Yasuhiro Ogawa ©2025
Yasuhiro Ogawa ©2025

Yasuhiro Ogawa: la poesia silenziosa delle atmosfere giapponesi.

La fotografia come pratica spirituale.

Yasuhiro Ogawa ha intrapreso la fotografia non come forma di narrazione esplicita, ma come mezzo per esplorare l’essenza invisibile dei luoghi e dei momenti.

Nel vasto e affascinante panorama della fotografia contemporanea giapponese, il nome di Yasuhiro Ogawa emerge con una delicatezza quasi impercettibile, come una brezza autunnale che sfiora le foglie secche di un bosco di Kyoto. Nonostante la sua relativa riservatezza mediatica, Ogawa ha saputo costruire un corpus visivo di straordinaria coerenza estetica e profondità emotiva, radicato nella tradizione giapponese del “wabi-sabi” e nell’arte della contemplazione silenziosa.

Yasuhiro Ogawa ©2025
Yasuhiro Ogawa ©2025

Uno sguardo introspettivo. Nato nel 1970 a Osaka, Yasuhiro Ogawa ha intrapreso la fotografia non come forma di narrazione esplicita, ma come mezzo per esplorare l’essenza invisibile dei luoghi e dei momenti. Il suo approccio è lontano dal clamore della cronaca o dal virtuosismo tecnico fine a se stesso. Piuttosto, le sue immagini sembrano nascere da un bisogno intimo di ascolto: ascolto della luce, del vento, del vuoto che occupa lo spazio tra le cose.

Il suo lavoro più celebre, il libro fotografico “Suna” (2012), è un esempio emblematico di questa sensibilità. Il titolo, che in giapponese significa “sabbia”, non si riferisce tanto a un elemento geografico quanto a una metafora dell’impermanenza. Le fotografie di “Suna” mostrano paesaggi sobri,  spiagge deserte, strade secondarie, interni domestici spogli,  in cui la presenza umana è suggerita più che mostrata. Ciò che colpisce è l’atmosfera: una luce diffusa, spesso crepuscolare, che avvolge ogni scena in una quiete quasi sacra.

Yasuhiro Ogawa -portrait ©2025
Yasuhiro Ogawa -portrait ©2025

L’estetica del vuoto. La fotografia di Ogawa si muove con grazia tra tradizione e modernità. Da un lato, richiama l’arte del “MA”  il concetto giapponese di “spazio negativo”, quel silenzio visivo che permette all’occhio di respirare. Dall’altro, si colloca perfettamente nel contesto della fotografia contemporanea internazionale, dialogando in modo sottile con autori come Hiroshi Sugimoto o Masao Yamamoto, pur mantenendo una voce distintiva.

Il suo uso del bianco e nero non è mai drammatico, ma meditativo. Le ombre non opprimono; la luce non acceca. Tutto è bilanciato, come in un haiku: poche parole, immensa profondità. Ogawa non cerca di raccontare una storia lineare, ma di evocare un sentimento, un ricordo sfocato, una sensazione di déjà-vu.

 

“La fotografia come pratica spirituale”

Per Ogawa, fotografare non è un atto di cattura, bensì di ricezione. Egli ha spesso dichiarato in interviste di camminare per ore senza scattare, in attesa che il luogo gli “parli”. Questo approccio contemplativo ricorda la pratica zen del *zazen*: stare, osservare, lasciare che il mondo si riveli da sé. Le sue immagini sono il risultato di questa pazienza, di questa disponibilità a essere permeati dall’ambiente.

Yasuhiro Ogawa ©2025
Yasuhiro Ogawa ©2025

Recentemente, il suo lavoro ha continuato a esplorare temi legati al tempo e alla memoria. Nella serie “Kage” (“ombra”, in giapponese), ad esempio, Ogawa fotografa muri, pavimenti, angoli di stanze dove la luce proietta sagome evanescenti. Sono tracce di presenza umana, ma anche metafore della fugacità dell’esistenza. Un’eredità silenziosa in un’epoca in cui la fotografia è spesso ridotta a contenuto performativo, Yasuhiro Ogawa rappresenta una voce rara: quella che sceglie la sobrietà, il silenzio, l’ascolto. Le sue atmosfere non urlano, non reclamizzano, non cercano consenso. Esistono, semplicemente, come esiste il respiro, come esiste il vento tra gli alberi.

Eppure, proprio in questa semplicità risiede la forza del suo lavoro. Ogni sua fotografia è un invito a rallentare, a guardare con attenzione, a percepire ciò che normalmente sfugge. In un mondo sempre più veloce e rumoroso, la fotografia di Yasuhiro Ogawa è un’oasi di quiete e forse, proprio per questo, una delle forme più autentiche di bellezza contemporanea.

 

“Non cerco di mostrare il mondo com’è, ma come lo sento.”

Yasuhiro Ogawa

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