Romanzi interessanti New Weird: La porta del cielo di Ana Llurba

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Romanzi interessanti New Weird: La porta del cielo di Ana Llurba. La Llurba plasma un’opera sovversiva che, attraverso le lenti deformanti del New Weird, scandaglia le profondità dell’esperienza femminile

Romanzi interessanti New Weird. Nel ventre metallico di un vascello spaziale convertito in tempio, una comunità di prigioniere attende. Si fanno chiamare “sorelle”, sottomesse al volere del Comandante, un despota che si proclama messaggero divino e che abusa di loro regolarmente, promettendo la liberazione. Quest’uomo alimenta le loro speranze paventando l’avvento dei Padri Creatori, entità celestiali che dovrebbero condurle verso Orione, verso quel portale mistico che chiamano Porta del Cielo. In questo microcosmo soffocante emerge la figura di Estrella, l’ultima arrivata, che osa sfidare l’ordine costituito con la sua sete di comprensione. Il suo spirito ribelle la condanna all’isolamento nella “fossa”, una cavità terrestre dove, dialogando con i suoi unici compagni – gli scarafaggi striscianti – ripercorre il sentiero che l’ha condotta in quella prigione. La Llurba plasma un’opera sovversiva che, attraverso le lenti deformanti del New Weird, scandaglia le profondità dell’esperienza femminile, dalla maternità alla sessualità, denunciando i meccanismi di controllo che imprigionano il femminile.

Ana Llurba

Ana Llurba si conferma tra le voci più interessanti della letteratura New Weird, quel filone letterario che fonde elementi del fantastico con l’inquietudine del quotidiano, dove l’orrore nasce dalla distorsione della realtà ordinaria e i confini tra naturale e soprannaturale si fanno labili, creando un senso di straniamento che permea ogni pagina. Il New Weird rifiuta le convenzioni classiche del fantasy e dell’horror per esplorare territori ibridi, dove il perturbante emerge da situazioni apparentemente normali.

La sua voce mi ha preso fin dalle prime righe di Costellazioni familiari, libro che ha vinto il Premio Celsius alla Semana Negra de Gijón ed è stato finalista al Premio Finestres di Narrativa. Nata in Argentina nel 1980, Llurba vive tra Stati Uniti e Berlino, dove unisce il lavoro di editor alla scrittura per riviste culturali e alla guida di workshop di scrittura.

Il Ritualismo come prigione

“La porta del cielo” (Eris Edizioni), il suo primo romanzo, ora in tre lingue, ci porta in un mondo cupo e stretto. Una nave fatta santuario da una setta diventa teatro di riti vuoti e ordini storti. Al centro della storia c’è l’attesa ossessiva dei Padri Creatori, figure mai presenti ma sempre invocate, come in un’eco beckettiana dove il Godot che deve dare senso a tutto non arriva mai. Le “sorelle” vivono sospese in questa attesa infinita, ripetendo gesti sacri ormai svuotati di senso, mentre i “guardiani della lingua” vegliano su un ordine tanto rigido quanto assurdo.

Ana Llurba – La porta del cielo – Eris edizioni

Come appassionto apprendista e divulgatore della filosofia Vedanta, vedo in quest’opera echi chiari del pensiero di Adi Shankara. Nel suo celebre Vivekachudamani, il Gran Gioiello del Discernimento, il maestro dell’Advaita Vedanta scrive: “Uddara nimittam bahurta veshah” – “per il bene della pancia molti sono i travestimenti”. Questa frase, che critica chi usa i riti sacri per il guadagno, si adatta in modo perfetto alla vita sulla nave, dove il Comandante, come già detto, autoproclamatosi profeta di presunti dèi astronauti, abusa delle ragazze mascherando la violenza come necessario castigo per la salvezza celeste. I gesti sacri si sono fatti vuoti e le regole non hanno più senso, servendo solo a legittimare il suo potere e i suoi abusi.
Per Shankara, i riti sono utili solo se portano alla vera conoscenza. Nel romanzo, invece, vediamo come diventano catene. Le “sorelle” vivono giorni tutti uguali, pieni di atti senza senso, sotto lo sguardo dei “guardiani della lingua” che fanno rispettare regole assurde.

La Discesa nell’illusione e la ricerca della verità

L’universo religioso del libro, pieno di sensi doppi, mostra bene ciò che Shankara chiama avidyā, il non sapere di base. Llurba sa rendere con arte sia il modo storto in cui i personaggi vedono il mondo, sia come questo mondo storto sembri a loro del tutto normale.

Colpisce molto il modo in cui viene descritta Estrella nei suoi dialoghi strani: parla con la bambola Catalina vicino al pozzo e fa sermoni a un gruppo di scarafaggi. Scene che non sono solo colpi di scena, ma che mostrano il divario tra la ricerca vera dello spirito e i riti vuoti che Shankara criticava.

La liberazione Illusoria e il vero Moksha

La “porta del cielo” del titolo è l’opposto del Moksha di cui parla Shankara. Non da libertà, ma chiude. Non apre la mente, ma la serra in spazi sempre più stretti. L’autrice usa un umorismo nero e tagliente per creare un’opera che va oltre la critica alle sette di oggi.

In questo spazio che si fa sempre più stretto, vediamo gli effetti di quello che Shankara temeva: riti che da mezzi si fanno fini, guide che da maestri si fanno tiranni. I brevi capitoli del libro ci fanno entrare pian piano in questo mondo malato, dove la luce che dovrebbe salvare acceca, e le porte che dovrebbero aprirsi chiudono.

La potenza della narrazione e il suo significato profondo

L’immaginario della Llurba è forte e tocca corde profonde. La nave diventa un mondo chiuso dove il sacro si fa gabbia. Scene come quella dei raggi del sole che si oscurano al passaggio dei guardiani creano un senso di angoscia che cresce piano ma non dà tregua.

Il finale, che non dà risposte facili, ci fa pensare alla difficoltà di capire quale sia la via giusta dello spirito. In questo “nuovo ordine potente e deplorevole”, vediamo i rischi che Shankara indicava: la confusione tra mezzi e fini, tra vera ricerca e sua brutta copia. Le “porte del cielo” promettono salvezza ma portano prigione, in un gioco di specchi che ci prende e ci turba.

Romanzi interessanti New Weird. La forza del romanzo sta nel saper unire la critica sociale alla riflessione profonda sul senso del sacro. Ogni scena, ogni dialogo porta con sé più strati di senso, proprio come i testi vedici che Shankara spiegava. E alla fine ci lascia con più domande che risposte, ma con una visione più chiara dei pericoli che si nascondono dietro ogni promessa di salvezza troppo facile.

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