Giorgio de Chirico & Art: cantore della vita interiore degli oggetti. Unità tra arte, spirito e scienza.
Giorgio de Chirico & Art. Giorgio de Chirico è stato un grande maestro della pittura metafisica.. I suoi quadri sono pieni di statue inquietanti e di strade ombrose, al tempo stesso deserte e claustrofobiche. Tanti pittori hanno “preso in prestito” elementi del suo stile e della sua iconografia, tanto che la sua influenza è tutt’altro che scontata, la sostanza del suo lavoro perduta nel cliché. Una recente raccolta di poesie di de Chirico, Geometria delle ombre, tradotta da Stefania Heim, recupera qualcosa della vitalità originaria della sua arte. Come chiariscono le traduzioni di Heim, ciò che de Chirico intendeva per “metafisico” non era altro che una sorta di coscienza allegorica che rifiutava il significato finito.
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In un’opera in prosa che descrive la pittura come un’arte ermetica, de Chirico oppone il flusso dell’esperienza interiore ai vincoli del formalismo accademico. “La pittura – scrive – è l’arte magica, è il fuoco acceso dagli ultimi raggi nelle finestre dell’albergo di lusso come in quelle dell’umile baracca prima del sole al tramonto, è il segno lungo, il segno bagnato, il segno fluente e fermo che l’onda morente preme sulla sabbia calda, è il dardo della lucertola immortale sulla roccia che sfrigola nel caldo di mezzogiorno ….”. Questo flusso di immagini indica la pittura come un’esperienza spirituale, che richiede un atteggiamento di compassione. Infatti, almeno due poesie in Geometria delle ombre terminano con un Amen reverenziale. In una poesia, intitolata “Preghiera del Mattino del Pittore Perfetto”, de Chirico scrive:
“Fa’ che sia mio Signore che io possa ridare alla pittura la lucentezza
Che per quasi un secolo è mancato
E perciò il mio Signore mi aiuti prima e soprattutto
Per risolvere i problemi pittorici della mia arte,
Dal momento che i problemi metafisici e spirituali
Sono oggi dominio di critici e intellettuali!”
Amen
(Giorgio de Chirico)
Simbolismo e malinconia.
Giorgio de Chirico & Art. Il simbolismo che attraversa gran parte dell’arte visiva di de Chirico è evidente anche nella sua scrittura. Quest’ultima incorpora simbologie uniche, raccolte da fonti pagane e letterarie, per comunicare gli alti e bassi della vita nelle città moderne e tecnologicamente avanzate. Parole come “incinta” assumono nel suo lessico una connotazione metallica. Parla di “città affettate da strade asfaltate e scintillanti; abbellite dai quadranti perfetti delle piazze assolate e dalle piazze inondate di ombra” (“L’arcangelo stanco”). Altrove, in un encomio a Parigi intitolato “Vale Lutetia“, osserva che “la modernità, questo grande mistero, vive ovunque a Parigi; a ogni angolo ci si imbatte in essa accoppiata a ciò che era, incinta di ciò che sarà”. L’immaginario che de Chirico lavora nella sua poesia ha una chiarezza allucinatoria. Parla dell’immersione dell’individuo nella vita collettiva, che è solo accennata dal linguaggio della politica e dai colloquialismi familiari.
Avvolti in un’atmosfera di ansia e malinconia, le forme umanoidi di de Chirico, le architetture vacue, i passaggi ombrosi e le strade stranamente allungate evocano la profonda assurdità di un universo lacerato dalla prima guerra mondiale. Nei paesaggi urbani idealizzatie malinconici di de Chirico, le figure e gli oggetti ordinari sono rimossi dai loro contesti familiari per rivelarne la vita interiore e il significato. Edifici, statue classiche, treni, ciminiere, occhiali da sole e manichini sono giustapposti in associazioni bizzarre. Anche gli oggetti ordinari, come i biscotti, si sono impregnati di un significato “invisibile”. Ha scritto “Et quid amabo nisi quod aenigma est? (“Cosa amerò se non l’enigma?”) su un autoritratto del 1911.
Arte spirituale.
La figura con un occhio solo rappresentava il visionario. Le forme architettoniche e la disposizione della lavagna evocano l’unità tra arte, spirito e scienza: un simbolo perfetto per un artista la cui opera pittorica è stata definita “matematica”. Geometria delle ombre dettaglia l’inquietudine della mente di de Chirico mentre cercava di sviluppare un linguaggio metafisico per la pittura. Come artista, alla fine ha superato questa fase. Ciò che Geometria delle ombre conserva è il disgusto di un flâneur per il quotidiano. de Chirico ci piace definirlo un’artista profondamente spirituale, oltre che il cantore di un mondo enigmatico ed inquietante.
“Durante un chiaro pomeriggio d’autunno ero seduto su una panca in mezzo a Piazza Santa Croce a Firenze.
Non era certo la prima volta che vedevo questa piazza. Ero appena uscito da una lunga e dolorosa malattia intestinale e mi trovavo in uno stato di sensibilità quasi morbosa. La natura intera, fino al marmo degli edifici e delle fontane, mi sembrava convalescente. In mezzo alla piazza si leva una statua che rappresenta Dante avvolto in un lungo mantello, che stringe la sua opera contro il suo corpo e inclina verso terra la testa pensosa coronata d’alloro. La statua è in marmo bianco, ma il tempo gli ha dato una tinta grigia, molto piacevole a vedersi. Il sole autunnale, tiepido e senza amore illuminava la statua e la facciata del tempio. Ebbi allora la strana impressione di vedere tutte quelle cose per la prima volta.
E la composizione del quadro apparve al mio spirito; ed ogni volta che guardo questo quadro rivivo quel momento. Momento che tuttavia è un enigma per me, perché è inesplicabile. Perciò mi piace chiamare enigma anche l’opera che ne deriva.”
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