ReArm Europe: 800 Miliardi per il riarmo. Ma chi è il vero nemico? Dall’aratro al missile: diecimila anni di schizofrenia culturale.
Cosa collega un contadino della Mezzaluna Fertile del 8000 a.C. con Ursula von der Leyen nel luglio del 2025? La risposta, secondo l’etnobotanico Terence McKenna, è una singola, catastrofica frattura psichica che ha spezzato l’unità primigenia dell’umanità.
Quando l’Europarlamento ha approvato il piano ReArm Europe con 419 voti favorevoli, destinando 800 miliardi al riarmo, ha semplicemente ratificato l’ultima iterazione di un trauma iniziato diecimila anni fa. Prima dell’agricoltura, sosteneva McKenna, i nostri antenati vivevano in simbiosi con il cosmo, in una realtà non duale dove la separazione tra sé e mondo era inconcepibile.
Quel primo solco tracciato nel terreno, però, non divise solo un campo, ma spaccò la psiche umana, creando la prima, fatale dicotomia tra “mio” e “tuo”, tra “qui” e “là”. Da quel momento, la mente, una volta specchio dell’unità cosmica, è diventata una fabbrica di confini. Ha imparato a definire il “noi” solo in opposizione al “loro”, la “sicurezza” solo attraverso la costruzione di una “minaccia”, il “sacro” solo esiliando il “profano”. Come un attrattore strano nella teoria del caos, questa logica binaria continua a trascinare ogni civiltà verso le stesse, identiche configurazioni.

La diagnosi di questo meccanismo, applicata alla nostra era, è stata formulata con lucidità preveggente dal filosofo Massimo Cacciari. Già nel marzo del 2022, in una puntata di Otto e Mezzo, definì la “minaccia russa” una “bufala” costruita ad arte. Il vero scopo del riarmo, sosteneva, non era la difesa, ma una cinica operazione economica, perché “si agita il nemico per far passare questa strategia” che permette ai governi di “splafonare ogni patto di stabilità” e di fornire di fatto “aiuti di Stato alle grandi industrie manifatturiere […] che sono in malora“. Questa logica non è solo una manovra economica, ma un vero e proprio furto di futuro. Mentre si alimentano le casse del complesso militare industriale, europeo e soprattutto americano, si sottraggono risorse vitali alla sanità, all’istruzione e, in modo fatale, alla transizione ecologica.
Il nemico, quindi, non è la causa, ma il più antico degli alibi. Se McKenna avesse ragione, ogni tentativo di risolvere i problemi attraverso la logica della separazione, che si traduce in più armi e più confini, non farebbe che amplificare la frattura originaria. La sua tesi è radicale, la perdita del legame simbiotico con la natura è un “errore evolutivo” che ci conduce all’autodistruzione. Diecimila anni dopo, non sembra forse che avesse ragione?
E qui risiede il paradosso più tragico della nostra epoca. La nostra scienza più avanzata, dalla fisica quantistica che ci rivela l’interconnessione fondamentale della realtà, fino all’ecologia che dimostra l’interdipendenza di ogni sistema vivente, ci urla che la separazione è un’illusione. Eppure, la nostra politica resta ostinatamente neolitica, incapace di pensare al di fuori della logica tribale del confine. Siamo bloccati in un loop temporale, dotati di una conoscenza da XXI secolo e di un istinto da età della pietra.
Ma forse, come credeva McKenna, la crisi è anche un’opportunità. Solo toccando il fondo della separazione, solo spingendo all’estremo questa logica autodistruttiva, l’umanità potrebbe essere costretta a un doloroso ma necessario salto evolutivo. Il piano ReArm Europe, con la sua mentalità arcaica applicata a tecnologie apocalittiche, potrebbe essere l’ultimo sussulto di una coscienza morente?
La domanda che attraversa diecimila anni è sempre la stessa: siamo ancora capaci di ricordare chi eravamo prima del primo solco? O continueremo a scavare divisioni sempre più profonde, fino a seppellirci sotto il peso della nostra stessa paranoia ancestrale?