Varietà di Calabi-Yau, cigni neri e limiti della conoscenza scientifica. Un cigno nero è un evento estremamente raro e improbabile, impossibile da prevedere.
Le varietà di Calabi-Yau sono oggetti matematici estremamente complessi che compaiono nella teoria delle superstringhe, una teoria che aspira a conciliare la meccanica quantistica con la relatività generale. Queste varietà servono a modellare le ipotetiche dimensioni extra dello spaziotempo, oltre le consuete tre dimensioni spaziali e una temporale.
Secondo la teoria delle superstringhe, le particelle puntiformi sono in realtà minuscole stringhe vibranti in un iperspazio a 10 o 11 dimensioni. 6 o 7 di queste dimensioni sono arrotolate su scale estremamente piccole, al di sotto della portata dei nostri strumenti. Le varietà di Calabi-Yau forniscono il modello matematico per descrivere la forma di questo arrotolamento ultracompatto.
Le dimensioni extra previste dalla teoria delle stringhe sono talmente piccole da sfuggire alla nostra osservazione. Eppure, alterano in modo sottile le proprietà delle particelle e delle forze che osserviamo. È come se esistesse una realtà più profonda che influenza ciò che percepiamo, ma che non possiamo sperimentare direttamente.
Qui entra in gioco il concetto di “cigno nero” introdotto dal filosofo e matematico Nicholas Taleb. Un cigno nero è un evento estremamente raro e improbabile, impossibile da prevedere, che ha un impatto enorme. La metafora si riferisce al fatto che in Europa si credeva che tutti i cigni fossero bianchi, finché non fu scoperto il cigno nero australiano.
Le dimensioni extra previste dalla teoria delle stringhe sono, in un certo senso, dei “cigni neri”: eventi difficili anche solo da immaginare, che sovvertirebbero le nostre convinzioni sullo spaziotempo se mai fossero osservati. Proprio come un cigno nero, la loro esistenza è predetta dalla teoria, ma non possiamo ancora verificarla sperimentalmente.
I fisici cercano indizi indiretti di queste dimensioni nascoste, ad esempio attraverso minuscoli effetti quantistici. Ma per ora non abbiamo prove definitive. Servirebbero esperimenti a energie altissime, simili a quelle del Big Bang, per sondare questi regni inaccessibili.
In assenza di conferme empiriche, i fisici teorici si affidano a modelli matematici complessi, come le varietà di Calabi-Yau, per descrivere questi spazi multidimensionali ipotetici. Si tratta di una speculazione audace e controintuitiva, che però potrebbe rivelare realtà più profonde.
Qui entra in gioco il concetto di shraddha nella filosofia Vedanta. Nelle Upaniṣad, testi sacri induisti, la shraddha viene definita come una profonda fede e convinzione che trascende la pura razionalità. Non è una fede cieca, ma una forma di intuizione che permette di contemplare realtà altrimenti inconcepibili.
La shraddha è ciò che consente al cercatore spirituale di aprirsi a verità che vanno oltre i limiti della mente razionale. Richiede di lasciar andare le proprie certezze per aprirsi a possibilità mai immaginate prima. È una fiducia nella realtà ultima, anche quando il suo vero volto rimane nascosto.
In un certo senso, i fisici teorici che elaborano modelli come le varietà di Calabi-Yau stanno facendo un atto di shraddha. Affidandosi alla matematica, esplorano regni dell’esistenza radicalmente sconosciuti, inaccessibili ai nostri sensi e alla nostra ragione ordinaria.
Devono lasciare andare nozioni comuni come lo spazio tridimensionale e la causalità lineare, per contemplare la possibilità di dimensioni arrotolate su scale minuscole e di particelle vibranti in molteplici dimensioni. Si tratta di un salto concettuale che richiede un profondo atto di fede nella capacità della mente umana di sondare i misteri ultimi della realtà.
Ora, una riflessione conclusiva che lega insieme questi tre concetti: varietà di Calabi-Yau, cigni neri e shraddha.
Le elegantissime e misteriose varietà di Calabi-Yau sono forse ciò che di più simile abbiamo, nella fisica teorica contemporanea, a dei veri e propri “cigni neri”: eventi estremamente rari e improbabili che, se osservati, avrebbero il potere di ribaltare radicalmente la nostra visione della realtà.
Questi oggetti matematici modellano dimensioni dello spaziotempo talmente alieni da sfidare l’immaginazione. Eppure, se esistessero realmente, segretamente plasmerebbero il comportamento delle particelle e delle forze a noi familiari. Rappresentano l’ignoto che influenza il noto. Occorre abbandonare il territorio rassicurante delle tre dimensioni spaziali e della fisica classica, per avventurarsi in spazi matematici multidimensionali governati da leggi quantistiche.
È un pellegrinaggio speculativo verso l’inconcepibile. Eppure, paradossalmente, questo “salto nel buio” potrebbe rivelarsi l’unico modo per gettare luce sui segreti più profondi del cosmo. Perché è ai confini dell’immaginabile che si nascondono i cigni neri che possono cambiare il paradigma della nostra conoscenza.
Le varietà di Calabi-Yau, nella loro sconvolgente bellezza matematica, sono il simbolo di questa fiducia nell’inatteso. Ci ricordano che la realtà ha sempre il potere di stupirci e di confutare le nostre certezze più radicate. Per svelarne i misteri serve coraggio, intuizione e quella forma speciale di fede che è la shraddha: la convinzione che ci siano verità là fuori che superano infinitamente la nostra comprensione presente.
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