Dio lo Sa – Atto II: La Potenza Narrativa di Geolier in un racconto con Caravaggio. Ho intravisto nelle liriche di Geolier lo stesso combattimento spirituale di Caravaggio, un dialogo intimo tra luce e ombra che travalica i secoli.
Geolier – Dio lo Sa – Atto II. Mesi fa scrissi un racconto su Caravaggio. Un testo intimo che lo ritraeva nel suo studio napoletano, mentre dipingeva “Le sette opere di misericordia”. Un momento di creazione artistica che mi aveva profondamente coinvolto, dove lo osservavo confrontarsi con i suoi demoni interiori e la sua struggente ricerca di redenzione attraverso l’arte.
Poi è arrivata la musica di Emanuele Palumbo, in arte Geolier. Il suo nuovo album “Dio lo sa – Atto II” e in particolare la traccia “Reale” hanno compiuto qualcosa di inaspettato: hanno iniziato a dialogare con quel mio vecchio racconto. All’inizio sembrava impossibile. Un rapper di Secondigliano e un pittore del Seicento. Eppure, ascoltando i versi di Geolier, ho iniziato a intravedere una connessione sotterranea, un’energia comune che attraversava i secoli.
Geolier considera il successo ed i soldi come moltiplicatori di responsabilità verso sé stessi e verso gli altri. Le sue parole – crude, autentiche, cariche di significato – sembravano già abitare quello spazio segreto del mio racconto. Come se potessero inserirsi naturalmente nel flusso dei pensieri di Caravaggio, arricchendolo di una dimensione contemporanea ma ancestrale.
Non era un esercizio intellettuale. Era un’intuizione. Un modo per dimostrare che l’arte vera non conosce confini. Che l’autenticità è un linguaggio universale capace di unire un artista delle origini e uno di oggi.
Così ho deciso di inserire alcuni versi di Geolier nel mio racconto. Non come citazione, ma come eco. Come voci che attraversano il tempo per raccontare la stessa umanità.
Buona lettura.
“Tanta, immensa Grazia”
Caravaggio fece un passo indietro, scrutando l’ampia tela che dominava la parete nord del suo studio di Napoli. La sua ultima commissione, “Le sette opere di misericordia”, stava prendendo forma.
Eco dal futuro – 417 anni di distanza – Geolier, rapper di Secondigliano:
“Avvantaggiato ‘a ‘sta ricchezza, ormaje abitudinaria”.
Carne del Significato: Il privilegio non è materiale, ma spirituale. La ricchezza è la capacità di riconoscere la grazia che attraversa i secoli, un vantaggio invisibile che si deposita nell’anima come rugiada su un affresco dimenticato.
Un fremito attraversò la schiena di Caravaggio. Parole non sue, eppure così intense da sembrare già parte del suo respiro. Un eco misterioso che portava il sapore aspro e sincero di Napoli, pur venendo da un tempo che lui non poteva comprendere.
Fece quindi un passo avanti di nuovo nell’acre aroma degli oli, intingendo il pennello per abbozzare volumi e ombre. Le tonalità vischiose lo ancoravano fra i ribollenti ricordi che minacciavano d’infrangere le sue invalicabili barriere interiori. Concentrandosi intensamente sui pigmenti, si smarriva nelle tinte consuete di terra d’ombra, ocra e nero fumo: i colori d’ombra e terra che più lo rappresentavano.
Eco dal futuro – 417 anni di distanza – Geolier, rapper di Secondigliano:
“Tengo ‘o munno, vinte figlie, diece pate”.
Carne del Significato: Generare non è solo generare carne, ma mondi. Ogni sofferenza può partorire universi, ogni lacrima può contenere geografie di redenzione. Il dolore è un utero cosmico che genera significato.
Un’altra folgorazione attraversò il pittore lombardo. Parole che sembravano germogliare dai suoi stessi pensieri, eppure così nitide, così lontane, che lo lasciarono interdetto, con la mano tremante sul pennello.
Mentre la luce del pomeriggio dalle alte finestre virava al caldo, Caravaggio avvicinò il candeliere. Le fiammelle danzavano, gettando sulla sua creazione emergente un alone incarnadino che pareva infondere vita alle immagini. Le figure dei due uomini prendevano forma, dalle espressioni psicologicamente complesse.
L’opera era una storia dipinta, calata nella Napoli caotica, vitale e confusionaria a cavallo tra Cinquecento e Seicento, che faceva eco a un’umanità sofferente ove miseria e nobiltà, malattia e cura, peccato e perdono, disperazione e speranza coesistevano. Ma nella storia, cielo e terra erano uniti dalla Vergine col Bambino ad affermare che gli atti di bontà in questo mondo sono via privilegiata verso il Paradiso. Un’opera che fors’anche giungeva là dove le parole non possono.
Eco dal futuro – 417 anni di distanza – Geolier, rapper di Secondigliano:
“Nun me paragonà maje cu chi esce fra diec’anne”
Carne del Significato: Rifiutare la classificazione è rifiutare la prigionia. Essere indefinibile significa essere libero, essere un varco attraverso cui l’eternità può fluire, senza argini né confini.
Ancora una volta, quelle parole misteriose lo attraversarono come una lama sottile, lasciandolo sbigottito, con un senso di vertigine che non riusciva a spiegarsi.
L’intera scena era presieduta dalla Vergine col Bambino, entrambi sorretti dalle possenti ali pennute di due angeli.
Caravaggio pensò ad alta voce:
“Resto ipnotizzato davanti alla sua figura che emerge, la Madonna ammantata di grazia. E il Bimbo Gesù che guarda impavido la sofferente umanità. La loro pelle emana un tepore impossibile, benché di soli olio e tela. Quale grazia elargita, che il Cielo s’inchini tanto umile alla mia persona. Che la Luce spunti radiosa da un nomo d’ombra qual io mi sono. Si offrono, trascendenti eppur reali. Indegno io, sì lo so fin troppo. Eppure Lei ancor sorge. Eppure, Egli ancora chiama”.
Eco dal futuro – 417 anni di distanza – Geolier, rapper di Secondigliano:
“‘C”o dicette a mia mamma ch”o promettette a Daniele”
Carne del Significato: La promessa è un ponte che attraversa i tempi. Non è un semplice impegno, ma un cordone ombelicale cosmico che connette destini, che lega le anime oltre la carne, oltre il tempo.
Le parole risuonarono dentro di lui, così estranee eppure così familiari, che lo lasciarono con il fiato sospeso, tremante e confuso. Chinandosi con mano ferma, il pennello che aggiungeva dettagli al delicato profilo del piccolo Gesù, una vampata di luce abbagliò la vista di Caravaggio. Gridando, barcollò all’indietro mentre chiazze rosse e viola aleggiavano ancora alla sua visione. A poco a poco l’abbagliante luminosità svanì. Sbattendo le palpebre, distinse un fanciullo riccioluto contornato da un alone nebuloso… emergente dalla stessa tela. Quegli occhi senza tempo riflettevano un’eterna saggezza nel sembiante puerile…era il Bimbo Cristo in persona.
Il Divin Pargolo piegò il capo, studiando il pittore sconcertato. Poi alzò una manina, col palmo proteso in avanti, invitando Caravaggio ad inginocchiarsi. Con il cuore che batteva forte, l’artista cadde in ginocchio dinnanzi alla strana apparizione. Lievi passi sfioravano le assi impolverate mentre il fanciullo si chinava in avanti, alzandosi per sussurrare, col respiro caldo contro l’orecchio di Caravaggio nel cinguettio napoletano, terreno ed eterno al pari delle sue tele:
“Chi cammina sempe pe l’ombra, offenne ‘a luce.”
(Chi persiste nell’oscurità offende la luce).
Le parole risuonarono nell’anima di Caravaggio con intenso significato. Gesù posò una mano leggera come piuma sul suo capo chino: benedizione e consacrazione, pace che si diffondeva in tutto il suo essere, sospendendo ogni sensazione oltre quel tocco benedetto…
Finché la mano si ritrasse delicatamente e Caravaggio riemerse nel consueto studio, coi familiari odori e oggetti sparsi. Con gli occhi appannati fissò il dipinto, cercando quegli occhi oracolari, ma le figure erano semplicemente abbozzate in terra d’ombra e nero, l’angolo stranamente spoglio ove era apparsa l’Incarnazione attimi o ere addietro.
Le ginocchia scricchiolavano sul tavolato grezzo mentre calore montava dietro i suoi occhi, Caravaggio lottava per contenere un’emozione travolgente. Poi il divino Sussurro echeggiò di nuovo nella sua mente, in quei toni napoletani densi, terreni ed eterni al pari delle sue tele… e la sua formidabile soglia cedette. Si accasciò del tutto, il possente corpo scosso da singulti convulsi. Una vita di angoscia repressa e inconsolato dolore eruppe in fiumi di sale bollente. Il diluvio catartico lavava le sue interiori ombre finché non restò inginocchiato vuoto, purificato e di nuovo consacrato a sacro intento.
Con gli occhi arrossati, Caravaggio fissò le mani callose, impregnate di una vita di lavoro e ora, pregava, redente dalla grazia dei cieli. Dita ferme raccolsero tavolozza e pennello mentre una visione fresca fluiva in lui. Soffiava dettagli nell’umile bimbo il cui volto e la cui mano avrebbero completato questo capolavoro riecheggiando quel profondo Sussurro per l’eternità. Per quanto fuggisse nell’ombra e lottasse, non avrebbe mai più offeso quella Luce che l’avrebbe sempre cercato e trovato e carezzato finché ogni tenebra avesse ceduto alla sua magisteriale grazia.
Mentre Caravaggio ripercorreva le scene esistenti coi loro significati simbolici, parole risuonarono nel profondo della sua anima:
“Seppellite i morti”- A destra, alcuni uomini portano un cadavere di cui sono visibili solo i piedi.
“Visitate i carcerati” – Al centro, Cimone, condannato a morire di fame in prigione, riceve il latte dal seno della figlia Pero, che di nascosto lo nutre.
“Sfamate gli affamati” – A sinistra, un uomo offre del pane a un mendicante, mentre un altro gli porge una ciotola.
“Vestite gli ignudi” – In basso a sinistra, un angelo aiuta un giovane a coprirsi con un mantello.
“Ospitate i pellegrini” – In alto a sinistra, due uomini accolgono un viandante con un bastone e un cappello dalle ampie tese.
“Visitate gli infermi” – In basso a destra, un uomo medica la ferita di un altro, che ha una benda sull’occhio.
“Dissetate gli assetati” – In alto a destra, Sansone, dopo aver ucciso i Filistei con la mascella d’asino, beve l’acqua che sgorga miracolosamente dalla mascella stessa per volontà divina.
Tanta umanità racchiusa in un’unica straordinaria tela.
Eco dal futuro – 417 anni di distanza – Geolier, rapper di Secondigliano
“‘A vittoria arriva quando sbaglie”.
Carne del Significato: Cadere non è precipitare, ma risalire. L’errore è la scala segreta per cui l’anima risale verso la propria luce. Ogni ferita è un varco, ogni caduta un trampolino verso l’eternità.
Un ultimo eco misteroso lo attraversò mentre riprendeva a dipingere, lasciandolo attonito e insieme profondamente commosso.
Tanta, immensa Grazia.
Cristiano Luchini
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Geolier – Dio lo Sa – Atto II
Geolier – Dio lo Sa – Atto II