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La realtà è un’illusione: la solidità non esiste

Dove finisce il tuo corpo e inizia il mondo? Il confine è solo un'illusione.

La realtà è un’illusione: la solidità non esiste. Dove finisce il tuo corpo e inizia il mondo? Il confine è solo un’illusione.

La realtà è un’illusione. Mi trovo davanti a un’esperienza familiare: il mondo che appare fatto di oggetti solidi, con confini che non lasciano spazio a dubbi. Il tavolo che tocco… questa resistenza netta, quasi brutale, una barriera che sembra dirmi “fin qui, non oltre”. E mi chiedo come questa sensazione di solidità si sia radicata così profondamente nella mia esperienza, tanto da considerarla intrinseca alla materia stessa. Forse è solo un’interfaccia, un modo pratico che il cervello ha trovato per aiutarci a sopravvivere in questo ambiente.

Ma poi, quasi con un brivido, la fisica mi ha rivelato qualcosa di completamente diverso. Mi ha parlato degli atomi – questi minuscoli mondi dove un nucleo, carico di energia positiva, è circondato da elettroni negativi in un movimento perpetuo che quasi mi fa girare la testa. Quando osservo due oggetti avvicinarsi, non riesco più a vedere una semplice collisione – no, ora vedo campi elettromagnetici che si intrecciano invisibilmente nell’aria.

Repulsione

La repulsione tra elettroni negativi… è questo che chiamo “resistenza”. Non c’è un vero contatto, nessuna interpenetrazione della materia – solo forze che si respingono a vicenda, creando l’illusione della solidità, una barriera che non esiste. È come se il mondo mi stesse dicendo: “Quello che pensi di toccare, non lo stai toccando affatto”. È scienza, non filosofia.

È qui che il dualismo emerge come una semplificazione quasi infantile. La mia mano da una parte, il tavolo dall’altra – questa netta distinzione mi fa sentire separato dal mondo. Il dualismo è utile, certamente, un “prêt-à-porter” cognitivo che mi permette di afferrare oggetti, muovermi ed evitare ostacoli.

Ma quanto è reale?

Non c’è confine – solo una graduale transizione tra campi di energia. La “barriera” che sento è un’interpretazione macroscopica di qualcosa di molto più sottile e misterioso.

Non-dualità

La non-dualità entra nella mia mente come una rivelazione: e se la realtà fosse unica, indivisibile, onnipresente? Se tutte queste distinzioni fossero solo illusioni, manifestazioni di un’unica verità fondamentale?

Maya, questo concetto della filosofia Vedanta, mi appare ora come una metafora perfetta: il velo dell’illusione che mi fa percepire un mondo di oggetti e individui distinti, mentre sotto questo velo esiste solo il Brahman, l’unica realtà non-duale che pervade tutto.

La solidità diventa così un esempio vivido di come opera Maya: mi fa credere in una netta distinzione tra “sé” e “oggetto”, quando a livello fondamentale questa distinzione semplicemente non esiste. È un’illusione nata dalla mia percezione limitata, un “dolcificante dualistico” che rende il mondo comprensibile e gestibile, ma forse meno vero.

E… quindi?

Mi fermo a considerare le implicazioni di tutto questo. Come cambia la mia visione sapendo che non sono veramente separato dagli altri? Sento crescere un senso di empatia, di compassione. Il mio isolamento si dissolve nella comprensione di questa interconnessione fondamentale. La mia consapevolezza si espande, abbracciando una visione più profonda del mondo.

E così, mentre la mia mano scorre sul tavolo in una sera qualunque, un sorriso si apre nel silenzio. Gli elettroni si respingono nell’invisibile, e in questa forza che sento sulla pelle, si rivela l’inganno più raffinato: la distanza è solo un’illusione necessaria, un sottile velo su questo pacchetto dualistico che è la realtà. Nello spazio apparente tra carne e legno, nel vuoto che sembra dividerci, siamo già uno.

 

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