Example of Black Hole. 17 September 2002 (upload date). Black Hole in a Globular Cluster (Illustration) Author IMAGE: NASA, Greg T. Bacon (STScI)

Astronomers detect oldest black hole: italiano a capo della ricerca.

"Capire da dove arrivano i buchi neri è sempre stato un enigma, ma ora quell'enigma sembra approfondirsi".

Astronomers detect oldest black hole: l’italiano Maiolino a capo della ricerca. “Capire da dove arrivano i buchi neri è sempre stato un enigma, ma ora quell’enigma sembra approfondirsi”.

Astronomers detect oldest black hole: Secondo un rapporto pubblicato il 10 dicembre dal rinomato media britannico The Guardian, un team internazionale di astronomi ha scoperto prove che indicano l’esistenza in passato di un buco nero straordinariamente massiccio risalente quasi all’alba dell’universo osservabile. Esaminando una galassia molto distante chiamata GN-z11 utilizzando il Telescopio Spaziale James Webb recentemente lanciato, i ricercatori hanno identificato emissioni che suggeriscono la presenza di un vortice gravitazionale supermassiccio già formatosi entro qualche centinaio di milioni di anni dal momento cosmologicalmente noto come Big Bang.

Questo inaspettatamente enorme vuoto primordiale, stimato attraverso la modellazione del suo disco di accrescimento circostante a possedere all’incirca un milione di masse solari in densità, oltrepassa di gran lunga le scale previste per i primi buchi neri estrapolate dai dogmi astrofisici prevalenti. “La sorpresa sta nella sua massa enorme. Questa è la cosa più inattesa”, ha commentato il principale ricercatore Professor Roberto Maiolino dell’Università di Cambridge esprimendo lo shock del suo team per l’anomala grandezza della loro scoperta.

Astronomers detect oldest black hole: La sbalordita reazione di Maiolino e dei suoi colleghi astrofisici è una sonora prova che i modelli teorici esistenti non possono spiegare un buco nero in grado di raggiungere una simile immensità nel breve battito cosmico di pochi centinaia di milioni di anni. “Capire da dove arrivano i buchi neri è sempre stato un enigma, ma ora quell’enigma sembra approfondirsi”, ha osservato il Professor Andrew Pontzen dell’University College London, un esperto del settore a conoscenza della ricerca sebbene non direttamente coinvolto.

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Ribaltando le attuali proiezioni astrofisiche sulla scala temporale di accumulo incrementale dei buchi neri, le rivoluzionarie osservazioni dei ricercatori rendono necessaria una completa revisione delle ipotesi correnti riguardo genesi e maturazione di queste fenomenali forme celesti. La capacità di raccogliere dati telescopici diretti dell’era primitiva contenente le prime galassie dell’universo costringerà gli astronomi a rivisitare i loro vecchi modelli esplicativi attraverso una lente cosmologica completamente nuova.

Naturalmente, i buchi neri in sé rimangono perennemente invisibili persino alle migliorate capacità di visualizzazione del fantastico strumento James Webb, poiché nessuna materia o energia osservabile può superare le immense forze gravitazionali che mantengono tali cadaveri stellari eternamente oscurati. Eppure, tracciando il comportamento dei gas e delle particelle luminose che vengono letalmente risucchiate nel vuoto del disco di accrescimento circostante, gli scienziati possono stimare accuratamente parametri chiave come la massa del vortice di ancoraggio, la velocità di rotazione, la polarità della carica e altre specifiche fondamentali.

Questi detriti interstellari che spiraleggiano impotenti nella dinamo del buco nero formano una formazione rilevabile che circonda il buco nero, soprannominata dagli astronomi “disco di accrescimento”. È osservando attentamente velocità e traiettorie della materia all’interno di questo disco che il team di ricerca ha determinato che il loro campione risale a soli 400 milioni di anni successivi alla genesi dello spazio e del tempo stessi.

Astronomers detect oldest black hole. Un’esistenza così ravvicinata temporalmente al Big Bang, l’esplosiva genesi che i fisici descrivono colloquialmente, richiede una approfondita riconciliazione scientifica con i modelli attualmente accettati. Al momento, gli astrofisici teorizzano che i buchi neri che si manifestano più tardi nella vita del nostro universo accumulino la maggior parte della loro massa gradualmente nel corso di eoni. Questo si basa su un evento seminale iniziale in cui una primitiva stella massiccia collassa su se stessa, lasciandosi alle spalle un vortice gravitazionale che si autoamplifica esponenzialmente.

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In qualche modo, l’esemplare GN-z11 scoperto dal team collaborativo del Dr. Maiolino aveva già raggiunto scale solari di diversi milioni in solo qualche centinaio di milioni di anni dal Big Bang. Questo supera di gran lunga le traiettorie attualmente comprese per la lenta crescita di buchi neri originati dalla fusione stellare. È chiaramente necessario un quadro esplicativo alternativo per dare un senso a una simile crescita inaspettatamente rapida così precoce nell’espansione dello spaziotempo dalla sua iniziale eruzione ad alta energia.

I ricercatori in questione hanno sottolineato che le loro inattese osservazioni guideranno la continua riformulazione teorica dell’astronomia riguardo al ciclo vitale delle forme galattiche gravitazionalmente collassate. Sopravanzando di gran lunga il consenso scientifico sulla massa dei buchi neri embrionali, la loro scoperta sta stimolando un ripensamento fondativo delle scale temporali di sviluppo e dei meccanismi di accrescimento che circondano questi eternamente oscuri ma sempre più onnipresenti fenomeni cosmici.

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