La vecchia tradizione della Taverna del Cerriglio, a Napoli, il giusto mix tra passione e cibo, oltre all’amore per la socialità, tutte caratteristiche insite nella cultura partenopea. Oggi sede di una rinomata osteria.
Taverna del Cerriglio, un locale tanto antico quanto prestigioso, nato oltre cinquant’anni fa nel centro storico della città partenopea, erede della vecchia tradizione del Cerriglio. Luogo in cui coesistevano perfettamente passione e cibo, oltre all’amore per la socialità e la giovialità, tutte caratteristiche, da tempo immemore, insite nella cultura partenopea. Per la cronaca, Gianbattista Basile menziona nella sua opera “Muse napoletane” la Taverna del Cerriglio, come il luogo in cui se canta e verna…per cui trasire a’ lo Cerriglio è doce assaje.
In realtà, nella zona chiamata d’‘o Cerriglio, ossia tra Piazzetta di Porto ed il Vicolo Santa Mariella Nova, fu fondata l’omonima taverna, che era più che un luogo nel quale consumare un pasto frugale, un autentico tempio di cultura e convivialità. L’importanza della Taverna del Cerriglio viene fornita dalla grandezza dei personaggi che hanno frequentato quel locale, parliamo di Giambattista Della Porta, Giambattista Basile, Carlo Celano, Benedetto Croce, Antonio Genovesi, Giulio Cesare Cortese ed ancora tanti altri illustri personaggi. Molti affermano che la Taverna fosse già conosciuta fin dagli ultimi anni del quattordicesimo secolo, vuoi per la qualità della sua cucina e del suo vino, vuoi per il gran numero di clienti che erano soliti recarvici.
Tuttavia solo nel 1600 che raggiunge l’apice della celebrità, epoca in cui la taverna divenne un vero e proprio luogo di ristoro, in cui si poteva trovare ogni tipo di avventore: da nobili i quali volevano provare la suggestione di incontrare il cosiddetto popolino, a semplici avventori che con pochi soldi riuscivano ad assicurarsi un pasto caldo. Di norma, però la Taverna del Cerriglio era frequentata anche da donne di facili costumi che vendevano il loro corpo, inoltre da artisti desiderosi di ispirazione ed infine da soldati in cerca di risse come passatempo.
La grande nomea della Taverna del Cerriglio portò pure “Il Caravaggio” a recarsi assiduamente nel locale, durante il suo soggiorno a Napoli. A tal proposito si narra che il famosissimo pittore Michelangelo Merisi detto “Il Caravaggio“, una sera, fu aggredito nel mentre usciva dalla taverna.
Per fortuna il pittore milanese dopo il brutto episodio continuò a lavorare ed a produrre capolavori inestimabili come: “David con la testa di Golia” , il “San Giovanni Battista” e l’ultimo suo immenso capolavoro dipinto proprio nella città di Napoli: “Il Martirio di Sant’Orsola” oggi custodito a Palazzo Zevallos Stigliano. In definitiva la Taverna del Cerriglio era capace di soddisfare tutti, grazie ad un piatto di pasta caldo, una chiacchiera ed un buon bicchiere di vino.
La tradizione del Cerriglio, evoca un concetto conosciuto molto bene nell’antica Roma, quello della condivisione del cibo e del vino presso la Taberna vinaria:ai giorni nostri se ne conserva ancora il termine, oltre a preservarne il senso e la filosofia stessa che è insita nel significato odierno di osteria.
In conclusione è giusto ricordare che anche il famoso poeta Salvatore Di Giacomo frequentatore del posto, ha celebrato la taverna nella sua poesia dal titolo “Voce d’ammore antiche” – Taverna d’ ‘o Cerriglio.