Aztec Philosophy: radicamento, verità, bontà secondo gli Aztechi. Armonizzare corpo, mente, scopo sociale e meraviglia della natura.
Aztec Philosophy: C’è tantissimo da imparare dagli Aztechi. Molte civiltà precolombiane stabilirono numerosi insediamenti e complesse gerarchie sociali tra Nord America, Mesoamerica ed Area Istmo Colombiana (Costa Rica e Panama). In Mesoamerica (America centrale e latina) si datano tali insediamenti a partire dall’incirca dal 2600 a.C. .Gli Aztechi, che vivevano nel Messico moderno, sono stati a lungo trascurati nell'”Occidente” (termine che i filosofi latinoamericani contestano, da cui le mie virgolette). Quando pensiamo all’immaginario che ci evocano, l’unica cosa che probabilmente ci viene in mente è che gli Aztechi fossero fortemente impegnati nei sacrifici umani. Ma prima dell’arrivo dei conquistadores spagnoli, gli Aztechi avevano una cultura filosoficamente ricca, con persone che chiamavano “filosofi”, e le loro pretestuose controparti “sofisti”. Abbiamo volumi e volumi di pensiero azteco registrati dai sacerdoti cristiani in codici. Alcuni dei lavori filosofici sono in forma poetica, altri sono presentati come una serie di esortazioni e altri, addirittura, in forma di dialogo. Questi punti invitano al confronto con i filosofi dell’antichità greca classica, in particolare Platone e Aristotele. Questi uomini sostenevano che la felicità viene naturale quando coltiviamo qualità come l’autodisciplina o il coraggio. Naturalmente, cose diverse rendono felici persone diverse. Ma Aristotele credeva che l’universalità della “ragione” fosse la chiave per una sorta di definizione oggettiva della felicità, quando è sostenuta dalle virtù del nostro carattere.
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Gli esseri umani sono inclini all’errore.
Aztec Philosophy: Come i Greci, anche gli Aztechi erano interessati a come condurre una buona vita. Ma, a differenza di Aristotele, non sono partiti dalla capacità umana di ragionare. Piuttosto, guardavano verso l’esterno, al nostro vivere sulla Terra. Essi sostenevano: “La terra è scivolosa, liscia”, che era comune a loro quanto un aforisma contemporaneo come “Non mettere tutte le uova nello stesso paniere” lo è per noi. Quello che intendevano dire è che la Terra è un luogo dove gli esseri umani sono inclini all’errore, dove i nostri piani rischiano di fallire e le amicizie sono spesso tradite. Le cose buone si mescolano solo con qualcosa di indesiderato. “La Terra non è un buon posto. Non è un luogo di gioia, un luogo di contentezza”, consiglia una madre a sua figlia, nel verbale di una conversazione che è sopravvissuta fino ad oggi. Si dice piuttosto che è un luogo di gioia-fatica, di gioia-dolore. Soprattutto, e nonostante le sue mistiche benedizioni, la Terra è un luogo dove tutte le nostre azioni hanno soltanto un’esistenza fugace. In un’opera di filosofia poetica intitolata “Amici miei, alzatevi in piedi”, Nezahualcoyotl, il sovrano della città di Texcoco, scrisse:
“Amici miei, alzatevi!
I principi sono diventati indigenti,
Io sono Nezahualcoyotl,
Sono un cantore, capo dell’ara.
Afferra i tuoi fiori e il tuo ventaglio.
Con loro andate a ballare!
Tu sei la mia bambina,
tu sei Yoyontzin [giunchiglia].
Prendi il tuo cioccolato,
fiore dell’albero del cacao,
Che tu possa berlo tutto!
Fate la danza,
suonare la canzone!
Non qui è casa nostra,
non qui viviamo,
anche tu dovrai andartene.”
Radicamento.
Aztec Philosophy: I filosofi aztechi si interrogavano su “come vivere”, dato che il dolore e la caducità sono caratteristiche ineludibili della nostra condizione umana. La risposta è che dovremmo sforzarci di condurre una vita radicata, o degna di essere vissuta. La parola usata dagli Aztechi è Neltiliztli. Significa letteralmente “radicamento”, ma anche “verità” e “bontà” in senso lato. Essi credevano che la vera vita fosse quella del predicare la bontà, la più alta a cui gli umani potessero mirare nelle proprie azioni. Questo risuona con i punti di vista dei loro omologhi ‘occidentali’ classici, ma diverge su altri due fronti. In primo luogo, gli Aztechi ritenevano che questo tipo di vita non avrebbe portato alla “felicità”, se non per fortuna. In secondo luogo, la vita radicata doveva essere realizzata a quattro livelli distinti, un metodo più ampio di quello dei Greci: Il primo livello riguarda il carattere. In sostanza, il radicamento inizia con il proprio corpo – cosa spesso trascurata nella tradizione europea, preoccupata com’è della ragione e della mente.
Il corpo.
Gli Aztechi si sono radicati nel corpo con un regime di esercizi quotidiani. Numerose le sculture ed i dipinti che raffigurano uomini e donne in varie posture, alcune delle quali sono sorprendentemente simili alle posizioni yoga come la posizione del loto. Emblematica a tal proposito è la statua di Xochipilli o il “Principe dei Fiori”, il dio mesoamericano dell’estate, dei fiori, del piacere, dell’amore, della danza, della pittura, della festa, della creatività e delle anime. Forse la rappresentazione più famosa del dio nell’arte è la statua del Tardo Post-Classico (1450-1500 d.C.), un capolavoro della scultura Azteca, oggi residente nel Museo Nazionale di Antropologia di Città del Messico. La statua è alta 1,2 metri e ha Xochipilli seduto su una piattaforma del tempio (o forse un tamburo) che è decorata con farfalle, fiori e gruppi di quattro punti che rappresentano il sole. Xochipilli indossa una maschera ed è lui stesso ricoperto di fiori di piante psicotrope, funghi allucinogeni e pelli di animali. A gambe incrociate e spensierato il dio è raffigurato mentre canta e suona felicemente i suoi sonagli, simbolo vibrante di tutte le cose buone della vita. E’conservata nel Museo nazionale di antropologia di Città del Messico.
La psiche.
Aztec Philosophy: Poi, dobbiamo essere radicati nella nostra psiche. L’obiettivo era quello di raggiungere una sorta di equilibrio tra il nostro “cuore”, la sede del nostro desiderio, e il nostro “volto”, la sede del giudizio. Le qualità virtuose del carattere hanno reso possibile questo equilibrio. Ad un terzo livello, occorreva trova il radicamento nella comunità, svolgendo un ruolo sociale. Queste aspettative sociali ci collegano l’uno all’altro e permettono alla comunità di funzionare. Se ci si pensa bene, la maggior parte degli obblighi sono il risultato di questi ruoli. Oggi cerchiamo di essere buoni meccanici, avvocati, imprenditori, attivisti politici, padri, madri e così via. Infine, si trattava di cercare il radicamento nell’essere divino unico dell’esistenza. Gli Aztechi credevano che “dio” fosse semplicemente la natura, un’entità di entrambi i sessi la cui presenza si manifestava in forme diverse. Il radicamento nel divino si realizzava per lo più in modo obliquo, attraverso i tre livelli precedenti. Ma alcune attività selezionate, come la composizione della poesia filosofica, offrivano una connessione più diretta.
Spirito animista contrapposto alla ragione.
Aztec Philosophy: Una vita condotta in questo modo avrebbe armonizzato corpo, mente, scopo sociale e meraviglia della natura. Una vita di questo tipo, per gli Aztechi, era una sorta di danza attenta, che teneva conto del terreno insidioso della terra scivolosa, e in cui il piacere era poco più di una caratteristica accessoria. Questa visione è in netto rilievo rispetto all’idea di felicità dei greci, dove la ragione e il piacere sono intrinseci alla migliore rappresentazione della nostra vita sul palcoscenico del mondo. La filosofia azteca ci incoraggia a mettere in discussione la saggezza “occidentale” sulla buona vita – e a prendere seriamente in considerazione la sobria idea che fare qualcosa di utile sia più importante che godersela.
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