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‘O muzzunaro, il raccoglitore di mozziconi della Napoli antica

Emblema della povertà più cruda e della disperata lotta per la sopravvivenza.

‘O muzzunaro, il raccoglitore di mozziconi della Napoli antica. Rappresentava l’ultimo gradino di una scala sociale che sprofondava nell’abisso della miseria.

‘O muzzunaro. Nelle strade di Napoli, quando le ombre della sera si allungavano e le luci dei lampioni cominciavano a tremolare, emergeva una figura quasi spettrale: ‘O muzzunaro, il raccoglitore di mozziconi. Questo personaggio, emblema della povertà più cruda e della disperata lotta per la sopravvivenza, era un elemento indissolubile del panorama notturno partenopeo.

Questo mestiere non era una semplice occupazione, ma una condanna. Rappresentava l’ultimo gradino di una scala sociale che sprofondava nell’abisso della miseria. Chi lo praticava? Erano gli scugnizzi, quei ragazzini di strada con gli occhi vispi e le mani veloci, o gli anziani indigenti, piegati dal peso degli anni e della sfortuna. Entrambi, giovani e vecchi, uniti da un destino comune: la lotta quotidiana contro la fame.

Con il calar del sole, il cercatore di cicche iniziava la sua danza macabra per le vie della città. Il suo equipaggiamento era essenziale quanto patetico: un lanternino tremolante per illuminare il suo cammino e una cesta logora per raccogliere il suo “tesoro”. Ma l’oggetto più importante era un bastone, quasi un’estensione del suo corpo, terminante con uno spillo affilato. Era con questo strumento che pescava i mozziconi dal selciato, come un pescatore di perle in un mare di rifiuti.

Spazzino notturno

Gli occhi di questo spazzino notturno, sempre bassi, scrutavano incessantemente il terreno. Ogni mozzicone era una piccola vittoria, ogni cicca un passo verso la sopravvivenza. Le zone più ambite erano quelle di maggior passeggio, dove i signori benestanti gettavano con noncuranza i resti dei loro sigari costosi. Il Teatro San Carlo, tempio della lirica e simbolo dell’opulenza napoletana, era per questo umile lavoratore un vero e proprio eldorado.

Ma non era solo nelle strade che il raccoglitore di avanzi di tabacco cercava la sua fortuna. I locali pubblici, avvolti nel fumo denso delle sigarette e dei sigari, erano vere e proprie miniere d’oro. Qui, tra i tavoli e sotto le sedie, si nascondevano mozziconi più lunghi e succulenti, abbandonati frettolosamente dai clienti.

Il contrasto tra la miseria di questo personaggio e il lusso che lo circondava non poteva essere più stridente. Mentre i ricchi si godevano spettacoli sontuosi al San Carlo, fumando sigari pregiati, lui raccoglieva i loro scarti, sperando di ricavarne qualche boccata di tabacco o, nei casi più fortunati, di rivenderli.

Antichi mestieri

Questo mestiere era solo uno dei tanti “antichi mestieri” che popolavano le strade di Napoli, ciascuno con la sua storia di ingegno e disperazione. C’era O Franfelliccaro, ad esempio, che con il suo carrettino trasformava la melassa in dolci profumati, un piccolo miracolo di dolcezza in mezzo alla durezza della vita di strada.

Ma ‘O muzzunaro restava forse il più emblematico, il più toccante. La sua figura curva, i vestiti logori, lo sguardo sempre rivolto a terra, erano un memento della disparità sociale, un monito vivente delle ingiustizie di un sistema che creava tali abissi tra ricchi e poveri.

Eppure, in questa figura così misera c’era una dignità straziante. Questo umile lavoratore non mendicava, non chiedeva l’elemosina. Lavorava, a modo suo, sfidando il disgusto e l’umiliazione per guadagnarsi da vivere. Era un sopravvissuto, un guerriero della strada che combatteva la sua battaglia silenziosa contro la povertà, armato solo di un bastone e di una volontà indomita.

E quindi…?

‘O muzzunaro. Oggi, questa figura è scomparsa dalle strade di Napoli, inghiottita dal progresso e dai cambiamenti sociali. Ma il suo ricordo persiste, come un’ombra nel folklore napoletano, un promemoria di tempi più duri e di una resilienza che sfidava ogni avversità.

La storia di questo mestiere non è solo la cronaca di un’occupazione estinta. È un affresco vivido di una Napoli che fu, con le sue contraddizioni, la sua miseria e la sua incredibile vitalità. È un omaggio a tutti coloro che, anche nelle condizioni più disperate, trovano la forza di andare avanti, di cercare la dignità anche nei gesti più umili.

In fondo, la figura del raccoglitore di mozziconi ci ricorda che la vera ricchezza di Napoli non sta nei suoi palazzi o nei suoi teatri, ma nella tenacia e nell’ingegno del suo popolo, capace di trasformare anche i rifiuti in un mezzo di sopravvivenza, di trovare la luce anche nelle notti più buie della storia.

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