Bulimia di stimoli: mai sazi dell’infinita abbuffata mediatica? La corrosione della memoria nell’era dell’oblio digitale.
Bulimia di stimoli. Viviamo in un’epoca caratterizzata da una sovrabbondanza di stimoli visivi e informazioni. Immersi in un oceano di segni, immagini e simboli, siamo bersagliati costantemente da input di ogni tipo, tanto da parlare di “bulimia” per descrivere questo fenomeno. I social network, gli schermi onnipresenti, la pubblicità invadente, ci sommergono di contenuti effimeri, fugaci, che scorrono senza posa davanti ai nostri occhi. Tutto scorre veloce, tutto è usa e getta. Manca il tempo per fermarsi, per sedimentare, per custodire nella memoria.
Turbinio caotico di segni.
In questo turbinio caotico di segni e significati, l’anima rimane affamata. Si nutre voracemente di stimoli esterni, ma non riesce ad assimilarli, a farli propri. È come se tutto scivolasse via senza lasciare traccia. Così, i ricordi sbiadiscono sempre più velocemente. Le esperienze perdono consistenza. I volti e i luoghi del passato annebbiano nella mente. Quasi tutto sembra destinato all’oblio. Anche il presente perde densità, spessore. Viviamo alla superficie delle cose, senza mai tuffarci in profondità. Consumiamo distrattamente un’infinità di contenuti, senza coglierne davvero il senso, il messaggio più autentico. È come se, frastornati dal troppo, finissimo per smarrire il contatto genuino con la realtà. Perdessimo la capacità di vivere il qui e ora in modo intenso e consapevole.
Anche la bellezza ne esce mortificata. L’arte e la cultura diventano prodotti di consumo da bruciare in fretta. La grande letteratura cede il passo agli sms. La pittura è sostituita dalle immagini patinate. La poesia lascia spazio alla comunicazione concisa e funzionale.
Nell’orgia bulimica di stimoli, tutto si appiattisce e si banalizza. Si perdono le sfumature, le complessità. La superficialità dilaga. E con essa, il senso di vuoto e noia. Perché niente sazia davvero. Nessuna icona su uno schermo può nutrire l’anima come la natura, l’arte, i rapporti umani autentici. Nessuno status update restituisce il calore di un abbraccio.
L’attesa.
Anche la magia dell’attesa viene soffocata. Tutto è immediatamente disponibile, a portata di click. Qualsiasi prodotto, servizio, contenuto. Basta cercare online per trovare all’istante ciò che si desidera. La consegna è garantita nel giro di pochi giorni, se non ore. Ma l’attesa è essa stessa parte preziosa dell’esperienza umana. È quel senso di trepidazione mista a speranza che precede il compiersi di un evento importante. Che sia un viaggio, un incontro significativo o semplicemente il ricevere una lettera da una persona cara.
L’attesa stimola l’immaginazione e accresce il desiderio. Fa battere il cuore per la gioia che verrà. Ci rende più grati quando il momento magico si realizza. Privandocene, la bulimia consumistica ci sta rubando questa dimensione incantevole. Sta appiattendo la vita al presente, privandola della profondità temporale. Del ricordo e dell’anticipazione. Della felicità dell’aver atteso. Sta erodendo la nostra umanità, ottundendo i sensi, offuscando la bellezza del mondo.
Bulimia di stimoli. Come rimediare? Forse rallentando i ritmi, staccandoci dagli schermi, ritagliandoci spazi e tempi per nutrire mente, cuore e spirito. Per dedicarci all’arte, alla lettura, alla contemplazione. Per tessere legami umani più profondi. Forse riscoprendo il valore dell’attesa come parte integrante dell’esperienza umana. Imparando ad attendere senza ansia ciò che conta davvero. Ascoltando il silenzio dentro e fuori di noi.
La Memoria.
Forse ricordando che siamo esseri temporali, il cui compito è quello di dare forma narrativa alle nostre esistenze. Sedimentando esperienze, custodendole nella memoria. Trasmettendole ad altri, di generazione in generazione.
Siamo fatti di tempo, plasmati dal susseguirsi di istanti ed eventi. La nostra identità si costruisce giorno dopo giorno, esperienza dopo esperienza. La vita prende forma attraverso le scelte, i gesti, le parole, i pensieri che incarniamo nel mondo. Siamo, per nostra natura, dei narratori, dei cantori delle nostre esistenze. Fin dall’infanzia iniziamo ad accumulare ricordi ed emozioni, intuizioni ed incontri, che vanno a comporre la trama unica della nostra storia. Una storia di cui siamo insieme autori e protagonisti.
Ma questo delicato intreccio, così prezioso, così denso di significato, può sfilacciarsi e perdersi se viviamo in modo troppo frenetico e frammentario. Abbiamo bisogno di ritagliarci del tempo per noi, per coltivare la nostra interiorità. Tempo per vivere pienamente il presente, senza farci sfuggire le mille sfumature di ogni ora.
Bulimia di stimoli. E tempo anche per riguardarci allo specchio della memoria, rispolverando il passato. Per sedimentare ciò che abbiamo vissuto, stabilizzando i ricordi. Per rievocare i volti, i colori, le emozioni di ieri. Per intesserli nel grande arazzo della nostra storia personale. Così le esperienze acquistano consistenza, si legano in una trama solida e articolata. Così la nostra identità si consolida, mentre il passato illumina e orienta il nostro cammino futuro.
Ed è nostro compito, una volta assimilato il senso della nostra esistenza, trasmettere questa eredità di ricordi e di saggezza ai giovani, ai nostri figli, a chi verrà dopo di noi. Affinché le storie personali si intreccino in un destino comune. Affinché il filo rosso della memoria unisca le generazioni, donando a ciascuno le radici per costruirsi e le ali per spiccare il volo verso il proprio futuro.
Siamo anelli di una catena, eredi e testimoni. Il senso ultimo della vita risiede forse proprio nel prendersene cura, nel ricevere con gratitudine e trasmettere con generosità questa staffetta di luce che ci tiene uniti nel grande cerchio del tempo. Così che, fra tanti segni effimeri che si dissolvono, possano germogliare solide radici di senso. E fiorire nuova linfa per la nostra, fragile, meravigliosa umanità e bandire la tremenda bulimia di stimoli che stiamo vivendo.
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