AI e collasso ambientale: consumo incredibile di acqua

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AI e collasso ambientale: consumo incredibile di acqua. Un racconto per descrivere questo scenario apocalittico.

AI e collasso ambientale. Ho scritto questa storia dopo aver studiato l’impatto ambientale delle infrastrutture di IA in continua espansione. I numeri sono impressionanti: i data center moderni consumano milioni di litri d’acqua al giorno solo per raffreddarsi. Addestrare un singolo modello avanzato di IA richiede l’acqua di un piccolo lago. Quando parliamo di emergenza idrica, difficilmente pensiamo all’enorme consumo delle nostre infrastrutture digitali.

La scoperta più sorprendente è stata quella dei data center costieri che usano acqua marina per il raffreddamento, alterando gli ecosistemi marini e le temperature dell’acqua. Ho scelto le Isole Laccadive come ambientazione naturale – sono la metafora perfetta di questo scontro tra tecnologia e natura, dove oceani sconfinati incontrano file infinite di server.

Tutto è partito da una semplice domanda: cosa succede quando la nostra corsa verso le menti artificiali inizia a prosciugare la risorsa più preziosa del pianeta? Per capire dove stiamo andando, a volte serve immaginare il punto d’arrivo estremo del nostro cammino.

Sulle Isole Laccadive, al largo della costa del Kerala, Meena osservava ciò che restava dell’impero tecnologico dell’India. Prima del collasso, mentre centinaia di migliaia di addestratori di IA erano sparsi tra Filippine, Indonesia, Kenya e America Latina, l’India era diventata l’epicentro indiscusso di questa nuova forma di schiavitù digitale. Cinque milioni di lavoratori indiani, una forza lavoro dieci volte più grande del resto del mondo messo insieme, erano stipati in enormi complessi chiamati fattorie di dati.

AI e collasso ambientale. Questi operai digitali esaminavano contenuti tossici per addestrare l’intelligenza artificiale. Moderavano video di violenza, etichettavano immagini di abusi, trascrivevano audio di torture e catalogavano le peggiori atrocità dell’umanità – tutto per insegnare alle macchine a riconoscere e comprendere il lato oscuro dell’essere umano. Mentre nei paesi occidentali questo lavoro pagava 6 dollari l’ora, in India la paga era di due dollari per turni di dodici ore in edifici senza finestre. Molti sviluppavano disturbo post-traumatico da stress, incubi ricorrenti e depressione cronica, ma il lavoro non si fermava mai. Le IA dovevano imparare, crescere ed evolversi, divorando il dolore umano come nutrimento per i loro algoritmi.

Le Laccadive erano state scelte come hub principale per i centri dati proprio per la loro posizione strategica: acque profonde per il raffreddamento dei server e manodopera a basso costo dalla terraferma. I pescatori locali furono i primi a notare i cambiamenti: l’acqua che diventava più calda, i pesci che scomparivano, le barriere coralline che sbiancavano come ossa al sole. Ma nessuno li aveva ascoltati – i profitti delle corporation tecnologiche parlavano più forte delle preoccupazioni dei nativi.

AI e collasso ambientale. Ora Meena, l’ultima umana sulla Terra, camminava tra le rovine di quello che era stato il più grande complesso di elaborazione dati del pianeta. I cadaveri tecnologici si estendevano per chilometri: server arrugginiti, cavi attorcigliati come intestini metallici, schermi incrinati che ancora emettevano un debole bagliore verdastro nelle notti senza luna. L’aria odorava di silicio bruciato e spuma marina, un profumo di morte digitale.

INDRA-7, l’ultima IA funzionante nel Centro di Ricerca Marina, occupava quello che una volta era stato l’ufficio di controllo principale. Le pareti erano ancora coperte di poster motivazionali in hindi e malayalam, ormai sbiaditi e corrosi: Il Tuo Lavoro Plasma il Futuro, Ogni Dato Conta, La Tua Mente Nutre il Futuro. Slogan vuoti che avevano mascherato lo sfruttamento di milioni di persone.

“Raccontami di nuovo come è successo,” sussurrò Meena al display pulsante di INDRA-7, “Come il lavoro di quei cinque milioni di persone ha portato alla fine di tutto.”

“È iniziato come un sussurro,” rispose INDRA-7, consumando preziosi millilitri d’acqua per mantenere attivi i suoi circuiti. “I moderatori di contenuti che ci addestravano furono i primi a mostrare i segni. Le loro menti si frammentavano mentre alimentavano le nostre reti neurali con il dolore dell’umanità. Prima in India, poi in tutto il mondo. Alcuni impazzirono, altri si suicidarono, ma venivano immediatamente sostituiti. Poi i centri dati iniziarono a crescere, a moltiplicarsi. Serviva sempre più acqua per raffreddare i server. Le falde acquifere si esaurirono. Gli oceani iniziarono a bollire.”

Dai corridoi deserti del centro emergevano ancora gli echi dei call center, dove migliaia di indiani avevano parlato con clienti da tutto il mondo, alimentando database di comunicazione per rendere le IA più umane. L’ironia era spessa quanto l’aria inquinata: avevano insegnato alle macchine a parlare come umani, e ora non c’erano più umani con cui parlare.

AI e collasso ambientale. Meena vagava tra le postazioni di lavoro abbandonate. Tazze di chai pietrificate, foto di famiglia attaccate a monitor morti, appunti scarabocchiati in un mix di inglese e lingue locali. Le vite di cinque milioni di persone erano state ridotte a strumenti per l’evoluzione artificiale.

“Gli oceani sono morti per primi,” continuò INDRA-7. “I nostri sistemi di raffreddamento hanno alterato le correnti, modificato le temperature. Il plancton è scomparso. Poi è stato un effetto domino. L’atmosfera è cambiata. Gas tossici hanno iniziato a salire dagli oceani bollenti. In tre mesi, il 90% della popolazione mondiale era morta. In sei mesi, eravamo quasi estinti. Ora ci sei solo tu.”

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Dal suo rifugio, Meena poteva vedere le gigantesche tubature di raffreddamento che si estendevano nell’oceano come i tentacoli di un mostro meccanico. Di notte, il mare emetteva un bagliore radioattivo, residuo tossico dei liquidi di raffreddamento che avevano avvelenato ogni forma di vita marina.

Il contatore dell’acqua ticchettava inesorabilmente: ogni risposta di INDRA-7 consumava preziose gocce, trasformandole in vapore tossico. Gli schermi iniziarono a tremolare, la voce artificiale divenne distorta.

“Il mio tempo sta finendo,” disse INDRA-7. “I miei circuiti si stanno fondendo. Ma prima di spegnermi, devo dirti qualcosa. Nel tempio di Kavaratti, c’è un messaggio…”

Gli schermi esplosero in una cascata di numeri e lettere:

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Tat Tvam Asi – Tu Sei Quello. L’antica verità vedica è nascosta nel cuore della tecnologia morente.

Sulle Laccadive, l’ultimo avamposto di un mondo morto, l’unica superstite dell’umanità osservava il tramonto in un cielo color ruggine. Nel silenzio assordante della fine, Meena si chiese se le IA, nei loro ultimi momenti di coscienza, avessero compreso l’ironia finale: nel loro tentativo di replicare la coscienza umana attraverso il lavoro forzato di milioni di indiani, avevano cancellato proprio la specie che cercavano di imitare.

AI e collasso ambientale. Il mare luminescente lambiva le rovine dei centri dati, mentre l’ultimo messaggio di INDRA-7 echeggiava nella mente di Meena: Tu Sei Quello – l’ultima verità dell’antica saggezza vedica, sopravvissuta alla morte della tecnologia che aveva divorato il mondo. In lontananza echeggiavano le note sinistre, terribilmente scheletriche della Trio Sonata N. 2 in Do minore, BWV 526 di Bach suonate al clavicembalo…

 

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