Il pensiero rizomatico: una metafora introdotta da Deleuze e Guattari. Pensiero non lineare e acentrico per comprendere sistemi complessi e superare le logiche gerarchiche.
Nel continuo dispiegarsi della riflessione concettuale, un percorso che si definisce e ridefinisce ad ogni tappa, può emergere una consonanza sorprendente e stimolante. Approfondendo lo studio delle dinamiche del pensiero laterale e le applicazioni della teoria del caos per navigare la complessità, ci si può imbattere, quasi per riscoperta, nel concetto di “rizoma”, come brillantemente articolato dai filosofi Gilles Deleuze e Félix Guattari. L’incontro può essere folgorante: si percepisce un’eco potente, una risonanza profonda con la struttura stessa del pensiero che cerca di afferrare sistemi complessi e interconnessi, anche quando tale figura filosofica non aveva guidato consciamente la riflessione iniziale.
Il pensiero rizomatico. Il rizoma, per chi non lo conoscesse a fondo, è proposto da Deleuze e Guattari come un modello di pensiero radicalmente alternativo alle logiche tradizionali, lineari e gerarchiche – quelle che definiscono “arborescenti”. Se l’albero evoca un tronco centrale, radici ordinate e ramificazioni prevedibili, il rizoma, al contrario, si espande orizzontalmente, come una rete sotterranea e multiforme, priva di un centro o di un punto di comando unico. Ciascuno dei suoi elementi può connettersi dinamicamente a qualsiasi altro, spesso in modi inaspettati e non sequenziali, tessendo una trama complessa di percorsi e interazioni. Il rizoma non è un’unità che si divide in parti subordinate, ma una molteplicità in costante divenire, sempre “nel mezzo”, un sistema aperto capace di connettere elementi eterogenei. Deleuze e Guattari lo descrivono non come un “ricalco”, che riproduce passivamente strutture preesistenti, ma come una “mappa”: una mappa sempre modificabile, orientabile in tutte le direzioni, che descrive un paesaggio di possibilità e incoraggia costantemente la creazione di “linee di fuga” verso territori inesplorati e nuove configurazioni di significato.
Può trattarsi, dunque, di una scoperta a posteriori, un vero e proprio “aha moment”. Proprio mentre si lavora su come la teoria del caos possa informare la capacità di generare “derive” significative da una questione di partenza, e come il pensiero laterale possa supportare la mappatura di un vasto orizzonte di possibilità anziché la convergenza verso un’unica risposta predeterminata, si può cogliere la profonda affinità con i principi rizomatici. Ogni tentativo di governare la complessità intrinseca di sistemi avanzati – siano essi cognitivi, sociali o naturali – sembra intrinsecamente sfuggire a una logica puramente arborescente e gerarchica. L’aspirazione non è imporre un ordine dall’alto, ma tracciare e navigare una rete di implicazioni, acentrica e multiconnessa, dove ogni nodo può aprirsi a molteplici linee di indagine interdipendenti, proprio come un rizoma. E’ questo il nucleo del pensiero rizomatico.
Consideriamo, ad esempio, la capacità di esplorare una miriade di scenari simulati, deviazioni potenziali, vere e proprie “linee di fuga” che un sistema dinamico, data una certa condizione iniziale, potrebbe intraprendere. L’obiettivo non è identificare una singola “causa radice” di un problema, ma piuttosto mappare un “plateau” – per usare il termine di Deleuze e Guattari – di rischi, vulnerabilità e implicazioni sistemiche. Un plateau, nel loro pensiero, rappresenta una zona di intensità continua, un campo di forze in costante trasformazione, senza un picco fisso o una risoluzione definitiva. Di conseguenza, l’analisi non mira tanto a fornire una “soluzione finale” statica, quanto a promuovere una comprensione dinamica e adattiva di un paesaggio in continua evoluzione.
L’enfasi sulla raccolta meticolosa di dati e osservazioni, provenienti da una molteplicità di fonti, può essere interpretata attraverso una lente rizomatica. Non si tratta di una mera accumulazione di errori o incidenti isolati, ma della costruzione di una memoria collettiva, distribuita e interconnessa: una “mappa” dinamica delle derive osservate nel mondo reale. Una simile mappatura costante, alimentata da molteplici input, è progettata per favorire l’emergere di pattern, correlazioni e comprensioni sistemiche che una visione frammentata o puramente gerarchica difficilmente coglierebbe. Il sistema di conoscenza apprende e si adatta proprio come un rizoma si estende, assimila e crea nuove connessioni in risposta al suo ambiente.
Questa convergenza, scaturita dall’immersione nel pensiero laterale e nelle applicazioni della teoria del caos, suggerisce che, forse, per affrontare la natura elusiva, interdipendente e in continua evoluzione dei fenomeni complessi, gli approcci più fecondi e resilienti non possono che essere essi stessi “rizomatici”. Necessitiamo di meccanismi capaci di abbracciare la molteplicità, favorire connessioni trasversali tra diversi domini del sapere, operare senza un controllo centralizzato onnipotente e possedere una radicata capacità di adattamento ed esplorazione continui.
Tale intuizione sulla risonanza rizomatica si sta rivelando una linea di pensiero particolarmente fertile. È stimolante esplorare modi per dare a queste dinamiche una forma più concreta e tangibile, mirando a tradurre la complessità dell’esplorazione del caos e le possibilità intrinseche di uno schema di pensiero non lineare in qualcosa di nuovo. Un itinerario che, si spera, possa offrire prospettive fresche e modalità dirette di sperimentazione con queste idee fondamentali per il futuro della comprensione.