Uno smeraldo verd’azzurro tra le colline beneventane.
Nel verde pastello della penisola italica, numerosi smeraldi verd’azzurro s’incastonano qua e la, dando forma a quello che, dallo spazio, deve sembrare un diadema per l’aggraziata penisola. Tra questi, ci cattura l’attenzione uno in particolare, adagiato alle pendici dell’Appennino sannita, in seno alle colline beneventane, dove giace un lago dai riflessi cristallini, gorgogliante di vita e dimora per una stupenda oasi, l’Oasi WWF Lago di Campolattaro, creata come presa d’atto del fatto che, qui, la natura aveva vinto.
Le meraviglie del Sannio.
Siamo giunti qui, in provincia di Benevento, dove tra i comuni di Morcone e Campolattaro, due stupendi borghi medioevali sanniti, vediamo scorrere il fiume Tammaro, che prende i suoi natali in Molise e che zigzagando tra boschetti, prati e campi coltivati, si unisce al Calore, a cui da il principale contributo e, tramite esso, fonde le sue acque con quelle del Volturno. Nel tempo, in questa zona, l’attività del fiume ha disegnato, tra le colline circostanti, una conca che ha destato gli interessi sia dell’uomo, che della Natura.
Lo scenario adatto per un romanzo naturalistico.
In questa valle, per molti e molti secoli, tranquillamente è scorso il bel fiume Tammaro, piccolo, ma capace di sostentare le attività degli abitanti della zona, agricoltori e pastori principalmente, e una multiforme varietà di vita, da quella alata, alle saltellante, a quella a cui piace metter radici. Con l’avvento del secolo della prevenzione, nacque il timore di un futuro aumento del fabbisogno idrico e di far fronte a possibili gravi carenze d’acqua. Fu così che nel lontano 1978 fu approvato il progetto per la costruzione di un serbatoio sul fiume Tammaro, come da volontà del Ministero per i Lavori Pubblici. Fu questa una vera e propria dichiarazione di guerra verso la Natura, ma pochi se ne resero conto. Quello che ne seguì fu un vero e proprio romanzo naturalistico.
Tra la polvere e le ruspe nasce l’Oasi WWF Lago di Campolattaro.
Li dove svolazzavano aironi, saltellavano raganelle e sguizzavano trote, nel 1981 si muovevano le ruspe e le betoniere, dando inizio ai lavori per la costruzione della grande diga. Intere contrade furono cancellate, lo storico ponte Ligustino venne demolito, il fiume deviato, la vallata soverchiata. L’impatto fu devastante. I lavori proseguivano, ma la Natura aveva accettato la sfida e non ci teneva a mollare la presa. Diverse persone del luogo notarono che quella del Tammaro non era diventata una spenta valle dove trafficavano solo i mezzi meccanizzati, ma che, di tanto in tanto, era visitata da qualche airone, colorata da qualche fiorellino e abbellita da qualche quercia.
In difesa della natura.
Così, in risposta a questo evidente contrasto, nacque tra i borghi del luogo un movimento di protesta, concretizzatosi nella nascita, nel 1991, del gruppo attivo “WWF Alto Tammaro”. Fu così che questo gruppo di persone si pose in difesa del luogo, sporgendo numerose denuncie contro le istituzioni, i progettisti e le ditte appaltatrici. Fu chiesto di porre il divieto venatorio sull’area dell’invaso e di istituire un’area protetta, per difendere le popolazioni esodate che avevano preso a ripopolare la zona. È il 1993, e mentre i lavori, ormai decennali, si completano e i mezzi cingolati lasciano il posto, i fossi scavati per estrarre la ghiaia davanti alla diga, diventati pozze e piccoli laghetti d’acqua, brulicano di vita. C’è di tutto. Tutto quello che prima era nella piana del fiume, ora è qui. Così, nel 1994, come presa d’atto che la Natura qui aveva vinto, nasce il progetto per un’oasi WWF: l’Oasi Lago di Campolattaro.
Fauna e Flora, qui non manca nulla.
Visitando l’Oasi WWF Lago di Campolattaro, ci si può rendere conto di quanto variegato sia climaticamente il luogo, offrendo, in pochi chilometri quadri, saggi di differenti ambienti. Infatti, anche se ci troviamo in un ambiente prevalentemente umido, il luogo ha tutte le sfaccettature del clima appenninico-continentale , andando dal bosco di cerro e di rovella, al prato steppico ricco di forasacco eretto (un’erba a fusto alto), alla zona umida con i suoi salici e le sue ginestre, al bellissimo bosco igrofilo, un colonnato di pioppi italici ed ontani impreziosito dalla fiabesca tamerice (un alberello che a primavera si riempie di infiorescenze rosa), fino a giungere alla palude infittita dalla cannuccia e dalla tifa con i suoi fiori a sigaro e alle placide siepi di olmo, biancospino e prugnolo selvatico.
124 specie di uccelli.
È ovvio che in una casa così bella ed accogliente la richiesta di alloggio sia alta! Alcuni solo di passaggio, altri con fissa dimora, qui ci sono uccelli, ma proprio tanti: oltre alla colonia stabile di aironi cenerini possiamo, sbirciando, osservare il gheppio, il gufo, l’usignolo e ben altre 124 specie di uccelli! A far loro compagnia ci sono la volpe, il tasso e i simpatici ghiro e moscardino. A riva c’è l’ululone (un rospetto), il tritone crestato (una salamandra) e il cervone (un serpente).
Scrigno colmo di bellezza.
Guardando nell’acqua possiamo scorgere la lampreda, che è un pesce un po’ strambo, perché assomiglia ad una sanguisuga e non è che sia tanto interessante, se non fosse per il fatto che è quasi scomparso dalla della Terra e che è possibile vederlo solo in pochi posti al mondo, tra cui questo! Eh, beh, si capisce che qui c’è molto da vedere, perché l’Oasi WWF Lago di Campolattaro è uno scrigno colmo di bellezza e mistero.
Angelo De Rosa