C’è un contesto, un tono di voce, uno sguardo. Le chat? Sono l’esatto opposto. Sono un flusso perenne di interruzioni a incastro: Messaggi che arrivano a pezzi, interrompendo la tua stessa risposta al pezzo precedente. Risposte che generano altre domande istantanee, che a loro volta vengono interrotte da un’altra notifica di un’altra chat, come in un gioco di scatole cinesi senza fondo. Il “visualizzato senza risposta”, che lascia un compito mentale aperto (“risponderà?”) che si aggiunge a tutti gli altri task mentali sospesi. La gestione di conversazioni multiple in parallelo, un vero caos comunicativo su più livelli dove ogni ramo è a sua volta interrotto e frammentato, lasciandoti con decine di micro-tensioni Zeigarnik attive contemporaneamente. Il risultato è spesso uno straniamento kafkiano. Ti ritrovi a fissare lo schermo chiedendoti: “Aspetta, ma a chi stavo rispondendo?”, “Di cosa stavamo parlando esattamente cinque minuti fa?”, “Perché quella conversazione è morta lì?”.
La comunicazione, che dovrebbe unire, diventa un puzzle infinito di pezzi mancanti, un generatore automatico di micro-frustrazioni e di compiti mentali lasciati in sospeso. È l’effetto Zeigarnik amplificato da questa continua cascata di interruzioni. Mettete insieme questo tritacarne comunicativo con il bombardamento generale di contenuti frammentati dai social, dalle news, da tutto il resto, ed ecco il quadro: la nostra testa diventa un flipper impazzito, costantemente sollecitata da queste interruzioni che si susseguono senza sosta, costantemente interrotta, costantemente in uno stato di lieve (o meno lieve) allerta.
La capacità di concentrarsi su una cosa – fosse anche sentire il famoso ruscello, o leggere un libro, o ascoltare davvero una persona senza controllare il telefono – diventa un superpotere. L’ansietta di sottofondo, quel sentirsi sempre un po’ “indietro”, un po’ incompleti, diventa la norma. Siamo perennemente pending, persi in questo labirinto di inizi senza fine. Oggi non voglio soffermarmi sui rimedi, su come forse potremmo provare a uscirne. Quella è un’altra storia, magari per un’altra volta. Oggi volevo solo mettere a fuoco il problema, questa condizione un po’ assurda in cui ci troviamo, questa sensazione diffusa di essere sempre interrotti, sempre incompleti, proprio a causa di questa moltiplicazione quasi infinita delle interruzioni che la tecnologia moderna sembra incoraggiare.
Ma ehi, complimenti! Davvero un plauso se siete riusciti a leggere tutto questo articolo fino in fondo senza farvi risucchiare dal vortice frattale delle notifiche che sicuramente vi sono arrivate nel frattempo. Però… attenzione! Ve le siete perse! Cosa ci sarà mai stato di così importante? Messaggi urgenti? Notizie imperdibili? Offerte irripetibili?
(Toc toc…) Sentite? Bussano alla Porta nella Porta dell’Interruzione. Forse è meglio correre a controllare, no?
Oppure no…?
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