The Transmigrant di Kristi Saare Duarte: recensione di un ottimo romanzo di formazione, impregnato di grande misticismo.
The Transmigrant di Kristi Saare Duarte è una visione alternativa della vita di Gesù di Nazareth. Ispirato sia dalle antiche scritture che da scoperte relativamente nuove, come il libro del viaggiatore russo Nicolas Notovitch “La vita sconosciuta di Gesù Cristo”, questo libro esplora la vita di Gesù nei suoi anni di studio e meditazione in India, che gli permetteranno di diventare un “predicatore” efficace e ben istruito sui molti fondamenti religiosi del suo tempo. È un libro che gli autori di Siddharta (Herman Hesse), Il profeta (Kahlil Gibran) e L’ultima tentazione di Cristo (Nikos Kazantzakis) non avrebbero negato, perché la Duarte è riuscita a craere una Yeshua convincente, veramente umano. The Transmigrant potrebbe essere considerato come un diario di viaggio e una storia di consapevolezza di sé, di scoperta di sé e spirituale da parte di qualcuno la cui motivazione più profonda era quella di essere amato e di aiutare gli altri. L’autrice ha fatto ampie ricerche per poter dare al suo romanzo le basi necessarie per il suo realismo. Ha anche mostrato una grande profondità nelle sue riflessioni. Eppure è una lettura facile e piacevole che consiglio a chiunque ami i libri intellettualmente e spiritualmente arricchenti.
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The Transmigrant: Pressato dalla famiglia e dai coetanei a obbedire al padre e a sposarsi alle soglie dell’adolescenza, Yeshua fugge con un altro novizio, un monaco, anch’egli ricercatore della verità, e inizia il suo viaggio. I suoi viaggi lo portano ai confini dell’India, ai piedi dell’Himalaya, attraverso terre dove incontra seguaci del Buddismo e dell’Induismo e comincia a vedere che non tutti condividono lo stesso dio, né la fede, né le credenze. Trova conforto nell’incontrare la gente comune; gli operai, i contadini, i poveri, e comincia a capire che la sua vocazione nella vita è quella di portare il messaggio di Dio a tutti gli uomini, non solo ai “prescelti” o a coloro che sono fedelmente fedeli al “loro unico vero Dio”. Nel corso degli anni, interiorizza progressivamente grandi verità spirituali, trova l’amore, perde l’amore, ma non smette mai di insegnare alla gente comune, e si sparge la voce di un diverso tipo di maestro, uno che professa che Dio ama tutti allo stesso modo, e a sua volta, che tutti dovrebbero amare e rispettare gli altri come pari. Gli evidenti parallelismi sono legati alla prima vita di Gesù Cristo e al suo successivo ritorno in Terra Santa, dove alla fine ha affronta il suo destino per mano di Roma.
Non si tratta di un racconto tragico, ma di una prospettiva affascinante su un uomo il cui nome è diventato sinonimo di uno dei più grandi movimenti religiosi della storia della Terra. Si vede il viaggio dagli occhi di un ragazzo molto giovane, un ragazzo che sfida lo status quo, e che, invecchiando, diventa più saggio e vede che l’unico vero Dio può essere solo colui che rispetta tutti gli uomini come uguali. Ci sono tante avventure, colpi di scena, episodi quasi mortali, per non parlare dei fili di intuizioni spirituali che l’autore intreccia nella trama. Non è una presentazione evangelica, tutt’altro. È, molto probabilmente, una prospettiva meno conosciuta del probabile cammino di Gesù Cristo. Un invito al lettore ad abbracciare una prospettiva diversa da quella presentata dai testi biblici convenzionali. Una lettura molto utile e consigliata.
Concludiamo citando un passaggio davvero toccante di The Transmigrant di Kristi Saare Duarte, nel quale Yeshua si trova nelle sacre acque del fiume Gange, in India:
“Nuotò sotto e sopra la superficie, colpo dopo colpo, finché non fu saturo della benedizione del fiume. Come se lanciato in un’altra dimensione, Yeshua si sedette sulla riva e incrociò le gambe nella posizione del loto. Il mondo si era spostato. I suoni intorno a lui erano cento volte più acuti, gli odori mille volte più forti e tutto intorno a lui era avvolto da ondate di energia. Voleva stare proprio in quel momento e non tornare mai più. Niente, assolutamente nient’altro importava. Il mondo era un posto perfetto e le persone intorno a lui erano sublimi. Le mucche bianche gli sorrisero con i denti grandi. Gli storpi erano venuti qui per adempiere al loro scopo. Un corpo sano non garantiva la felicità più di quanto la mancanza di braccia causasse dolore. La felicità suprema risiedeva nell’anima, nell’atma. L’atma era Dio.
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E tutti e tutto erano Dio. Yeshua avrebbe potuto rimanere in trance per sempre, ma l’aroma di pasticcini fritti e lattei lo prendeva in giro. I suoi compagni Brahmini avevano distribuito un assortimento di cibi sulle scale e banchettato con verdure speziate. Ma Yeshua non aveva più fame. Il suo corpo era sazio di spirito e i suoi bisogni fisici sembravano arbitrari. Invece, ricordò la sua silenziosa promessa al mendicante. Scelse una pasta sfoglia ripiena di lenticchie, prese una tazza di tè e tornò a dare da mangiare allo storpio. Sembrava che l’uomo si aspettasse il ritorno di Yeshua. Com’era facile comunicare con un muto: Yeshua aprì semplicemente il suo cuore e collegò le loro anime. Il mendicante aveva vissuto in quel posto per anni. La sua vita non era stata male. Aveva sempre fame ma non rischiava di morire. La maggior parte dei pellegrini era generosa e trascorreva appena un giorno senza ricevere qualcosa da mangiare. L’uomo sibilò di gioia quando Yeshua lo portò giù per le scale e lo mise in profondità nell’acqua. Teneva lo storpio tra le braccia e lo aiutava a galleggiare tra le onde sacre. Con calma, Yeshua cantò un mantra curativo mentre lo storpio assorbiva la sacralità di Madre Gange. Quando Yeshua lo rimise sulle scale sopra il fiume, lo storpio luccicò, il suo volto si contorse in un sorriso. E quando Yeshua lo lasciò lì, capì di aver fatto abbastanza. La gentilezza era libera ed era qualcosa che aveva in abbondanza.”
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