La testuggine, formazione di fanteria dell’esercito romano

La testuggine o “testudo” in latino, era una formazione di fanteria dell’esercito romano che richiedeva una perfetta coordinazione di movimenti tra tutti i componenti del gruppo.

La testuggine fu ideata appositamente per un drappello di legionari, armati con il gladio e con i caratteristici, grandi scudi rettangolari di cui erano in dotazione e se ben disposta sul campo, offriva due grandi vantaggi per le truppe dell’Urbe ovvero, di permettere alle stesse di portarsi a contatto con le prime linee nemiche, al riparo da proiettili e dardi di vario tipo, oltre a quello di nascondere l’effettivo numero di soldati che avrebbero preso parte, di li’ a poco, alla contesa, generando in tal modo, il classico effetto sorpresa. Fu proprio il grande vantaggio che garantiva questo tipo di schieramento, a permettere di essere usato con grande successo in tutti i tipi di assedio messi in atto durante quegli anni. Lo schieramento di forma quadrata o rettangolare, era composto da più file di fanti pesanti armati con grandi scudi rettangolari e allineati spalla a spalla. I soldati che formavano la prima fila, tenevano gli scudi disposti a protezione frontale, a guisa di una vera e propria barriera che si estendeva senza soluzione di continuità. Nello stesso modo, erano schierati i soldati sulle corsie laterali, mentre nel cuore della formazione, a file alternate a partire dalla seconda, gli scudi venivano maneggiati in modo da proteggere in alto i fanti sottostanti sia dalla fila immediatamente precedente che da quella successiva.

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Una formazione impenetrabile.

L’immagine che si presentava al nemico, era dunque quella di una maestosa massa omogenea e compatta, protetta in modo impenetrabile anche se va precisato che la testuggine, aveva due lati piuttosto vulnerabili ovvero quello posteriore ed inferiore che corrispondeva precisamente alla gambe dei soldati. Somigliante al carapace delle tartarughe da cui prende appunto il nome, questo tipo di schieramento permetteva alle truppe di avanzare in modo semplice e sicuro fino ad una distanza minima dai soldati avversari, per poi successivamente rompersi quando cominciava il vero combattimento corpo a corpo. Un primo esempio di testuggine, viene menzionato dallo storico Tito Livio durante l’assedio di Veio del VI secolo a.C. Durante il corso dello stesso, i soldati romani dimostrarono una grande capacità di serrare le fila, quasi come delle tegole di un tetto che riparano gli interni della casa da una fitta pioggia di frecce e dardi. Questo, sovrapponendo semplicemente gli scudi e tenendoli fermi, alzati sulle loro teste, in un movimento sincronizzato, frutto di duri e meticolosi addestramenti. Una sorta, dunque, di carro armato dell’antichità che avanzava indistruttibile, sotto i colpi degli arcieri nemici, limitando al minimo le perdite.

Necessità di affiatamento.

La testuggine veniva utilizzata per avvicinarsi alle mura avversarie o in campo aperto, nel corso di una battaglia, quando i legionari venivano circondati da ogni lato, come successe durante la campagna partica di Marco Antonio. Inoltre, affinchè fosse efficace, la testuggine abbisognava di grande affiatamento tra i reparti e di un efficiente sincronismo nei movimenti, frutto, come accennato in precedenza, di esercitazioni specifiche, come afferma di seguito, Cassio Dione:”Descriverò ora la formazione a testuggine e come si forma. I bagagli, la fanteria leggera ed i cavalieri sono collocati al centro dello schieramento. Una parte della fanteria pesante, armata con gli scudi concavi semicircolari, si dispone a forma di quadrato (agmen quadratum) ai margini dello schieramento, con gli scudi rivolti verso l’esterno a protezione della massa. Gli altri che hanno gli scudi piatti, si raccolgono nel mezzo e stringendosi alzano gli scudi in aria a difesa di tutti. Per questo motivo, in tutto lo schieramento si vedono solo gli scudi e tutti sono al riparo dalle frecce nemiche, grazie alla compattezza della formazione. […] I Romani ricorrono a questa formazione in due casi: quando si avvicinano ad una fortezza per conquistarla […]; o quando, circondati da ogni parte da arcieri nemici, si mettono in ginocchio in contemporanea, compresi i cavalli che sono addestrati a mettersi sulle ginocchia o a sdraiarsi a terra. così fanno credere al nemico di essere sfiniti e quando i nemici si avvicinano, si alzano all’improvviso e li annientano”.

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