AI and Philosophy: recensione del libro Umano, poco umano

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AI and Philosophy: recensione del libro Umano, poco umano, edito Piemme. Approccio pratico e coinvolgente.

AI and Philosophy.Amici lettori, lasciate che vi prenda per mano e vi conduca in un viaggio interiore avvincente tra le pagine di “Umano, poco umano, edito Piemme. Esercizi spirituali contro l’intelligenza artificiale”. Sin dalle prime battute, una sensazione mi ha letteralmente folgorato: quella di una certa limitatezza nel raggio d’azione del discorso, come se fosse rimasto ancorato a una prospettiva troppo specifica, quella del pensiero greco-romano antico.

Certo, non posso negare il fascino ammaliante e la profondità abissale delle teorie presentate dagli autori Mauro Crippa e Giuseppe Girgenti, che attingono a figure di spicco quali Platone, Epicuro, Galeno e Aristotele. Eppure, nell’affrontare una tematica così vasta e universale come l’essenza della condizione umana, non ho potuto fare a meno di avvertire l’assenza di un respiro più ampio, di un’apertura inclusiva verso altre tradizioni filosofiche e spirituali provenienti dai più remoti angoli del pianeta.

Una delle critiche più rilevanti che vorrei muovere a questo libro è l’eccessiva ricorrenza di termini come “occidente”, “occidentale”, “mondo occidentale”, “pensiero occidentale” e simili. Queste espressioni sembrano punteggiare il testo in modo ridondante, quasi a voler circoscrivere l’esplorazione della condizione umana entro i confini angusti di una singola tradizione culturale. Eppure, l’umanità è un fenomeno universale, che trascende i limiti geografici e le distinzioni tra “Oriente” e “Occidente”. Una visione più ampia e inclusiva avrebbe certamente arricchito il discorso, evitando queste ripetizioni che finiscono per tradire un’impostazione forse troppo eurocentrica.

AI and Philosophy. È come se il testo avesse finito per incasellare questa esplorazione profonda entro le mura di un solo contesto culturale, trascurando la ricchezza di voci e prospettive che avrebbero potuto arricchire un’opera così attuale e calata nei tempi vorticosi che stiamo vivendo. L’umanità, nella sua complessità multiforme, non può essere circoscritta entro i confini di una singola tradizione di pensiero, per quanto autorevole essa sia.

 

Umano, poco umano – Edito Piemme.

E qui, amici miei, devo sollevare un’altra critica: nel capitolo dedicato all’urgenza di “conoscere sè stessi”, “essere sè stessi”, gli autori non hanno minimamente fatto riferimento alla filosofia Vedanta, una delle più antiche e profonde tradizioni di pensiero dell’India. Eppure, questa scuola di pensiero, incentrata sull’interpretazione dei Veda e sulla ricerca dell’Assoluto, avrebbe potuto arricchire enormemente la riflessione sulla riscoperta del Sé autentico.

Perché è proprio il Vedanta, con i suoi insegnamenti sull’Ātman (l’essenza più intima dell’essere) e sul Brahman (il principio supremo e impersonale), a fornirci strumenti preziosi per abbracciare appieno la riscoperta dell’essenza più intima del Sé, il vivere autentico in un mondo sempre più virtuale. Una mancanza, questa, che non posso fare a meno di sottolineare, perché priva il lettore di una prospettiva millenaria e profondissima sulla conoscenza di se stessi.

Questa critica non vuole certo sminuire il valore del lavoro di Crippa e Girgenti, tutt’altro. Si tratta piuttosto di un invito a un’ulteriore apertura e inclusione di orizzonti diversi, affinché il viaggio proposto possa abbracciare appieno la ricchezza della condizione umana in tutta la sua multiformità, senza lasciarsi limitare da confini geografici o culturali.

AI and Philosophy. Ciononostante, non posso che riconoscere i pregi e le qualità distintive di questo volume, che si propone come un valido compagno di viaggio per chiunque desideri esplorare e coltivare un nuovo livello della propria umanità in un’epoca segnata da rapidi e profondi cambiamenti tecnologici. Gli autori ci conducono lungo un percorso che attinge alle radici della filosofia classica, ma con uno sguardo rivolto al presente e al futuro, utilizzando i pensatori del passato non come mere voci da contemplare, bensì come strumenti pratici per affrontare le sfide contemporanee poste dall’avanzare inesorabile dell’intelligenza artificiale.

Con un approccio coinvolgente e mai pedante, Crippa e Girgenti ci invitano a vivere una forma di resistenza attiva, non contro l’IA in sé, ma contro la potenziale alienazione che essa potrebbe generare nelle nostre vite. Non si tratta di un rifiuto ostile e retrivo della tecnologia, bensì di un tentativo di bilanciare l’impatto che essa sta avendo sulla nostra umanità, di ritrovare quell’equilibrio che rischia di perdersi nell’oceano di algoritmi e dati che contraddistinguono la nostra esistenza contemporanea.

La narrazione storica che apre il volume, affondando le radici nel lavoro di Alan Turing a Bletchley Park, non è un mero esercizio di stile, ma un ponte verso le questioni urgenti del presente, un terreno fertile per l’esplorazione dei temi successivi. Attraverso il richiamo puntuale, ma mai pedante, a figure e concetti filosofici del passato, gli autori non solo forniscono un contesto per la riflessione, ma offrono anche una guida per l’interiorizzazione e l’applicazione di questi antichi insegnamenti nella vita quotidiana di oggi, rendendoli attuali e mai come ora moderni.

Ciò che rende questo libro un valido compagno di viaggio è il suo approccio pratico e coinvolgente. Gli esercizi spirituali proposti non sono mere elucubrazioni teoriche, ma veri e propri inviti all’azione, all’esplorazione interiore, alla riscoperta di noi stessi nell’era digitale che stiamo attraversando.

È fondamentale, ci ammoniscono Crippa e Girgenti, disvelare quell’Io che, insieme al proprio Sé, ha smarrito la via e brancola nel buio a fari spenti dell’alienazione digitale. Un vademecum su come insegnarci a esercitare la facoltà del pensiero e dell’azione con coerenza nell’era attuale, su come costruire la propria identità autentica al di là dei confini virtuali.

La filosofia, troppo spesso bistrattata, sale in cattedra attraverso Girgenti, rivendicando il suo ruolo nella formazione dell’individuo contemporaneo. Di contro, tecnica e intelligenza artificiale dovrebbero raffigurarsi soltanto come strumenti da utilizzare in circostanze adeguate e con ragionevole zelo – un paradosso, se si considera come l’IA sembri aver invaso ogni ambito dell’umano, talvolta addirittura sostituendosi ad amici, amanti o compagni, in un divenire predominante che rischia di oscurare tutto ciò che è di pertinenza dell’uomo del terzo millennio.

AI and Philosophy. L’epilogo del libro, con la sua narrazione che sfuma i confini tra realtà e finzione, sottolinea ulteriormente l’urgenza della riflessione proposta nel contesto attuale. Le storie che creiamo, siano esse letterarie o legali, hanno il potere di plasmare la nostra realtà e quella degli altri nell’era digitale. Un monito a non sottovalutare l’impatto delle nostre azioni e delle nostre scelte al giorno d’oggi, a comprendere la responsabilità che abbiamo nel definire il futuro della nostra specie in un’epoca di profondi cambiamenti tecnologici.

Sebbene l’opera presenti alcune criticità legate a una certa limitatezza di orizzonti culturali, “Umano poco umano” si rivela un valido compagno di viaggio per intraprendere un cammino di continua ricerca interiore nell’era digitale,

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