Contemporary Art Museum Italy: il CAM di Casoria desta stupore

Contemporary Art Museum Italy: il CAM di Casoria desta stupore. E’ un’oasi di bellezza. Tra multiculturalismo, splendore e isolamento.

Contemporary Art Museum ItalyCAM – Contemporary Art Museum di Casoria è nato nel 2003 da un progetto del Comune di Casoria e della Regione Campania. È un museo d’arte contemporanea che si estende su una superficie di ben 3500 m2, accoglie 1200 opere di oltre 80 artisti contemporanei internazionali e nel 2011 ha ospitato la Biennale di Venezia. Eppure il CAM pochi lo conoscono. Ho scoperto il CAM per caso, facendo una passeggiata nel centro di Casoria, incuriosito dalla segnaletica stradale che ne indicava la direzione. Feci una breve ricerca su Internet e restai folgorato. Un sabato pomeriggio, io e la mia fidanzata Maria Bruna decidemmo di visitarlo e quella folgore è rimasta intatta, anzi, è divampata in incendio. Sono poco indulgente con la mia ignoranza. Essendo appassionato d’arte contemporanea, mi vergognai di non aver conosciuto prima il museo di Casoria, di non averne neanche sentito parlare. Tuttavia, non ho trovato un solo riferimento, né un’indicazione, né una traccia che mi consentisse di risalire a questo luogo straordinario, a questa vera e propria oasi di bellezza. Nei musei napoletani non ce n’è segno, neanche al MADRE, che in fondo condivide i medesimi ideali artistici del CAM e ha quasi la stessa età. Le due istituzioni hanno viaggiato in parallelo nel tempo, ma pare non si siano mai toccate.

Foto di Maria Bruna Ferrara.

Il CAM è uno spazio di dilatazione: dell’anima, della superficie, della percezione.

Il CAM è uno spazio di dilatazione: dell’anima, della superficie, della percezione. Si sviluppa in un seminterrato, nel ventre di un edificio, una raggiera bianca, come un immenso ventaglio di cemento che attraversa le viscere della terra. Il pavimento è grezzo, polveroso: le scarpe ti diventano bianche. Fasci oblunghi di tubi percorrono il soffitto e a volte si sente lo scroscio dell’acqua che li attraversa e contribuisce a plasmare l’effetto straniante. Pare l’”Underground” di Kusturica: un poliedrico, asettico universo suburbano che ti accoglie e ti perde, fagocitandoti in una dimensione del tutto aliena a quello che c’è di sopra. Io e Maia Bruna eravamo soli. Oltre noi due, non un solo visitatore, nelle ore che ci siamo intrattenuti, ha varcato la soglia del museo. In questa titanica raggiera bianca che corre sottoterra pare si sia riversato il mondo intero. È stato come se tutti gli artisti del globo si fossero dati convegno là sotto per lasciare le loro opere, per nascondere i propri lavori e condividerli. Immersi nella bellezza, guidati soltanto dal nostro istinto e dalla nostra sensibilità, ci siamo abbandonati al fluire di quelle opere. La Cina, l’Africa, i Balcani, la Francia, la Germania, la Russia e tante altre: ogni nazione è rappresentata al CAM attraverso l’opera di un artista. Non mi era mai capitato di vedere nulla di simile. Il CAM non è solo un museo d’arte contemporanea, è anche un passaggio esperienziale attraverso il multiculturalismo. È conoscibile l’umanità lì dentro, così come la intendono, la vivono e la patiscono le etnie e le culture più disparate. Meravigliose le sezioni dedicate all’Africa e alla Cina: la prima ospita opere di artisti che provengono da villaggi remoti e spesso inaccessibili, le cui opere all’estero esistono forse solo al CAM; la seconda offre, invece, un viaggio introspettivo attraverso la fotografia, nell’imo più recondito della pura essenzialità concettuale cinese.

“Il CAM è poco conosciuto, poco fruito, poco segnalato”.

Contemporary Art Museum Italy: Abbiamo continuato la visita estinguendoci letteralmente in questo amplesso di forme, concetti, visioni, intuizioni, correndo incontro a una dolcissima sindrome di Stendhal. Alla fine della visita abbiamo chiacchierato con Monica, una giovane volontaria che, insieme ad altri, assiste il direttore, l’artista Antonio Manfredi, nella cura del museo. “Come mai siamo soli qui dentro?” è stata la domanda, sorta spontanea, dopo aver vagato ore indisturbati in quell’abbagliante isolamento. “Il CAM è poco conosciuto, poco fruito, poco segnalato”. Questi i problemi, alcuni, che affliggono tale, straordinario luogo, che sopravvive grazie alla passione indefessa di Manfredi e dei giovani volontari che lo accompagnano in questa impresa, motivati non già dai guadagni, ma dalla salvaguardia della bellezza. Monica, ad esempio, oltre che accogliere i visitatori, si occupa della catalogazione dei volumi della biblioteca del museo. “Un patrimonio di opere multilingue, spesso introvabili”, ci informa. Avete idea di cosa abbiamo davanti? Di quali siano le possibilità? Oltre all’arte, pura e irripetibile, il CAM offre una biblioteca, laboratori di musica, una sala di registrazione, una per il cineforum, la possibilità di organizzare mostre, eventi, presentazioni di libri e chissà quanto altro ancora. Il CAM non è un semplice contenitore, il CAM è un concetto dinamico, vivo, vegeto e operante che attende solo fruitori. Non esistono ristagno, staticità al CAM, ma solo un dinamismo ricco di prospettive. Sono tornato pochi giorni dopo al museo per cercare altro materiale per il mio articolo e, oltre che con Monica, ho parlato con gli altri volontari. Hanno voglia di fare, di creare, di sviluppare il CAM e farne un vero e proprio polo culturale. Dopo aver letto l’articolo, cercate il CAM in rete e andate a Casoria a visitarlo. Date una mano alla bellezza, vi prego. Vi assicuro, ne vale davvero la pena.

Info su casoriacontemporaryartmuseum.com.

 


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