Rabdomanti etruschi: figure arcaiche di un passato misterioso

Rabdomanti etruschi: figure arcaiche di un passato affascinante e misterioso. Il loro strumento era un semplice ramo di nocciolo.

Rabdomanti etruschi. Rabdomante deriva dal termine rabdomanzia che in greco è composta dalle parole “rabdos“=bastone, e “manteia“=divinazione. La figura del rabdomante aveva dunque a che fare con il divino, il sacro, e per il popolo etrusco, vale a dire per la sua casta sacerdotale, era indispensabile. Interessante è comprendere a fondo questa figura, con spiccate qualità divinatorie. In epoca etrusca e non solo, una delle motivazioni più importanti che spingeva alla costruzione di un tempio, era certamente la vicinanza dell’acqua: di qui l’impiego del rabdomante.

Rabdomanti con una forcella di nocciolo in cerca di minerali. (Georges Agricola, De Re metallica, Basilea 1571).

In un frammento di un vaso preistorico in ceramica rinvenuto a Santa Anastasia di Sardara, vicino a Cagliari, è raffigurata una divinità femminile che stringe tra le braccia una specie di forcella che richiama la verga bifada usata dai rabdomanti. Ciò ci fa comprendere come già nel periodo dell’Età del Bronzo esistesse una attività culturale specifica all’acqua. Questa era elemento ispiratore del sacro calda o fredda che fosse, anche sotto forma di vapore. Il rabdomante, con la sua particolare sensibilità interiore, era in grado di captare sorgenti e cavità sotterranee. Quanto invece all’oracolo, egli era in grado di usufruire di tali luoghi per esercitare le sue pratiche religiose.

Fiore di Giusquiamo nero. La pianta ha proprietà sedative, spasmolitiche, analgesiche e narcotiche.

L’oracolo comunicava con le divinità del sottosuolo, ma era anche in contatto con il mondo degli inferi, specie in punti dove sulla superficie della terra si aprivano fessure telluriche, da cui fuoriuscivano vapori caldi, o grotte caratterizzate con particolari vene sorgive. Allo scopo di potenziare le proprie capacità divinatorie, entrando in un vero e proprio stato di estasi, gli oracoli facevano uso di alimenti, piante, ed erbe quali: giusquiamo nero (pianta dalle forti proprietà narcotiche), vino con miele, inalavano fumi di alcune piante ed mangiavano funghi con proprietà allucinogene.

Particolare della Tomba della Caccia e della Pesca, Tarquinia, Necropoli di Monterozzi.

La sacralità dell’acqua per gli Etruschi, vista come immagine metaforica del passaggio dalla vita alla morte, è fortemente testimoniato dal dipinto presente sulla Tomba della Caccia e della Pesca risalente al 520 a.C., conservata a Tarquinia, nella Necropoli di Monterozzi (Parete sinistra della seconda stanza). Questo dipinto è uno dei più importanti della necropoli poichè riprende il tema del “giovanetto che si tuffa” molto diffuso nelle opere di epoca tardo arcaica e presente anche nella certamente più famosa “Tomba del Tuffatore” di Paestum.

Lo strumento del rabdomante.

Lo strumento dei rabdomanti etruschi era un semplice ramo di nocciolo molto flessibile, a forma di forcella. Il rabdomante si lasciava letteralmente guidare da questa, e quando  forcella si muoveva considerevolmente in direzione di un punto particolare, ciò indicava la presunta captazione di una falda acquifera o di una sorgente sotterranea.  Il ramo del rabdomante era costituito da legno di nocciolo (Corylus avellana). Per gli etruschi il nocciolo era una pianta sacra, simbolo di saggezza ed utile a scacciare gli spiriti maligni.  Le foglie e la corteccia venivano utilizzati come antifebbrili astringenti, coagulanti, capaci anche di contrastare la dilatazione dei vasi sanguigni. Ciò che rende unico il nocciolo è la sua radice, il legame che lo collega con Madre Terra; è l’ancora della sua essenza, il suo collegamento diretto con la sua memoria personale.

Nocciolo – Corylus avellana.

Bronzetto Nuragico di Serri.

Doveroso, infine, anche porre l’attenzione sul Bronzetto Nuragico di Serri, conservato nel Museo Archeologico Nazionale di Cagliari. Ricordiamo che l’autorevole studioso Prof. Massimo Pittau, ha approfondito tantissimo le analogie tra Sardi ed Etruschi, probabilmente appartenenti originari della stessa popolazione: i Lidi. Interessante notare come il personaggio raffigurato nel bronzetto, abbia tra le mani un vaso sospeso ad una cordicella contorta a mò di  “Pendolo”. Vaso che dopo essere stato utilizzato dal rabdomante fu verosimilmente deposto al centro nel fondo del Pozzo Sacro di Serri, come vaso cerimoniale usato per individuare tale fonte d’acqua, chiaramente  considerata sacra, anche dai Sardi Nuragici.

Bronzetto Nuragico di Serri. Probabile “Rabdomante”. Museo Archeologico Nazionale di Cagliari.

Rabdomanzia, pratica arcaica ed affascinante, che continueremo a studiare e sulla quale forniremo ulteriori approfondimenti in futuro.



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