Immagine di proprietà di Crono.news

L’arte di non insistere: Lezioni dal taoismo per l’era delle chat

Come sopravvivere all'epoca dell'impazienza cronica.

L’arte di non insistere: Lezioni dal taoismo per l’era delle chat. Come sopravvivere all’epoca dell’impazienza cronica.

L’arte di non insistere. Mi affascina osservare come noi umani siamo diventati così insistenti. Lo vedo ovunque: nei caffè, negli uffici, per strada – questo fremito collettivo, questa impazienza che ci fa vibrare come corde di violino troppo tese.

Non sono immune da questi meccanismi, anche se ho sempre mantenuto una certa distanza dalle loro manifestazioni più evidenti. Sono orgogliosamente TikTok-free, per esempio, e il mio smartphone non è un’estensione del mio braccio. Eppure mi ritrovo a osservare, affascinato, le dinamiche che ci spingono a questo comportamento quasi compulsivo.

È come se fossimo tutti collegati a una gigantesca macchina della dopamina: ogni notifica, ogni like, ogni risposta immediata rilascia una piccola dose di questo neurotrasmettitore del piacere. Click, buzz, ping – e il nostro cervello si illumina come un albero di Natale. Lo vedo nei miei amici che controllano ossessivamente Instagram, nei colleghi che non possono aspettare cinque minuti per una risposta via email, in me stesso quando aspetto un feedback importante.

C’è qualcosa di profondamente ansioso in tutto questo. L’incertezza ci spaventa, il silenzio ci inquieta. Siamo come bambini nel buio che continuano a chiamare “mamma?” solo per assicurarsi che qualcuno sia ancora lì. La mancanza di risposte immediate crea un vuoto che riempiamo con più messaggi, più email, più notifiche – un ciclo che si autoalimenta.

È qui che entra in gioco il wu wei, letteralmente “non-azione” o “azione senza sforzo”, un principio che ho scoperto mesi fa durante il mio approfondimento sul taoismo attraverso i testi di Alan Watts, Lieh Tzu, Zhuangzi e Lao Tzu. E’ un approccio profondo che suggerisce di agire in armonia con il flusso naturale delle cose invece di forzarle continuamente.L’ho sperimentato nelle relazioni, nel lavoro, persino nel modo in cui aspetto che l’acqua bolla per il tè (spoiler: fissarla non la fa bollire più velocemente). È sorprendente quanto spesso le cose si risolvano da sole quando smettiamo di spingerle, di tirarle, di controllarle ossessivamente.

La parte più interessante è osservare come questa insistenza collettiva stia cambiando le nostre interazioni sociali. Siamo diventati così abituati alla gratificazione istantanea che aspettare è diventato quasi un atto di resistenza culturale. Un messaggio non letto può scatenare una catena di pensieri ansiosi. Un’email senza risposta può sembrare un rifiuto personale.

E poi c’è questa sottile competizione per l’attenzione. In un mondo dove tutti sono costantemente connessi, emergere dal rumore di fondo diventa sempre più difficile. È come essere in una stanza piena di persone che urlano sempre più forte per farsi sentire.

Eppure, paradossalmente, più mezzi abbiamo per comunicare istantaneamente, più sembriamo perdere la capacità di comunicare davvero. È come se avessimo scambiato la profondità per la velocità, la qualità per la quantità. L’ho imparato sulla mia pelle: quando smetti di insistere, quando lasci che le cose accadano nel loro tempo naturale, spesso ottieni risultati migliori di quando cerchi di forzarle. È un po’ come quando finalmente ti addormenti proprio nel momento in cui smetti di sforzarti di farlo.

Crono.news periodico online di informazione e formazione. Un magazine digitale indipendente, libero da ideologie e preconcetti. Un nuovo modo di comunicare e condividere l’informazione e la conoscenza.