Giuseppe Garibaldi, ma chi era realmente costui? Una leggenda da sfatare?
Giuseppe Garibaldi, ma chi era realmente costui? Una leggenda da sfatare! Forse potremmo dire che fu un avventuriero, un negriero, un anti meridionalista ed un nemico della Chiesa. Si disse che fu eroe del nostro Risorgimento, ma in realtà, questo periodo della storia italiana, come disse Vincenzo Gioberti, fu un tempo, assolutamente senza eroi, o presunti tali. Fino al 1848, anno della prima guerra d’indipendenza, la sua vita, in verità non è assai chiara, poiché avvolta nella leggenda.
Giuseppe Garibaldi, ma chi era realmente costui? Ogni qualvolta parliamo della storia del Risorgimento italiano, il primo nome che ci viene in mente è quello del cosiddetto eroe dei due mondi, il leggendario patriota che tutti additavano come l’artefice dell’unità d’Italia, Garibaldi. Tuttavia questo personaggio esaltato e glorificato dai libri di storia era, in verità ben altro. Il poeta vate Giosue Carducci, scrisse di lui come il cantore dell’Italia mazziniana, e poi di quella crispina e coloniale. Ma anche lui si sbagliava. Andando a fondo nella sua identità, col passare degli anni si è arrivati ad affermare che il tanto osannato eroe dei due mondi fu, in sostanza, un avventuriero, un mercenario, un negriero, un nemico dell’Italia e della Chiesa. Sono parole forti che però danno il vero senso di quello che fu veramente Giuseppe Garibaldi.
Lo storico Giorgio Candeloro, nel 1982, intervistato, in merito, dal quotidiano La Repubblica, dichiarò:
“Giuseppe Garibaldi era un po’ avventuriero, un po’ uomo d’azione, ma non era un uomo che lavorasse troppo a lungo in una fabbrica di candele. Andò prima in Perù, e, come capitano di mare, prese un comando per dei viaggi in Cina. All’andata trasportò guano, mentre al ritorno trasportava cinesi per lavorare il guano: la schiavitù in Perù era stata abolita e il guano non voleva lavorarlo più nessuno. Insomma un lavoretto un po’ da negriero. Insomma fu senz’altro un tipo alla ricerca dell’avventura, un personaggio molto contraddittorio, fantasioso, quasi da romanzo, ma non parlatemi di eroe.”
L’impresa dei Mille fu la scintilla che lo fece diventare un mito, un eroe senza macchia, senza paura, e senza soldi, ma armato solo del coraggio e di ideali di libertà. Garibaldi non fu affatto quel conquistatore straordinario di cui si è tanto discusso. Nella sua spedizione al sud, Giuseppe Garibaldi contò soprattutto sull’aiuto inglese, senza il quale non avrebbe potuto mai far nulla. Corruzione e tradimenti, queste le armi in possesso del presunto eroe italiano. La vittoria che il Nizzardo ottenne al sud fu soltanto il frutto dei suoi proclami, in cui prometteva libertà e terre. Ma conosciamo benissimo cosa ne ebbe il Meridione.
Infatti le terre promesse non finirono di certo nelle mani dei contadini, verso cui dimostrava disprezzo, considerandoli i “servi dei preti”, ma allo Stato piemontese, dell’aristocrazia e della borghesia fondiaria meridionale. Al sud il mito di Garibaldi, si spense nello spazio di un mattino. Negli ultimi vent’anni della sua esistenza si diede alla scrittura, raccontando la sua vita e le sue imprese, per cercare di tenere vivo il suo mito ed anche per guadagnare, sebbene fosse già ricco avendo avuto in dono da ammiratori stranieri un panfilo ed una cambiale di 5000 lire in oro. Per il versamento più importante fu quello ottenuto nel 1875: un regalo governativo, “di gratitudine nazionale”, pari a 2.000.000 di lire offertogli dal governo De Pretis, che gli valse il soprannome di “eroe dei due milioni” dalla “Civiltà cattolica”, e di “pensionato della monarchia” da parte dei mazziniani.
Questo, dunque l’uomo che molti italiani non amarono mai, soprattutto i meridionali, dei quali, non fu affatto il liberatore , bensì l’affossatore.
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