Proust Alla ricerca del tempo perduto. Memoria, Madeleine nell’opera In search of lost time.
Proust Alla ricerca del tempo perduto. Marcel Proust regalò al mondo nella sua celebre opera Alla ricerca del tempo perduto, una brillante analisi sul tempo, attraverso la famosa “Madeleine” (un biscotto francese).
La Madeleine proustiana cristallizza la teoria della memoria: da piccolo,Marcel riceveva in dono da sua zia piccole madeleine da immergere nel tè. Da adulto, Proust si rende conto che il semplice gesto di mangiare una madeleine gli rievoca il suo dolce passato.
Proust, madeleine e la memoria.
La madeleine è dunque il simbolo del passato che emerge involontariamente. Proust traccia i contorni di una soggettività che accumula ricordi senza accorgersene (la madeleine, come ogni atto, è vissuta ingenuamente), una soggettività segnata dal mondo passivamente. Se gli analisti parlano di “coscienza affettiva” per descrivere l’emergere dei ricordi, è per sottolineare la dimensione non attiva assegnata alla materia.
Pensiamo all’olfatto e il gusto, in altre parole come mere attività sensuali, non intellettuali Ma poi, è la coscienza che ripristina il filo della memoria.
Passato e presente.
Proust Alla ricerca del tempo perduto. Le madeleine proustiane invece dimostrano quanto il soggetto possa ” piegare” il tempo e rompere la dicotomia tra passato/presente.
Proust disegna così un quadro della soggettività fortemente condizionata dal passato, e spesso incapace di dimenticare. La coscienza è inchiodata al passato e ne subisce la memoria. In sintesi, il tempo dominante della condizione umana per Proust sembra essere il passato.
“Quando un lontano passato nulla sussiste, dopo la morte degli esseri, dopo la distruzione delle sole cose, più fragili ma più durevoli, più immateriali, più persistenti, più fedeli, l’odore e il gusto sono ancora lunghi, come anime, che ricordano , aspettando, sperando, sulla rovina di tutto il resto, di indossare senza batter ciglio, la loro gocciolina quasi impalpabile, l’immenso edificio della memoria.
E non appena ho riconosciuto il sapore del pezzo di tiglio imbevuto di madeleine che mia zia mi ha regalato (anche se potrei saperlo e Dusse non fare affidamento molto più tardi per scoprire perché questo ricordo mi rendeva così felice), immediatamente la vecchia casa grigia sul strada, dove la sua camera, veniva come palcoscenico applicato al piccolo padiglione, che si affacciava sul giardino, che era stato costruito per i miei genitori sul retro (questa parte l’avevo vista solo troncata prima) e con la casa, il paese, dalla mattina alla sera e con ogni tempo, la piazza dove venivo mandato prima di pranzo, le strade dove andavo a fare la spesa, i sentieri che percorrevo se il tempo era bello.
E in questo gioco come i giapponesi si divertono ad inzuppare in una ciotola di porcellana piena d’acqua, piccoli pezzi di carta che fino ad allora indistinti, appena si tuffavano si allungavano, per aggirare, macchiare, differenziare, diventare fiori, case, personaggi coerenti e riconoscibili , così ora tutti i fiori del nostro giardino e quelli del parco del signor Swann, e i gigli della Vivonne e la brava gente del villaggio e della casetta e della chiesa e dell’intera Combray e dei suoi dintorni, tutto questo prendendo forma e solidità, è stato rilasciato con i giardini della città, dalla la mia tazza di tè. “
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(Estratto sulla Madeleine – Dalla via di Swann – “Alla ricerca del tempo perduto” )
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