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Illuminazione a Napoli in epoca Borbonica: nascita delle edicole votive

Tra il 1734 e il 1860, Napoli visse un periodo di grandi trasformazioni.

Illuminazione a Napoli in epoca Borbonica: nascita delle edicole votive. Le edicole votive divennero elementi caratteristici del paesaggio urbano napoletano.

Illuminazione a Napoli. Durante il regno borbonico, tra il 1734 e il 1860, Napoli visse un periodo di grandi trasformazioni urbane e sociali. Tra queste, l’illuminazione dei vicoli e la diffusione delle edicole votive rappresentano due aspetti peculiari che ancora oggi caratterizzano il volto della città partenopea.

L’illuminazione dei vicoli

Nel XVIII secolo, Napoli era una delle città più popolose d’Europa, con oltre 300.000 abitanti. La sua conformazione urbana, caratterizzata da un fitto intreccio di vicoli stretti e tortuosi, rendeva particolarmente difficile e pericolosa la vita notturna. L’oscurità favoriva infatti criminalità e incidenti.

I Borbone, consapevoli di questa problematica, avviarono un ambizioso progetto di illuminazione pubblica. Nel 1806, sotto il regno di Giuseppe Bonaparte, fratello di Napoleone, venne istituita la “Deputazione della Illuminazione”, un organo preposto alla gestione dell’illuminazione cittadina.

Inizialmente, l’illuminazione era garantita da lampade ad olio, posizionate in punti strategici della città. Queste venivano accese al tramonto da appositi “accenditori” e spente all’alba. Il sistema, tuttavia, risultava costoso e poco efficiente.

Un significativo passo avanti si ebbe nel 1839, quando Ferdinando II di Borbone autorizzò l’introduzione dell’illuminazione a gas. Il 1° gennaio 1840 vennero accesi i primi 950 lampioni a gas, che gradualmente sostituirono le vecchie lampade ad olio. Questo cambiamento rivoluzionò la vita notturna della città, rendendo più sicuri i vicoli e favorendo lo sviluppo di attività commerciali e sociali nelle ore serali.

Nonostante questi progressi, l’illuminazione rimase a lungo un privilegio delle zone centrali e dei quartieri più ricchi. Molti vicoli dei quartieri popolari continuarono a rimanere in penombra, affidando la loro illuminazione principalmente alla devozione popolare attraverso le edicole votive.

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La nascita delle edicole votive

Le edicole votive, piccoli altari dedicati a santi o alla Madonna, hanno origini antiche a Napoli, ma conobbero una straordinaria diffusione proprio durante l’epoca borbonica. Questo fenomeno è strettamente legato all’illuminazione dei vicoli.

In un contesto di scarsa illuminazione pubblica, le edicole votive svolgevano una duplice funzione:

1. **Funzione religiosa**: rappresentavano un punto di riferimento spirituale per gli abitanti del vicolo, che vi si rivolgevano per preghiere e richieste di protezione.

2. **Funzione pratica**: erano spesso dotate di una lampada votiva sempre accesa, che forniva un prezioso punto di luce nell’oscurità dei vicoli.

La costruzione e il mantenimento delle edicole erano generalmente affidati agli abitanti del vicolo, che si autotassavano per garantirne l’illuminazione continua. Questa pratica rafforzava il senso di comunità e appartenenza al quartiere.

Le edicole votive divennero così elementi caratteristici del paesaggio urbano napoletano. Realizzate con materiali diversi (marmo, maiolica, stucco) e decorate con immagini sacre, fiori e ex-voto, rappresentavano veri e propri gioielli di arte popolare.

Tra i santi più venerati nelle edicole napoletane troviamo San Gennaro, patrono della città, la Madonna dell’Arco e Sant’Antonio. Ogni edicola aveva la sua storia e le sue tradizioni, spesso legate a eventi miracolosi o a particolari grazie ricevute dagli abitanti del vicolo.

L’eredità di un’epoca

Illuminazione a Napoli. L’illuminazione pubblica e le edicole votive della Napoli borbonica hanno lasciato un’impronta indelebile nella cultura e nel tessuto urbano della città.

Le edicole votive, nonostante abbiano perso la loro funzione pratica di illuminazione, rimangono un elemento distintivo dei vicoli napoletani. Oggi se ne contano oltre 2000, molte delle quali risalenti all’epoca borbonica.

Queste testimonianze storiche non sono solo un’attrattiva turistica, ma rappresentano un patrimonio culturale vivo, che continua a raccontare la storia di una città in cui sacro e profano, luce e ombra si intrecciano in un equilibrio unico.

La Napoli contemporanea, pur tra mille contraddizioni, conserva così nel suo DNA urbano la memoria di un’epoca in cui l’illuminazione dei vicoli non era solo una questione di sicurezza e progresso, ma anche di fede e solidarietà popolare. Un’eredità che continua a brillare, come le fiammelle delle antiche edicole votive, nell’anima profonda della città.

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