Andrea Vaccaro e la pittura di scene di martirio: un genere che riscosse molto successo a Napoli, a riprova della devozione particolare del popolo partenopeo.
Andrea Vaccaro e la pittura di scene di martirio vanno a braccetto. L’artista napoletano, infatti, fu l’interprete maggiore di questo genere molto sentito nella città di Napoli, a testimonianza della propensione alla devozione ed ai misteri della fede del popolo partenopeo. Se Andrea Vaccaro ne fu il massimo rappresentante, la Culla della pittura del martirio fu senz’altro la Bottega del Falcone, gestita dal maestro, Aniello Falcone che insegnava ai giovani i segreti e le tecniche di tale pittura, trattandoli sempre con gentilezza quasi paterna.
Le tele raffiguravano martiri illustri come San Gennaro patrono di Napoli, il quale fu decapitato nella Solfatara, San Sebastiano che fu trafitto dalle frecce e San Lorenzo che fu bruciato sulla graticola. Tutti i dipinti di martirio sono caratterizzati dall’effetto scenico principale, corredato da episodi di secondo piano nei quali sono sempre presenti figure di guerrieri romani a piedi o a cavallo e gruppetti di popolani, il tutto condito da forti tocchi di colore ed immerso in una notevole teatralità.
Grandi artisti, quali Ribera e Giordano hanno lasciato alcune testimonianze di dipinti basati sul tema del martirio così come Andrea Vaccaro che produsse decine di quadri improntate sull’ostentazione del nudo nelle scene di martirio, nel corso della sua lunga e fulgida carriera artistica. Ma altri esponenti celebri della pittura di scene di martirio che suscitò grande attenzione da parte dei collezionisti, tra il 1640 ed il 1650, furono oltre al Falcone ed al Vaccaro, Domenico Gargiulo, Scipione Compagno. Agostino Beltrano, Niccolò De Simone, Carlo Coppola.
Tornando al Vaccaro, possiamo affermare che egli con la rappresentazione di Sant’ Agata e San Sebastiano, oltre ad essere il più ispirato cantore della figura della Maddalena è, senza dubbio, il primatista assoluto di tale arte tanto apprezzata dai napoletani. In realtà il raffigurare i supplizi derivava da una precisa volontà da parte della della Chiesa, durante il periodo della Controriforma, per cui il martire rappresentava l’eroe che esaltava i valori della fede, sacrificando anche la propria vita, affrontando con tranquillità estrema tutti i più atroci supplizi in nome di essa.
Del resto il martirio costituisce un esempio di virtù, al punto da essere richiesto dalla stessa Chiesa cattolica in qualità di sacrificio per affermare il suo primato morale rispetto al protestantesimo luterano e calvinista. Andrea Vaccaro non fece altro che esaudire le tante richieste sia degli ecclesiastici, sia dei privati, dipingendo i suoi personaggi in una luce d’estasi e beatitudine, malgrado le sofferenze impartite dai loro carnefici.
L’ostentazione del nudo è invece una scelta del pittore partenopeo, il quale era molto abile nel raffigurare il corpo umano, al punto da insegnare in un’apposita accademia dedicata all’apprendimento, la tecnica adeguata per rappresentare il corpo umano attraverso un lungo tirocinio. Nelle sue opere i santi sono raffigurati come degli eroi della Fede, alla pari dei suoi Gesù crocifissi o deposti. I personaggi sembrano più dei combattenti vigorosi che fanno paura agli stessi carnefici, invece che dei martiri in preda al dolore e alla sofferenza.
Concludendo, la pittura di scene di martirio vede nel Vaccaro l’artista più idoneo alla sua rappresentazione, in particolare quando dipingeva figure di donne sante pervase da una minima vena di erotismo, capace di stuzzicare e soddisfare il gusto dei committenti, più avvezzi a bellezze di soggetto, che a intuire il fine devozionale.