What is a shabti or ushabti? lo shabti, lavoratore nell’aldilà nell’antico Egitto

L'aldilà come riflesso diretto del proprio tempo sulla terra.

What is a shabti or ushabti? l’Aldilà come riflesso diretto del proprio tempo sulla terra.  Quando l’anima era chiamata nell’aldilà a lavorare per Osiride, lo shabti prendeva vita e compieva il proprio dovere come sostituto.

What is a shabti or ushabti? Gli egiziani credevano che l’aldilà fosse un’immagine speculare della vita sulla terra. Quando una persona moriva, il suo viaggio individuale non terminava, ma veniva semplicemente tradotto dal piano terreno all’eterno. L’anima si trovava in giudizio nella Sala della Verità davanti al grande dio Osiride e ai Quarantadue Giudici e, nella pesatura del cuore, se la sua vita sulla terra veniva trovata degna, quell’anima passava al paradiso dei Campi Aaru. L’anima fu portata a remare con altri che erano stati giustificati anche attraverso il Lago dei Gigli (noto anche come Il Lago dei Fiori) in una terra dove si riacquistava tutto ciò che si pensava perduto. Lì si trovava la propria casa, proprio come l’aveva lasciata, e tutti i propri cari che erano passati a miglior vita. Ogni dettaglio di cui si godeva durante il viaggio terreno, fino all’albero preferito o all’animale domestico più amato, salutava l’anima all’arrivo. C’erano cibo e birra, incontri con amici e parenti, e si potevano seguire tutti gli hobby della vita.

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Il lavoro nell’aldilà.

What is a shabti or ushabti?: In linea con questo concetto dell’immagine speculare, c’è stato lavoro anche nell’aldilà. Gli antichi Egizi erano molto laboriosi e il proprio lavoro era molto apprezzato dalla comunità. La gente, naturalmente, aveva un lavoro per mantenere se stessa e la propria famiglia, ma lavorava anche per la comunità. Il servizio alla comunità era obbligatorio nel “restituire” alla società che forniva tutto. Il valore religioso e culturale del ma’at (l’armonia) imponeva di pensare agli altri con lo stesso valore di se stessi e di contribuire al bene di tutti.  I grandi progetti edilizi dei re, come le piramidi, sono stati costruiti da abili artigiani, non da schiavi, che venivano pagati per le loro capacità o che si offrivano volontari per il bene superiore. Se, per malattia, per obbligo personale o semplicemente per mancanza di volontà di adempiere, non si poteva adempiere a questo obbligo, si poteva mandare qualcun altro a lavorare al proprio posto – ma si poteva farlo solo una volta. Sulla terra, il proprio posto era occupato da un amico, da un parente o da una persona che si pagava per prendere il proprio posto; nell’aldilà, invece, il proprio posto era occupato di uno shabti.

Shabti.

“Aldilà” come riflesso diretto del proprio tempo sulla terra.

What is a shabti or ushabti. Gli shabti sono il tipo di artefatto più numeroso pervenutoci dall’antico Egitto (oltre agli scarabei). Come si è detto, sono state trovate nelle tombe di persone di tutte le classi sociali, da quelle più povere a quelle più ricche e più comuni a quelle del re. Le bambole shabti della tomba di Tutankamun erano intricatamente scolpite e meravigliosamente decorate, mentre uno shabti proveniente dalla tomba di un povero contadino era molto più semplice. Non importava però se uno aveva governato su tutto l’Egitto o se aveva coltivato un piccolo appezzamento di terra, dato che tutti erano uguali nella morte; o, quasi.

Il re e il contadino erano entrambi ugualmente responsabili nei confronti di Osiride, ma la quantità di tempo e di sforzi di cui erano responsabili era dettata dal numero di shabti che avevano potuto permettersi prima della loro morte.  Allo stesso modo in cui il popolo aveva servito il sovrano d’Egitto nella sua vita, ci si aspettava che le anime servissero Osiride, Signore dei Morti, nell’aldilà. Questo non significava necessariamente che un re avrebbe fatto il lavoro di un muratore, ma ci si aspettava che i reali servissero nel loro miglior modo possibile, proprio come lo erano stati sulla terra. Più shabti si avevano a disposizione, tuttavia, più tempo libero ci si poteva aspettare di godere nei Campi Aaru. Questo significava che, se uno era stato abbastanza ricco sulla terra da potersi permettere un piccolo esercito di shabti, poteva aspettarsi un aldilà abbastanza confortevole; e così il suo status terreno si rifletteva nell’ordine eterno in linea con il concetto egiziano dell’aldilà come riflesso diretto del proprio tempo sulla terra.

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Libro dei Morti.

Il Libro dei Morti contiene incantesimi che l’anima deve pronunciare in tempi diversi e per scopi diversi nell’aldilà. Ci sono incantesimi per invocare protezione, per spostarsi da un’area all’altra, per giustificare le proprie azioni nella vita, e persino un incantesimo “per togliere dalla bocca gli sciocchi discorsi” (Incantesimo 90). Tra questi versi c’è l’Incantesimo Sei che è conosciuto come “Incantesimo per far sì che uno shabti faccia un lavoro per un uomo nel regno dei morti”. Questo incantesimo è una versione riformulata dell’Incantesimo 472 dei Testi della Bara.  Quando l’anima era chiamata nell’aldilà a lavorare per Osiride, recitava questo incantesimo e lo shabti prendeva vita e compiva il proprio dovere come sostituto. L’incantesimo recita:

“O shabti, che mi è stato assegnato, se sarò chiamato, a svolgere qualsiasi lavoro che deve essere fatto nel regno dei morti; se in effetti vi sono stati imposti ostacoli come uomo ai suoi doveri, voi mi dovrete dare i dettagli di voi stessi in ogni occasione di coltivare i campi, di inondare le rive o di trasportare la sabbia da est a ovest; “Eccomi qui”, direte.”

 

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