L’acqua sulfurea di Santa Lucia, storica bevanda dei napoletani.
Sapevate che la Campania è anche nota per le sue acque? Dalle famose sorgenti dell’acqua Lete e Ferrarelle a Pratella (Provincia di Caserta), a quelle altrettanto note di Castellammare di Stabia, che è anche conosciuta come “città delle acque” (si ricordi l’acqua della Madonna e l’Acetosella, solo per citarne alcune), sino ad arrivare a quelle aventi particolari proprietà benefiche come le sorgenti del Monte Echia, della fonte di Santa Lucia a via Chiatamone, per secoli venduta, cercata e bevuta per i suoi effetti benefici. Stiamo parlando, precisamente, dell’acqua sulfurea o “suffregna”, in dialetto napoletano. Tanti anni fa, chiunque poteva visitare le importanti sorgenti dell’acqua sulfurea di Santa Lucia, grazie ad una scalinata che conduceva in una grotta che per l’occasione, veniva occupata da venditori che accoglievano i tanti acquirenti provenienti dalle città limitrofe. Acquirenti che si recavano lì apposta per fare scorta e rifornimento di quella preziosa acqua, in grado, come si diceva, di curare chi soffriva di carenza di ferro ed anemia.
L’acqua “suffregna”.
Proprio l’acqua sulfurea di Santa Lucia, diventata nel giro di poco tempo una delle bevande preferite dai napoletani, divenne la principale fonte di sostentamento per gli abitanti di via Chiatamone, che si attrezzavano con banchetti e recipienti per guadagnarsi la giornata. Le giovani e belle venditrici ambulanti, giravano per la città provando a vendere l’acqua “suffregna” a chi cercava refrigerio e frescura mentre gli “acquaiuoli”, nei loro chioschetti addobbati con grappoli di limoni, arance, blocchi di ghiaccio ed altri attrezzi, riuscivano a preservare intatte le proprietà e la freschezza di quest’acqua sempre frizzante e fresca, che di solito veniva servita con un pizzico di bicarbonato, per renderla ancora più gustosa. Passeggiando per le stradine caratteristiche di Napoli, si potevano dunque di sovente sentire frasi gridate al popolo per incentivare a comprare l’acqua sulfurea di Santa Lucia, come si evince anche dalla nota poesia “E mummarelle” che recitava esattamente così:
”Signooo.. e comm’è fresca…!
Diceva a ze Francesca!”
“Uè uè… ca io songo n a luciana
e ‘a mummera, va do’mmano…”
“Uè ue.. vevite, ca’ ‘o sole coce…!
Strillanno deve ‘a voce.”
“È bella e fresca è comm’ a neve
Pe diece lire.. è chiena!”
Francesca cchiù alluccava
Pe l’acqua spulmunava.
“Uè..- uà è do’ Chiatamone
Mettitece ‘o limone!”
“Signooo… l’acqua v’a vevite
E ‘o suvero… ‘o suvero v’ ‘o stipate…!”
“Acqua suffregna, ovèro fresca e bella. Sempre affullata steve… ‘a bancarella!“
Il colera.
Purtroppo, questo redditizio commercio cittadino, andò incontro ad un lento declino, subito dopo il diffondersi di alcuni episodi legati al colera nei primi anni 70’, causando, di conseguenza, la chiusura della fonte di Santa Lucia e la scomparsa della maggior parte degli acquaioli locali. Questo, esattamente fino al 2000, anno in cui furono inaugurate, seppur per un breve lasso di tempo, alcune fontanine di acqua suffregna, nei giardini del Palazzo Reale di Napoli. Soltanto i più fortunati dunque, fecero in tempo ad assaggiarla. Istruttivo dunque, oltre che nostalgico, ricordare la storia ed i benefici dell’acqua sulfurea di Santa Lucia.