Recensione di Zhuangzi: review di un pilastro del Taoismo

La realtà si sgretola: Zhuangzi e l'illusione del mondo. Immagine di proprietà di Crono.news.

Recensione di Zhuangzi: review di un pilastro del Taoismo. Un viaggio attraverso santi, banditi, meme, Terence McKenna e riscoperta della spontaneità.

Recensione di Zhuangzi. Da quando ho aperto le pagine della traduzione italiana del Zhuangzi, a cura di Adelphi, l’antica opera seminale del filosofo taoista Zhuang Zhou, qualcosa di profondo è stato risvegliato nel mio essere. Un richiamo ancestrale, un’eco lontana che ha fatto vibrare le corde più intime della mia ricerca spirituale iniziata tre anni fa con lo studio sistematico della filosofia Vedanta.

Nel leggere i paradossi, le storie assurde e le meditazioni audaci di questo mistico cinese del IV secolo a.C., ho sentito una strana e gioiosa sensazione di riconoscimento, come se una voce dimenticata da tempo si stesse finalmente facendo udire. Una voce che danza con il ritmo cosmico di cui parlano gli antichi testi indiani, risvegliando l’armonia spontanea che è sempre stata lì, vibrando sotto la superficie delle forme.Recensione di Zhuangzi.

Zhuang-zi (Chuang-tzu) – L. Kia-hway (Curatore) , C. Laurenti (Traduttore) , Christine Leverd (Traduttore) Adelphi, 1992

 

Il Flusso del Tao

Al cuore dell’insegnamento di Zhuangzi c’è il concetto fondamentale del Tao, la Via che tutto permea e unisce, quell’ordine intrinseco e fluido da cui tutto scaturisce e nel quale tutto infine ritorna. Il taoismo ci invita a dissolvere l’illusione dell’ego separato e ad armonizzarci con questo flusso naturale, praticando il “non-agire” (wu wei) e abbandonando il controllo artificioso per consentire al nostro vero Sé di manifestarsi spontaneamente.

Come ho letto nelle pagine dello Zhuangzi, queste idee sembravano quasi sbocciare dalle radici vedantiche che avevo già piantato durante i miei studi. I saggi inni dei Veda e degli Upanishad risuonano della stessa saggezza paradossale, esortandoci a “divenire ciò che siamo” e a risvegliarci dal sogno dell’individualità separata per abbracciare l’unità sottesa a ogni fenomeno. Recensione di Zhuangzi.

“Il perfetto usa la sua mente come uno specchio: nulla afferra, nulla respinge, accoglie tutto”, proclama una delle massime più celebri di Zhuangzi. Uno specchio immenso e limpido in cui tutto è riflesso senza distinzioni, questa è la chiave della liberazione secondo il pensiero orientale e quello che ho lentamente iniziato a comprendere attraverso la filosofia indiana.

Il Cammino del Risveglio

Eppure, come ogni cammino di risveglio, è facile rimanere impigliati nelle trappole del linguaggio e della mente concettuale. Zhuangzi stesso, con la sua caratteristica arguzia e il suo gusto per l’assurdo, sembra costantemente metterci in guardia da questo rischio, gettando in aria il nostro modo abituale di pensare con storie provocatorie e paradossi dirompenti. Recensione di Zhuangzi.

Il suo celebre richiamo a “liberare i banditi e abolire i santi” non è forse un monito a dissolvere i costrutti mentali rigidi, le categorie artificiali di “bene” e “male” che imprigionano la coscienza umana? I “banditi” e gli irregolari, coloro che rifiutano le norme sociali e le aspettative di ruolo, forse non rappresentano quella parte autentica e spontanea di noi stessi che è stata soffocata dalle oppressive “virtù” imposte dalla civiltà?

Lo studio del Vedanta mi aveva già preparato in parte a questa rivoluzione della percezione. Eppure, nell’immergermi nelle pagine irriverenti dello Zhuangzi, ho sentito una profonda gioia nel riscoprire questi concetti espressi in una veste nuova, più aspra e dirompente. Una gioia nel riconnettermi con la parte più giocosa e imprevedibile della saggezza, quella che ride di fronte alle sdolcinatezze spirituali e alle certezze troppo facili.

Il Linguaggio dei Meme

Ed è qui che un altro, inaspettato fenomeno della cultura contemporanea è venuto ad offrirmi uno specchio illuminante: l’universo criptico e ridicolo dei meme di internet, specialmente quelli della Generazione Z.

Inizialmente attratto dal loro gusto irriverente per l’assurdo e la provocazione, ben presto ho iniziato a scorgere in questi brevi frammenti digitali echi insospettati della filosofia taoista e vedantica. Nelle loro migliori espressioni, i meme sembrano incarnare quel rifiuto delle distinzioni rigide e quell’abbandono spontaneo alle correnti della vita che Zhuangzi insegnava.

Decodificando i meme più azzeccati, come quello della rana poggiata placidamente sul suo giaciglio di ninfee con la didascalia “Sto solo cercando di evitare drammi inutili”, ho intravisto un profondo richiamo all’essenza del “Wu Wei”, del fluire armonioso con il flusso del Tao. La rilassata serenità dell’iconica rana di internet, inscritta in quella scena idillica, sembra trasmettere esattamente quell’accettazione senza sforzo della realtà che i saggi orientali ci esortano a coltivare.

Altri meme acuti della GenZ giocano in modi simili con le assurdità e le pretese della società, ridicolizzando i potenti e sfidando le narrazioni dominanti con la stessa veemenza indisciplinata dei “banditi” elogiati da Zhuang Zhou. Un esempio lampante è il meme in cui un cane sornione osserva i suoi escrementi fumanti con la didascalia: “Quando insultano la nostra intelligenza e si aspettano che lo chiamiamo ‘saggezza'”. Recensione di Zhuangzi.

Il gusto beffardo di simili espressioni richiama con tratti graffianti la stessa insofferenza di Zhuangzi verso le false virtù imposte dall’alto, la sua irriverenza verso “i santi” e le costruzioni artificiose della cultura stratificata. La risata urlante di questi meme risuona come un richiamo all’autenticità primordiale, prima che le distinzioni “sante” venissero erette a costruzioni di controllo sulla spontaneità dell’essere. Recensione di Zhuangzi

Il Richiamo della Natura

Eppure, oltre ai paralleli con la filosofia e l’umorismo taoista, i meme di GenZ sembrano rispecchiare un’altra grande inquietudine alla radice del pensiero di Zhuangzi: la critica al modo in cui la civiltà ha progressivamente allontanato l’umanità dal suo rapporto armonico con il mondo naturale.

Quel legame simbiotico dell’uomo con i ritmi e i cicli del cosmo, così centrale per i nostri antenati cacciatori-raccoglitori nomadi, è andato sempre più perduto con l’avvento dell’agricoltura e della vita stanziale, come teorizzato dal visionario studioso Terence McKenna. La rottura di questa unità primigenia avrebbe progressivamente alimentato nella psiche umana un’insana proliferazione di “dualismi” artificiosi – sacro/profano, ragione/passione, umano/natura – strati su strati di separatezza che ci hanno sempre più alienati dalla realtà non-duale.

La mia immersione negli insegnamenti di Zhuangzi mi ha permesso di comprendere più profondamente queste tragiche conseguenze del progresso. Nel suo invito a “liberare i banditi”, nell’abbracciare l’imperfezione e ciò che è “inutile” agli occhi della società, ho scorto un monito a non lasciarci sopraffare dalle costruzioni dualistiche della civiltà ma a riconnetterci invece con la spontaneità primordiale, l’unicità vibrante sottesa a ogni fenomeno.

In questo senso, l’irriverente linguaggio dei meme riflette una sana resistenza alle oppressive categorie imposte dall’alto, uno scuotere il giogo delle narrazioni egemoni per riscoprire uno sguardo più autentico e unificato. La dimensione di “inutilità” celebrata dai meme – il rifiuto di prendere sul serio le misure di “successo” dettate dalla società – diviene così un potente atto di resistenza al dominio dei dualismi, un ritorno all’essenza.

Semplicemente Essere

Riscoprire la natura spontanea e non separata delle cose: questo è il cuore dell’esperienza trasformativa che la lettura dello Zhuangzi e l’esplorazione dei meme di GenZ hanno catalizzato in me in questi mesi. Strato dopo strato di costruzioni sociali e certezze intellettuali si sono lentamente dissolti, permettendomi di fare esperienza di uno stato di pura presenza, un’armonia priva di sforzo con il respiro dell’esistenza.

Che si tratti di immergermi nei cicli immutabili del mondo naturale, assaporando l’eterna danza di crescita, fioritura e declino, oppure di abbandonarmi alla dimensione giocosa e inutile dei meme, tutto sembra ricondurmi verso quell’unità spontanea e inseparabile che i saggi hanno da sempre celebrato.

Negli insegnamenti di Zhuangzi e nella filosofia Vedanta ho ritrovato l’antico richiamo a deporre le armi dell’ego e della mente separatrice, semplicemente “essendo” con ogni fibra del mio essere. A lasciar andare ogni domanda e ogni ricerca di risposte per vibrare in armonia con quell’essenza priva di attributi che non contempla l’esistenza di domande.

Poiché, come afferma lo stesso Zhuangzi, “Il Tao non conosce limite; la parola non è sicura”. Questa è la grande svolta: riconoscere come ogni costruzione, ogni distinzione e persino ogni insegnamento spirituale sia solo un riflesso parziale dell’unica realtà indivisibile, un dito che indica faticosamente la luna piena. Eppure la luna è sempre lì, eternamente piena e silenziosa, riflessa non solo nei grandiosi specchi della natura e della filosofia, ma persino nei frammenti folli e vividi di un meme digitale.

Stato di grazia

Nel mio cammino di riscoperta della spontaneità, ho sperimentato sempre più profondamente questo stato di grazia: l’accettazione perfetta e priva di sforzo di ciò che è, l’abbandono delle resistenze dell’io separato per lasciarmi semplicemente fluire con il ritmo del Tao. Un riconoscimento che quanto più mi abbandono, tanto più la mia vera natura si manifesta con limpida bellezza.

È questo l’insegnamento più vasto che lo studio degli aforismi di Zhuangzi, meditati alla luce dei miei studi sul Vedanta indiano, ha impresso dentro di me: il risveglio non come risultato da raggiungere, traguardo di un percorso arduo, ma come semplice riconoscimento di ciò che è sempre stato e sempre sarà presente, la divina banalità dell’essere.

Un’esperienza di pacificazione e risata gioiosa, come indica quel beffardo meme della GenZ, poiché ogni sforzo umano, anche quello di perfetti “santi” e guide spirituali, altro non può essere che una danza divertita, uno scherzo cosmico tutto da godere. In questa lucida follia, l’inconsistenza delle costruzioni umane – dai meme ai sistemi filosofici – diviene evidente. Eppure al di là della risata, ciò che resta è una luminosa pace, il riconoscimento che tutto è semplicemente Quello, l’eterna danza del Tao irriducibile a parole e concetti.

Cammino con sempre maggiore leggerezza su questa Via di mezzo tra l’assurdo dei meme e la saggezza millenaria, imparando a lasciarmi andare con più spontaneità al flusso dell’esistenza, rimanendo aperto al mistero con l’innocente meraviglia di un fanciullo. Perché come sussurravano quegli antichi contemplativi, che siano Zhuangzi o i poeti vedici, ogni sforzo è solo l’illusione dell’io separato che resiste all’Unico. Mentre ciò che siamo, in verità, è l’eterna perfezione del Tutto, che danza liberamente priva di scopi. Una danza che possiamo infine riconoscere e unirci ad essa con gioia ebbra.

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