Violenza sulle donne e indifferenza: testimonianza di una giovane ragazza napoletana

Violenza sulle donne e indifferenza testimonianza di una giovane ragazza

Violenza sulle donne e indifferenza. Ecco la testimonianza di una giovane ragazza napoletana, Gaia, che alcuni giorni fa ha condiviso con la nostra redazione, la sua brutta esperienza vissuta recentemente nel capoluogo campano.

In un mondo in cui la violenza sulle donne è sempre più un tema imperante nelle cronache nazionali ed internazionali, è fondamentale che tutti facciano sana autocritica. Siamo veramente sensibili alla tematica della violenza sulle donne? ci interroghiamo seriamente su tale problema, o in realtà ne stiamo piuttosto indifferenti? Indifferenza: è questa la parola che sta alla base della dura testimonianza che una giovane ragazza napoletana, Gaia, c’ha trasmesso qualche giorno fa in redazione. La proponiamo qui di seguito sperando che il senso di “indifferenza” che la giovane donna ha disgraziatamente vissuto sulla propria pelle, in un giorno qualunque sui mezzi pubblici della città di Napoli, funga da serissimo spunto di riflessione per tutti: uomini e donne. No alla violenza sulle donne, no all’indifferenza!

“Ore 20:05, stazione di Montesanto come al solito stracolma di gente. La Cumana non è ancora partita e tutti si lamentano, normalità. Nell’attesa aspetto fuori, per prendere aria. Un simpaticissimo settantenne mi sta fissando già da un po’, si avvicina: “Signorina, ma quando parte?” … in buona fede penso “ah voleva sapere solo questo”, così mi tranquillizzo, basta pregiudizi mi dico, ha solo un viso poco gradevole e malizioso. Entro in cumana e quel simpaticissimo vecchietto si fa spazio tra la folla, proprio per venire accanto a me. “Che caldo eh?” annuisco in maniera forzata, già aveva iniziato ad infastidirmi, ma non ci penso.. e ancora: “Sto dalle 5 per strada, so pittore, faccio l’imbianchino” , fingo di non sentire perché il simpatico vecchietto inizia ad avvicinarsi sempre più al mio viso. Inizio ad essere davvero nervosa, quasi tremo. Non posso allontanarmi, la Cumana è piena. “Pure tu lavori? che fai? vieni tutti i giorni qua?”
E continua così per un po’, con altre domande simili che io fingo di non sentire.

La situazione è diventata pesante, fastidiosa, poiché inizia a guardarmi con malizia, sorride.  “Che occhi belli”, fingo ancora una volta di non sentire, “qualche volta me li dai?” “oh io scherzo eh” “che bel sorriso però” “io scherzo eh”..mi fa l’occhiolino. In questo momento sono pietrificata, all’improvviso ho davvero paura e non riesco a far altro che guardarmi intorno sperando qualcuno si accorga della situazione. Ma nulla, qualcuno ci guarda ma con disinteresse, gira la faccia. In una cumana stracolma di persone mi sento sola e indifesa. Non riesco a parlare, non so come porre fine allo strazio. So solo che mancano ancora tante fermate, so solo che devo sopportare chissà quanto ancora gli occhi neri e lucidi di quel vecchio che mi ha tolto perfino la parola. Sono immobile. La paura mi ha resa un sasso. Finalmente la Cumana arriva a Soccavo. In attesa della coincidenza scendo di corsa e mi metto al telefono, il vecchio scende con me..approfitto della sua distrazione e mi sposto verso l’ultimo vagone. Mi giro per tranquillizzarmi ma con mio dispiacere lui aveva già iniziato a cercarmi, si dirige verso di me. Io riscendo, lui mi segue. Continuo a parlare al telefono.

Tremo, ho il cuore a mille. Non riesco ad avvicinarmi a nessuno. Nessuno sembra interessarsi a quella che è stata una palese molestia da parte del vecchio, nei miei confronti. Rientro in Cumana, il vecchio si siede accanto a me. Questa volta però riesco ad allontanarmi, sposto la gente con forza, mi inizia a mancare l’aria. Finalmente devo scendere, corro velocemente, ho perso il fiato ma poco m’importa. Voglio soltanto allontanarmi da quell’orrenda faccia che mi ha fatto venire la nausea. Ma più di tutto, voglio allontanarmi da quella massa di corpi privi di spirito che hanno assistito e non hanno detto nulla. E sì, hanno sentito e visto tutto ma non si sono degnati minimamente di fare qualcosa. L’indifferenza regna ancora sovrana. “MA E’ LA DONNA CHE PROVOCA L’UOMO” “SIETE MELODRAMMATICHE, CHE SARA’ MAI” “EH MA TU INDOSSI LE GONNE CORTE”. Oggi indossavo pantaloni larghi, camicia e giacca. Ah, ma avevo le caviglie scoperte. TUTTA COLPA MIA.”

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