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Narrativa distopica: Ventuno, romanzo edito Eris Edizioni

Opera che trasforma il disagio in strumento di conoscenza.

Narrativa distopica: Ventuno, romanzo edito Eris Edizioni. Opera che trasforma il disagio in strumento di conoscenza.

Narrativa distopica. Guillem López, con il romanzo Ventuno (Eris Edizioni), consegna al lettore un’opera audace che trasforma la narrativa distopica in un affresco esistenziale di rara intensità. Ambientato in un futuro iper-gerarchizzato, il libro trascende i canoni del genere per immergersi in un’indagine psicologica e sociologica tanto cruda quanto necessaria.

La vicenda si snoda negli oscuri recessi di un sottosuolo claustrofobico, dove Ventuno, protagonista senza volto ma carico di umanità lacerata, trascina la propria esistenza tra gallerie oppressive. López costruisce un universo mineralogico-simbolico: l’estrazione incessante di minerali diventa metafora dello svuotamento dell’anima, il lavoro coatto si trasfigura in rito di annichilimento collettivo. La società descritta, con le sue caste rigide e i meccanismi di controllo asfissianti, riecheggia inquietanti derive del contemporaneo, amplificate in una proiezione distopica che colpisce per verosimiglianza psicologica.

Guillèm Lopez - "Ventuno" - Eris Edizioni
Guillèm Lopez – “Ventuno” – Eris Edizioni

Alienazione

Se l’incipit procede con un’insistenza (forse eccessiva) sui dettagli più tetri – scelta che potrebbe disorientare i lettori avidi di azione –, questa apparente lentezza si rivela presto strategia narrativa geniale. López adotta un realismo sensoriale che trasforma la pagina in una membrana porosa: l’umidità putrescente delle gallerie, il respiro rauco dei minatori, il sudore che macera le tute da lavoro diventano elementi di un’esperienza sinestetica. La prosa, scabra come le rocce scavate dai personaggi, rinuncia a ogni lirismo consolatorio per abbracciare un espressionismo brutale, dove ogni aggettivo è un colpo di piccone nella coscienza del lettore.

La scelta della prima persona si trasforma in un tour de force letterario. Il flusso di coscienza di Ventuno – frammentario, claustrofobico, a tratti allucinato – non si limita a descrivere, ma incarna la disintegrazione identitaria. Attraverso un linguaggio che alterna secchezze tecniche a bagliori poetici sotterranei, López scolpisce un anti-eroe la cui ribellione silenziosa si manifesta proprio nella persistenza del pensiero critico. Quel “io” narrante diventa ultimo baluardo contro la spersonalizzazione, micro-resistenza filosofica in un mondo che ha bandito l’interiorità.

Crudeltà

Le scene più violente – descritte con un naturalismo che sfiora il corporealismo di Bataille – rifiutano ogni compiacimento gratuito. La ferocia diventa strumento di decostruzione: strappando via il velo del buonsenso, López costringe a confrontarsi con l’abiezione come possibile esito dell’alienazione capitalistica. Particolarmente efficace la dialettica tra corpi-macchina (funzionali alla produzione) e corpi-sofferenza (depositari di un’umanità irriducibile), vero perno concettuale del romanzo.

Ventuno si impone non come semplice denuncia sociale, ma come saggio antropologico in forma narrativa. La potenza visionaria ricorda certe pagine di Kafka filtrate attraverso il cinema body-horror di Cronenberg, ma con una cifra originale che trasforma la disperazione in strumento conoscitivo. L’autore compie un’operazione rischiosa – mantenere alta la tensione letteraria in un ambiente volutamente desolato – e vince la scommessa grazie a un controllo stilistico ferreo.

Rinascita?

Il vero tema del romanzo non è la caduta, ma la possibilità – flebile, disperata – di ri-generarsi attraverso le proprie lacerazioni. Ventuno, nel suo nomadismo sotterraneo, incarna la ricerca di un umanesimo della crisi, dove persino la degradazione può trasformarsi in rivelazione.
Opera necessaria in un’epoca di transumanesimo ed evaporazione identitaria, Ventuno non si legge: si subisce, si metabolizza, lascia cicatrici che sono altrettanti inviti a ri-pensare la nostra condizione di animali sociali in un mondo che nega l’anima.

Un’ottima opera di narrativa filosofica che trasforma il disagio in strumento di conoscenza, elevando la distopia a specchio ustorio del nostro presente.

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