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Review del Tao di Alan Watts: più che un libro, una folgorazione

Le regole e le categorizzazioni formali altro non sono che gabbie opache.

Review del Tao di Alan Watts: più che un libro, una vera folgorazione. Le regole e le categorizzazioni formali altro non sono che gabbie opache.

Review del Tao di Alan Watts. “Il Tao – la Via dell’Acqua che scorre” di Alan Watts, edito dalla Casa Editrice Astro-Ubaldini Editore,  è stato per me una pura folgorazione. Un’opera che ha scosso dalle fondamenta il mio modo di relazionarmi al reale, plasmato dalla tradizione razionalista e definitoria dell’Occidente.

Da sempre sono stato ossessionato dal bisogno di riempire ogni spazio, afferrare e definire ogni frammento dell’esistenza. Fin da piccolo, sono stato condizionato a categorizzare, etichettare tutto ciò che mi circondava. Un fiore era ridotto a una semplice “pianta”, una nuvola a un’insignificante “massa di goccioline d’acqua”.

Eppure, leggendo Watts, mi sono reso conto che in questo modo stavo tradendo l’essenza effimera e transitoria delle cose, il loro perpetuo divenire. “Non stiamo forse perdendo il senso della loro danza impermanente?” mi ha smosso dentro una delle sue riflessioni. E l’autore a rispondermi: “Non è la parola, la definizione che riempie l’esistenza di significato. Il vuoto si è già preso cura di questo”.

Il vuoto, il “Wu” del pensiero taoista, non è un’assenza sterile ma un grembo cosmico gravido di infinite potenzialità. “È qui che ogni cosa nasce, muta e si trasforma, prima di tornare ancora una volta alla sua origine”. Un concetto dirompente per me, sempre teso ad afferrare l’essere, a fissarlo in essenze immodificabili.

Grembo cosmico

Watts mi ha rivelato che il Wu è “lo spazio del non-essere da cui germoglia l’essere stesso, il grembo cosmico che abbraccia il divenire perpetuo dell’universo”. Un abbraccio, non una gabbia definita.

Nella tradizione cinese, ho scoperto non esservi alcun interesse “ad imprigionare il significato all’interno di rigide definizioni”, che finiscono per essere limitative prigioni. Piuttosto, si preferisce lasciare ampio spazio all’interpretazione fluida e all’associazione di immagini.

Review del Tao di Alan Watts. Un approccio, questo, che privilegia il divenire, il cambiamento non lineare, rifiutando l’assolutezza stessa del concetto di “essere” così com’è inteso in Occidente. Il ragionamento in Cina procede infatti attraverso l’uso di verbi, rendendo l’essenza stessa dell’essere un’opinione discutibile, non un dogma.

Lo strumento principale del pensiero cinese sono gli ideogrammi, immagini associate secondo somiglianze visive, proprio come avviene con la metafora. Non esistono perciò concetti davvero fissi e definiti una volta per tutte, come siamo abituati noi. Al contrario, la fusione dei significati è in continua metamorfosi.

Il Tao – La Via dell’Acqua che scorre – Astro-Ubaldini Editore.

Razionalità occidentale

“La parola cinese è immagine prima che suono”, mi ha chiarito Watts, mentre decifravo il meccanismo dell’ideogramma in cui i vari segni confluiscono a creare un significato fluttuante, mai ingabbiato nella traduzione di un unico vocabolo.

Eppure io, figlio della razionalità occidentale, osavo quotidianamente riempire il vuoto primordiale con le mie rassicuranti definizioni, permettendo ad altri di tracciare i confini angusti della mia percezione. “Un simile approccio non ha alcuna reale giustificazione!” la voce di Watts a smasherare le mie illusorie certezze.

È stato allora che ho deciso: dovevo aprirmi all’abbraccio del Wu, quell’indefinito grembo che permea ogni manifestazione fenomenica senza pretendere di racchiuderla. E così, per la prima volta, ho visto davvero una nuvola, non più un’arida categoria scientifica, ma un’entità in perenne divenire, rinnovantesi di istante in istante nel gioco delle forme cangianti.

Un fiore non era più solo una “pianta”, ma un’esplosione momentanea di colori, profumi e geometrie fluide, pronta a disfarsi e a rifiorire perpetuamente sotto i miei occhi. Ne percepivo la trama sottile, al di là delle sbiadite definizioni convenzionali.

Conoscenza

“”I cinque colori accecano gli occhi; I cinque toni assordano le orecchie; I cinque gusti rovinano il palato.”, la citazione di Lao Tzu riportata da Watts mi riecheggiava dentro. Sì, le regole e le categorizzazioni formali altro non sono che gabbie opache a quella autentica visione che accoglie la ricchezza infinita del reale.

Mi sono ricordato dei primi Taoisti, di come mettessero radicalmente in discussione il senso comune cinese, ammonendo: “Quando la conoscenza e la bravura giunsero, arrivò il grande inganno”. Un inganno che anche io avevo subìto, scambiando i costrutti mentali per la viva sostanza delle cose.

“Il pensiero nasce dalla sconfitta, quando l’azione non è soddisfacente”, un altro insegnamento folgorante di Watts. Quante volte il mio approccio analitico aveva inaridito l’esperienza diretta e vitale del presente, costringendomi dentro il perimetro dei concetti?

“Il controllo cosciente della vita sembra coinvolgerci in un groviglio sempre più convulso di complessità”, proseguiva Watts nella sua requisitoria contro la mente analitica. Uno specchio terrifico e impietoso in cui mi riconoscevo, io così spesso prigioniero dei labirinti mentali, sordo e cieco al fluire della vita.

Iniziazione

Questo libro è stato per me una vera iniziazione, un risveglio alla semplicità e allo stupore del vivere al di là delle sovrastrutture concettuali. Un’immersione totale ed estasiata in quel mistero che la mente non può che tradire nel suo forsennato delirio di cattura.

Review del Tao di Alan Watts. Ora, non appena avverto l’impulso a definire o giudicare ciò che mi circonda, la voce di Watts mi frena: “Non tradire l’essenza indicibile delle cose, non imprigionarle entro categorie mentali!”. E io, finalmente libero, mi abbandono all’esperienza nuda, senza bisogno di risposte o coordinate rassicuranti.

Immerso nel Tao, la Via dell’Acqua che scorre, laddove ogni cosa nasce e si dissolve in un respiro solo, prima di rifluire ancora nel grembo del Vuoto originario. Lasciando che sia la Vita stessa a parlare, al di là di tutti i miei tentativi di afferrarla.

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