Il prosciutto di Pietraroja, famosissimo per la sua essicazione naturale in vecchie cantine
Cristina Gragnaniello
Il prosciutto di Pietraroja, famosissimo per per la sua essicazione naturale che avviene, solitamente, in vecchie cantine. La località campana situata ai confini col Molise è un suggestivo paesino del Sannio, in provincia di Benevento che si affaccia sulla vetta del Monte Mutria, circondato dalla gola del fiume Titerno; la tradizionale produzione dei celebri prosciutti di questo paese, risale al 1700, allorquando il Duca di Laurenzana di Piedimonte era solito avere nella sua mensa una cospicua quantità di questo saporitissimo prodotto.
Il prosciutto di Pietraroja è molto famoso per la sua essicazione naturale che avviene, di solito, in vecchie cantine. Si tratta di un insaccato buonissimo, anche grazie all’aria fresca e salubre del paese, posizionato ad oltre 800 metri d’altezza. In quelle vecchie cantine, sia i paesani che gli abitanti dei paesi circostanti portano i loro cosci da far stagionare. In realtà Pietraroja è un affascinante paese del Sannio,appartenente alla provincia di Benevento che sorge sulle pendici di Sudest del massiccio montagnoso del Matese, nell’Appennino meridionale; è un comune posizionato ai confini col Molise di circa seimila abitanti in cui troviamo delle casupole che si affacciano sulla vetta del Monte Mutria, circondato dalla gola del fiume Titerno. Il nome Pietraroja, molto antico, deriverebbe dal latino “petra ruens”, ossia terra che scorre, infatti parliamo di una località interessata, talvolta, da frane, alcuni movimenti franosi, ancora tuttora, interessano alcune delle zone limitrofe alla cittadina sannita. La tradizionale produzione del celebre prosciutto di Pietraroja, risale per la precisione, al 1700 allorquando il Duca di Laurenzana di Piedimonte usava non far mai mancare nella sua mensa una cospicua quantità di questo saporitissimo prodotto.
Del resto, a quell’epoca il prosciutto veniva fatto, macellando il maiale nero del casertano, attualmente, invece è stato rimpiazzato con la razza Large White e Landrace. Tuttavia, gli abitanti del luogo sono dell’avviso di ristabilire quell’antica e secolare tradizione. Sia adesso che a quei tempi la preparazione del prosciutto di Pietraroja comincia attraverso la rifilatura a mano del coscio di dietro del maiale. Dopo la salatura gli addetti alla trasformazione decidono per quanti giorni i cosci debbano essere pressati. Pure la leggera affumicatura rappresenta un’arte basata sulla scelta degli elementi legnosi da bruciare e sul tempo necessario in cui esporre i pezzi. In verità i cosci, a stagionatura terminata, possono avere un peso tra i 9 ed i 13 chili, i cui profumi non sono affatto forti ma il gusto è leggermente salato, infine la consistenza è prevalentemente morbida.
Per la cronaca, agli inizi del ventesimo secolo, Antonio Iamalio, nel descrivere la provincia di Benevento chiamata “Regina del Sannio“, parlò appunto di Pietraroja e scrisse: “Fiorente vi è principalmente l’allevamento dei suini, donde i rinomati prosciutti di Pietraroja”. I vecchissimi sistemi di lavorazione,nonché il clima caratteristico e la salubrità dell’aria di quelle alture fanno si che questo derivato suino sia un prodotto unico, dall’aroma delicato ed inconfondibile, assai ricercato e molto costoso; non a caso è un’altra delle nostre eccellenze campane.