I love historical fiction: il romanzo storico ci aiuta a viaggiare nel tempo. Intervista alla scrittrice napoletana, Fiorella Franchini, apprezzatissima per il romanzo “Il velo di Iside”.
I love historical fiction. Abbiamo avuto modo di dedicare una interessante intervista alla scrittrice napoletana Fiorella Franchini, da noi già incontrata nel marzo scorso. Ci siamo focalizzati sul romanzo storico, genere letterario sempre più amato in Italia. Di seguito alcune domande che abbiamo posto all’autrice, apprezzatissima per il romanzo “Il velo di Iside”.
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Il romanzo storico, un genere sempre più amato in Italia. Secondo lei perché?
“Il romanzo storico è un genere che dall’inizio dell’Ottocento ha avuto in Italia e un po’ in tutta Europa un grande successo, con una tradizione narrativa che contempla nomi illustri quali Walter Scott, Alexandre Dumas, Stendhal, Honoré de Balzac, fino ad Alessandro Manzoni, poi è stato a lungo dimenticato, tornando alla fine del Novecento a occupare le classifiche dei libri più letti e amati, con Umberto Eco o Massimo Valerio Manfredi, solo per citarne alcuni. Probabilmente il nuovo interesse è dovuto a una maggiore consapevolezza del valore della memoria, delle radici, delle tradizioni culturali. Il romanzo storico ricostruendo e documentando il passato, in qualche modo racconta diffusamente il nostro presente.”
Ritiene che il romanzo storico sia uno strumento utile di marketing culturale, un modo per scoprire e riscoprire il territorio?
I love historical fiction. “Io credo che sia rimasta immutata l’umana necessità di raccontare e apprendere storie, soprattutto quelle legate al nostro passato. E’ diventato più forte il bisogno di capire il concatenamento degli eventi, la logica che ci lega al nostro vivere quotidiano, l’esigenza di comprendere il nostro senso di appartenenza e salvare la memoria storica. La narrativa, come altre forme di comunicazione, sta recependo queste istanze profonde e le sta mettendo al servizio dei territori e del mercato culturale. E’ nata una vera e propria disciplina, la Public History, attraverso la quale una serie di soggetti, di solito al di fuori degli ambienti accademici specializzati, che operano nelle istituzioni culturali, nei musei, negli archivi, nelle biblioteche, nei media, nell’industria culturale e del turismo, nelle scuole, nel volontariato svolge diverse attività, convegni, teatralizzazioni, letture condivise, che mirano a diffondere la conoscenza storica. Io aderisco a questa diffusa sensibilità, cercando di favorire con la narrazione coinvolgente dei miei romanzi una curiosità profonda che non si esaurisca alla fine della pagina ma, stuzzicando l’immaginazione, suggerisca nuove connessioni, altri approfondimenti, con un’attenzione particolare alla storia e al mito dei luoghi in cui vivo, Napoli e i Campi Flegrei.”
Quanto è difficile strutturare la trama di un romanzo, sulla base di una precisa e dettagliata ricostruzione storica?
I love historical fiction. “Scrivere un romanzo storico non significa semplicemente ambientare delle vicende in un altrove lontano, o infarcire le pagine di digressioni dotte, occorre condurre il lettore dentro il tempo e per far ciò bisogna recuperare e riportare nel testo informazioni e particolari che stimolino l’immaginazione, nel rispetto dei principi di coerenza e verosimiglianza. Il miscuglio tra personaggi e situazioni reali e inventate crea un tacito compromesso tra l’autore che vuole raccontare e il lettore che, pur sapendo che la storia non è stata reale, crede che potrebbe esserlo poiché il contesto è fondato. Tutto ciò richiede uno studio accurato e, spesso, un’attenta combinazione di generi, dal thriller all’avventura, al romance, al racconto psicologico. Non è facile amalgamare conoscenze e ritmo della scrittura. Purtroppo il momento della lettura cede sempre di più il passo all’incalzare dell’immagine e quindi ad altre forme comunicative, cinema, televisione, piattaforme digitali.”
Progetti per il futuro? Ci accenna qualcosa?
“Nel prossimo futuro vorrei continuare a raccontare le vicende dei protagonisti del mio ultimo romanzo “Il velo di Iside”, la sacerdotessa di Iside Cassia Livilla e il navarco della flotta romana Valerio Pollio Isidoro, tra i paesaggi e gli eventi di Neapolis, Miseno, Baia e Pompei al tempo dell’Imperatore Tito, con nuovi, inquietanti retroscena legati alla politica del grande Impero di Roma. Il viaggio è appena cominciato e ho già fatto tante scoperte che non vedo l’ora di condividere con i miei lettori. Narrare la Storia è per me uno dei tanti modi con cui uno scrittore vive il proprio presente, assimilando esperienze e rimettendole in circolazione, attraverso la scrittura. “È sul “fare storia” che deve puntare lo scrittore, – suggeriva Italo Calvino – pur sempre partendo dalla realtà del paese che più ama e conosce: e la storia, ci è stato insegnato, è sempre storia con-temporanea, è intervento attivo nella storia futura”. Mi piace pensare che la mia passione sia anche impegno civile”.
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