Le porte della percezione come presagio del Divino in Aldous Huxley. Le visioni indotte dalle sostanze psichedeliche evocano nell’inconscio il ricordo di ciò che lui chiama “gli antipodi della mente”
“Gli abitanti non simbolici degli antipodi della mente esistono per proprio conto e, come i fatti dati del mondo esterno, sono colorati. Anzi, sono molto più intensamente colorati dei dati esterni”. Così Aldous Huxley descrive nel suo libro “Le porte della percezione” le visioni di paesaggi e oggetti dai colori vivaci e splendidi che ha sperimentato sotto l’effetto della mescalina.
Queste allucinazioni appartengono per Huxley a una dimensione separata che lui chiama “gli antipodi della mente”, regni inesplorati dove la percezione acquisisce un’intensità e una purezza impossibili nella vita da svegli. Come nota Huxley, “il loro colore splende con uno splendore che ci sembra sovrannaturale, perché è in realtà completamente naturale, completamente naturale nel senso di essere completamente ingenuo al linguaggio”.
Huxley credeva che queste visioni intense e splendenti evocassero in noi la nostalgia per una realtà più profonda e spirituale, celata dietro il velo dell’apparenza sensibile. Le sostanze psichedeliche solleverebbero momentaneamente un lembo di tale velo, consentendoci di intravedere quella che Huxley chiama la “Mente Primordiale”. Si tratta, secondo Huxley, di livelli più profondi di coscienza che normalmente ci sono preclusi, nei quali la percezione acquista caratteri di immediatezza, totalità e bellezza impensabili nella vita quotidiana. Le visioni indotte dalla mescalina sarebbero così lampi, bagliori di un mondo spirituale nascosto, di cui portiamo sempre in noi oscura memoria.
Huxley ritiene che le visioni indotte dalle sostanze psichedeliche evochino nell’inconscio il ricordo di ciò che lui chiama “gli antipodi della mente”, dove la percezione diventa più intensa. Come scrive Huxley, “Oggetti splendenti possono ricordare al nostro inconscio ciò di cui gode negli antipodi della mente, e questi oscuri accenni di vita nell’Altro Mondo sono così affascinanti che prestiamo meno attenzione a questo mondo e così possiamo sperimentare coscientemente qualcosa di ciò che inconsciamente è sempre con noi”.
In altre parole, la bellezza di queste visioni in realtà ci parla di archetipi profondi presenti nell’anima umana, che richiamano il nostro appartenere a una dimora spirituale velata dall’ignoranza ma mai completamente dimenticata. Sia le droghe psichedeliche che le pratiche meditative possono temporaneamente sollevare un angolo del velo. Ma la vera illuminazione richiede sforzo e disciplina secondo Huxley.
Secondo l’autore inglese, nel suo libro “Le porte della percezione”, anche nell’arte possiamo trovare opere che hanno il potere di evocare la visione grazie all’uso di materiali preziosi, all’intensità del colore o alla rappresentazione di scene che trasportano la mente “fuori dai luoghi di tutti i giorni”. Ad esempio, nelle miniature indiane o nelle icone bizantine vediamo un uso magistrale del colore, con tonalità brillanti che sembrano irradiare luce propria. Anche nell’arte astratta, l’uso del colore puro può creare composizioni di grande intensità visionaria. In alcune correnti artistiche novecentesche, come l’Espressionismo, si nota il tentativo di rappresentare non l’apparenza esteriore ma la realtà interiore delle cose.
In definitiva, Huxley nel suo libro “Le porte della percezione”, memorabilmente ci ricorda l’innata sete umana di bellezza e Mistero. Credeva che l’anima umana portasse sempre dentro di sé il desiderio di quella Luce originaria da cui proviene. Per Huxley, arte, misticismo e uso consapevole di sostanze psichedeliche sono tutti tentativi, sia pur imperfetti e limitati, di saziare quell’antica nostalgia dell’anima per la sua patria spirituale. Anche se effimeri, questi bagliori di bellezza e visionarietà indicano la direzione verso cui tendere, e accendono in noi il desiderio di trascendere i limiti del mondo fenomenico.
La bellezza che cerchiamo negli oggetti esteriori non è che il riflesso di una Bellezza eterna che abita le profondità dello spirito, e verso cui il nostro cuore è perpetuamente rivolto, spesso inconsapevolmente. L’arte e le discipline interiori possono aiutarci a ridestare questa nostalgia assopita e a intraprendere il cammino verso la Luce interiore.
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