Evirati Cantori Napoletani: Aurelio Gatti @ Festival ‘700 Napoletano. Rappresentazione de “La Fabbrica degli Angeli senza Tempo” presso la Chiesa di Santa Maria dell’Aiuto.
Evirati Cantori Napoletani. Lo scorso Sabato sera, 14 dicembre 2024, la Chiesa di Santa Maria dell’Aiuto è diventata un santuario di emozioni contrastanti, grazie alla straordinaria rappresentazione de “La Fabbrica degli Angeli senza Tempo”. Parte del prestigioso Festival Internazionale del ‘700 Musicale Napoletano – organizzato dall’Associazione Domenico Scarlatti, fondata nel 1982 dal Maestro Enzo Amato – lo spettacolo ha trasportato il pubblico in un viaggio tra la bellezza e l’orrore della storia dei cantanti castrati.
La coreografia, curata dal regista Aurelio Gatti con sapiente maestria, e la drammaturgia – arricchita dalla presenza di tre danzatrici – hanno dato vita a un racconto nel quale il Settecento napoletano – periodo di grande fermento musicale – riviveva attraverso le storie di evirati cantori come Farinelli e Porporino. L’attore Mario Brancaccio non recitava soltanto: incarnava l’essenza stessa di Nicola Antonio Porpora, rendendo palpabile la tormentata dualità tra il sublime e il terrificante.
La sua interpretazione era un’ode alla tragedia e al trionfo degli evirati cantori, le cui voci angeliche risuonavano attraverso le navate della chiesa. Non cantava, ma la sua voce, in sottofondo, sembrava intrecciarsi con i canti barocchi, creando un’eco spettrale che permeava l’aria, avvolgendo gli spettatori in un abbraccio tanto bello quanto inquietante.
Le ballerine, con la loro grazia e i loro movimenti ritmati, si muovevano come figure eteree e al contempo sciamaniche, trasportandoci in un mondo dove ogni passo raccontava una storia di sacrificio e estasi. I loro corpi sembravano parlare una lingua antica, fatta di eleganza e di rituali misteriosi, aggiungendo profondità alla narrazione visiva. La loro danza era una continua oscillazione tra la luce e l’ombra, tra il paradiso e l’inferno, evocando immagini che restano impresse nella memoria.
Nel cuore della scena, una antica bambola di legno, avvolta in un drappo bianco, rappresentava gli evirati cantori. La sua figura silenziosa e immobile era un potente simbolo delle giovani vite trasformate per sempre dal crudele destino della castrazione. Questo spettro muto, che fluttuava tra gli attori e le ballerine, era un costante promemoria del sacrificio estremo compiuto per raggiungere la perfezione artistica.
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“La Fabbrica degli Angeli senza Tempo” è riuscita a rendere vivo il tormento e la gloria degli evirati cantori con una maestria che solo pochi spettacoli possiedono. L’integrazione di musica barocca e recitazione, unita alla coreografia evocativa, ha creato un’esperienza di forte impatto emotivo. L’interpretazione era ipnotica, ogni gesto e parola costruivano un ponte tra passato e presente, permettendoci di sentire il battito del cuore di quei tempi remoti.
Mentre le note finali si spegnevano e le luci si abbassavano, il pubblico restava immobile, sospeso in un’atmosfera di rarefatta bellezza. Uscendo dalla chiesa, sotto la pioggia battente e le luci lattiginose che accompagnavano la fredda notte di Napoli, mi sono sentito pervaso da un senso di riverenza e contemplazione, riflettendo sulla fragilità e la forza dell’arte umana.
“La Fabbrica degli Angeli senza Tempo” non è stata solo una rappresentazione; è stata un viaggio nell’anima di Napoli, nei suoi misteri e nelle sue meraviglie. Un omaggio alla musica e alla storia, di orrore e di prodigio, di immondo e di mistico, che ricorderò a lungo.
Evirati Cantori Napoletani