi sia suo padre, sua madre, da dove venga. Ignoranza totale.
Gurnemanz
Ma c’è un personaggio chiave, Gurnemanz, un anziano e saggio cavaliere, custode della storia e delle tradizioni del Graal. È lui che racconta gran parte di quello che vi ho detto finora. Lui interroga Parsifal, si scontra con la sua ingenuità disarmante (“So quasi nulla”, risponde il ragazzo), ma forse, proprio in quella totale inconsapevolezza, in quella “pura follia”, Gurnemanz intravede una scintilla. E se fosse lui quello della profezia? La speranza è un filo sottile, ma Gurnemanz decide di portarlo con sé ad assistere alla cerimonia del Graal nel Tempio. Magari vedere la sofferenza di Amfortas e il rito sacro lo scuoterà, gli farà capire qualcosa.
Ed è qui che accade una delle scene più magiche e strane dell’opera. Gurnemanz e Parsifal si incamminano verso il Tempio. Ma il sentiero è strano, sembra trasformarsi attorno a loro. Parsifal se ne accorge e dice, meravigliato: “Mi sembra appena di camminare, eppure sento d’essermi già molto inoltrato”. È allora che Gurnemanz pronuncia una frase enigmatica, diventata famosissima: “Vedi, figlio mio, qui il tempo si muta in spazio” (Du siehst, mein Sohn, zum Raum wird hier die Zeit).
Fermiamoci su questa frase. Al livello più immediato, descrive un effetto scenico, un trucco teatrale per mostrare il passaggio in un luogo sacro e fuori dall’ordinario. Ma è molto, molto di più. È la chiave per capire che stiamo entrando in una dimensione diversa della realtà e della coscienza. Non siamo più nel tempo lineare dell’orologio (kronos), ma in un presente carico di significato, quasi uno stato d’essere (kairos), uno “spazio” interiore o spirituale che si attraversa. È il segnale che la vera trasformazione, il vero viaggio, avviene dentro.
E questa intuizione wagneriana, “il tempo si muta in spazio”, non vi sembra incredibilmente risonante con riflessioni che vanno ben oltre l’opera stessa?
Fisica quantistica
Parsifal & Wagner. Pensiamo, per suggestione, ad alcune idee della fisica quantistica. Certo, Wagner non era un fisico del XX secolo, ma la sua arte tocca archetipi profondi sulla natura della realtà. La fisica moderna ci ha insegnato che spazio e tempo non sono contenitori fissi e separati come pensavamo, ma un tessuto interconnesso (lo spaziotempo). Fenomeni come l’entanglement quantistico, dove particelle rimangono connesse istantaneamente a prescindere dalla distanza spaziale (“azione fantasma a distanza”, la chiamava Einstein), sfidano la nostra percezione lineare e separata di spazio e tempo. O pensiamo a come, nel mondo quantistico, l’osservatore non è staccato dall’osservato, ma l’atto di misurare influenza la realtà. Non è forse simile all’idea che entrando in uno stato di coscienza diverso (il dominio del Graal), la nostra percezione e la struttura stessa di tempo e spazio possano apparire trasformate?
Filosofie orientali
E come non sentire echi profondi delle filosofie orientali? Il concetto induista e buddista di Maya, il velo dell’illusione che nasconde la realtà ultima e che è intessuto proprio dalle nostre percezioni ordinarie di tempo, spazio e separazione. Entrare nel dominio del Graal è come tentare di squarciare quel velo. È l’esperienza descritta da tanti mistici e meditatori: raggiungere stati di coscienza dove il flusso del tempo lineare si dissolve, dove si sperimenta una profonda unità e interconnessione, dove lo “spazio” interiore si espande oltre i confini abituali. La frase di Gurnemanz sembra descrivere proprio l’accesso a uno stato simile. Ad esempio, nel Buddismo Zen, l’illuminazione (satori) è spesso descritta come un’esperienza improvvisa che trascende il tempo e la dualità soggetto-oggetto, un’immersione nel “qui e ora” che è spazialmente e temporalmente illimitato.
Cristianesimo
Infine, guardiamo al Cristianesimo e alla domanda che sorge spontanea nel contesto del Graal: ma questo Graal, è solo un oggetto sacro esterno, da cercare e custodire, o rappresenta qualcosa che possiamo trovare dentro di noi? Il percorso di Parsifal stesso suggerisce la seconda ipotesi. Nel primo atto, vede il Graal, ma non capisce, non prova compassione. Guarirà Amfortas solo quando la compassione (“saggezza attraverso la compassione”) sarà nata dentro di lui, dopo aver vissuto la tentazione e compreso empaticamente il dolore altrui. Questo non vi ricorda potentemente l’insegnamento mistico cristiano, o le parole stesse di Gesù riportate nel Vangelo di Luca (17:21): “Il Regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione… perché, ecco, il Regno di Dio è dentro di voi” (o “in mezzo a voi”, a seconda delle traduzioni, ma il senso di interiorità è forte). Il Graal, in questa lettura, diventa allora il simbolo potente di quella scintilla divina, di quella capacità di amore redentore, di connessione con il sacro che risiede nel cuore umano. Parsifal deve “realizzare” il Graal dentro di sé per poter agire nel mondo e portare guarigione.
Parsifal & Wagner. Vedete come una sola frase, in un’opera così ricca, possa aprirci a vertigini interpretative? Parsifal assiste al rito nel Primo Atto, ma resta muto, incapace di comprendere. Sarà solo l’inizio del suo lungo cammino. Vi invito a esplorare tutta l’opera, lasciandovi guidare da questa idea che nel regno dello spirito, e forse anche nelle pieghe più profonde della realtà, le nostre rigide categorie di tempo e spazio possano davvero dissolversi, rivelando connessioni inaspettate tra il nostro mondo interiore e l’universo che ci circonda. “Parsifal” è un invito a quel viaggio.
Parsifal & Wagner
Parsifal & Wagner