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Comprendere l’ansia e affrontarla: Focus sul Buddhismo Chan

Un cane ha la natura di Buddha? E l'ansia?

Comprendere l’ansia e affrontarla: Focus sul Buddhismo Chan. Un cane ha la natura di Buddha? E l’ansia?

Esploriamo il famoso “Mu” del Buddhismo Chan. Il koan originale recita: “Un monaco chiese a Zhaozhou: ‘Un cane ha la natura di Buddha?’ e Zhaozhou rispose: ‘Mu!'” Nel Buddhismo Chan, un koan è un’affermazione paradossale intesa a trascendere il pensiero logico e a suscitare una comprensione più profonda.

La parola “Mu” deriva dal cinese “無,” che significa “nulla” o “senza.” Il “Mu” di Zhaozhou non è una semplice negazione: è un segnale che la domanda stessa è fuori luogo. È un invito a riesaminare le nostre supposizioni, un reset mentale che ci incoraggia a riformulare il problema e ad accedere a una visione più autentica della realtà.

Zenkei Shibayama – “Mumonkan – La porta senza porta” – Astrolabio Ubaldini Editore.

Voglio consigliarvi una lettura essenziale: “Mumonkan – La porta senza porta”, curato dal maestro Zenkei Shibayama ed edito da Astrolabio-Ubaldini Editore. Questa raccolta di 48 koan, compilata nel XIII secolo, è il testo fondante della pratica Rinzai. Al suo interno troverete il famoso koan sul cane e la natura di Buddha che è al centro dell’articolo di oggi.

Due prigioni

L’ansia costruisce due prigioni con una vista panoramica sul nulla. Nella prima, la persona si tatua “ANSIOSO” sulla fronte come se fosse un superpotere, solo che è il potere più inutile del mondo. “Dovrei essere più forte,” continua a dirsi, accumulando strati su strati di ansia come se collezionasse figurine.

La seconda prigione? Il glorioso dualismo della preoccupazione: “O sconfiggo l’ansia con la pura forza di volontà, o sono un debole che ha bisogno di uno psicologo.” Bellissimo, vero? Tra questi poli opposti, si accumulano più ginnastiche mentali di un adolescente nel pieno della tempesta ormonale.

Uscita di Emergenza dal Cervello

Mu non è una risposta, è un’uscita di emergenza dall’edificio in fiamme dei pensieri. È come quando il tuo navigatore satellitare impazzisce e tu spegni tutto e ricominci da capo. “Devo farcela da solo” è solo un altro mantra che ci ripetiamo mentre sbattiamo la testa contro lo stesso muro per la centesima volta. Accettare l’ansia è come ammettere che sta piovendo quando sta piovendo. Non è che improvvisamente ti piaccia bagnarti, ma almeno smetti di sprecare energie nel negare che ti stai inzuppando. Quando accetti l’ansia come una normale esperienza umana, proprio come sentire fame o sonno, la spogli del suo superpotere. L’ansia non è né eroica né codarda, è solo un sistema di allarme eccessivamente zelante, come quel vicino che chiama la polizia se parcheggi con una ruota sulla linea.

“Ma perché andare da uno psicologo? Sono sempre stato relativamente sano di mente… credo.”

Questa domanda è logicamente equivalente a non andare da un meccanico quando la tua auto fa uno strano rumore perché “ha sempre funzionato finora.” Cercare aiuto non è né una medaglia né una vergogna. È solo buon senso, come usare un ombrello quando piove invece di bagnarsi per principio.

Un maestro Chan probabilmente lascerebbe cadere una perla di saggezza del tipo: “Quando hai fame, mangi. Quando l’ansia ti divora, fai qualcosa, genio.” La vera libertà non è cercare ostinatamente di fare tutto da soli come se fossimo in un reality show di sopravvivenza.

Praticare Mu nel mondo reale

La pratica inizia quando noti quei pensieri tossici che spuntano come pop-up nella tua mente. “Se chiedi aiuto sei debole” – ah, eccoti, vecchio ritornello!

Rispondi con un “Mu” interiore, che significa “No, non ci sto più a questo gioco.” Non sopprimi questi pensieri, ma li guardi come guarderesti un piccione che cerca di fare matematica. “Oh guarda, la ginnastica mentale numero 347 è tornata! Le mancavo?” Rispondere con “Mu” e poi chiamare uno psicologo sembra contraddittorio, come ordinare una pizza gigante con una Coca-Cola Light. Ma è lì che risiede la saggezza profonda.

Il maestro Chan che capisce che tutto è vuoto mangia comunque quando ha fame. Non se ne sta lì a contemplare l’illusione del cibo mentre il suo stomaco fa concerti. Allo stesso modo, quando rispondi con “Mu” alla domanda “Sono debole se cerco aiuto?”, non significa che non cerchi aiuto in seguito. Significa che lo fai senza tutto il dramma interiore degno di un Oscar.

E…allora?

La libertà dall’ansia non deriva dal vincere una guerra contro di essa (spoiler: l’ansia è imbattibile in quel gioco), ma dallo smettere di giocare del tutto. È come rendersi conto che non devi battere il casinò, devi smettere di andarci. Preoccuparsi della vergogna di cercare cure è come preoccuparsi di cosa penseranno gli altri se compri un ombrello durante un acquazzone. Mu taglia tutto questo alla radice con un sonoro “Chi se ne frega, seriamente?” L’ansia è come una pianta: annaffiala con giudizi e dualismi, e crescerà più di un’erbaccia. Mu offre una via d’uscita da questo giardino selvaggio: non combattere né arrenderti, ma alzare le spalle e fare ciò che deve essere fatto. La vera libertà inizia quando rispondiamo con “Mu” alle domande assurde che ci tormentano, e poi andiamo tranquillamente a fare ciò che ci fa stare meglio.

comprendere l’ansia

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