L’arte della seta a Napoli, un’industria molto florida, acerrima concorrente delle altre città italiane

L'arte della seta a Napoli, un'industria molto florida, acerrima concorrente delle altre città italiane

L’arte della seta a Napoli, un’industria molto florida, peraltro acerrima concorrente delle altre città italiane.Si tratta di un’antica produzione artigianale che impegnava la maggior parte della forza lavoro cittadina durante il sedicesimo e diciassettesimo secolo.

 L’arte della seta, nel capoluogo partenopeo, è stata  per la città uno dei più importanti vanti  artigianali che dava lustro all’economia. La lavorazione della seta impegnava gran parte della forza lavoro cittadina tra il sedicesimo e diciassettesimo secolo, per cui, i contadini, oltre alla semina, si occupavano anche della coltivazione dei gelsi, dell’allevamento dei bachi e della trattura. In realtà sul tramonto del Cinquecento l’industria nostrana dedita a questo pregiatissimo tessuto vantava un vero e proprio primato in tutto il vecchio continente. In particolare a Napoli, l’arte della seta assunse dimensioni notevoli al punto di incrementarne, a livello esponenziale, la crescita. D’altronde la seta era un prodotto ricco ed accessibile a pochi. Essa si usava come dono nelle famiglie reali oppure per gli abiti del clero e in tanti altri paramenti e vesti ecclesiastiche.
In verità, a Napoli l’arte della seta fu introdotta dagli Ebrei intorno al  VI-VII secolo. La Chiesa di Santa Maria in Cosmedin, primo nucleo degli artigiani ebrei,fu la prima ad adottare la seta, dapprima nei paramenti funebri e poi nella lavorazione degli abiti sacerdotali. Da allora quel tessuto ebbe una lunga evoluzione.Ferrante d’Aragona , re di Napoli dal 1458 al 1494, al fine di di nobilitare la sua città mettendola alla pari delle altre grandi città della penisola, mise ordine nella lavorazione della seta. Tra i colori più preziosi vi era il nero napoletano che aveva la caratteristica di non diventare pardiglio (rosso) infatti restava lucido e brillante. La seta napoletana e quella della costiera amalfitana erano assai pregiate poiché costituite da fili sottilissimi.
Della preziosissima produzione di sete napoletane del passato restano broccati e damaschi, cannellati, diaspri disegnati con tralci fioriti, grappoli d’uva, arabeschi, oggi conservati in chiese e musei della metropoli, come ad esempio nella sala degli arredi sacri a San Domenico, nel Museo del Tesoro di San Gennaro. L’industria della seta tuttavia,  alla fine del ‘700 ebbe un grosso declino con l’avvento della rivoluzione industriale.
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