O’ Mastuggiorgio: alla riscoperta di un antico mestiere partenopeo, oggi scomparso
Cristina Gragnaniello
O’ Mastuggiorgio: alla riscoperta di un antico mestiere partenopeo, oggi scomparso. Di solito di corporatura abbastanza robusta, con manone spropositate, aveva il compito di sorvegliare le persone affette da squilibrio mentale perché non facessero del male a loro stesse o ad altri. Egli era una sorta di aiuto psichiatra ed interveniva, qualora necessario, bloccando il paziente agitato, infilandogli la cosiddetta camicia di forza.
O’ Mastuggiorgio: chi era costui? Parliamo di un antichissimo mestiere napoletano, che oggi non esiste più. Colui che esercitava questa mansione, si trovava nei manicomi ed era una specie di infermiere, solitamente di corporatura abbastanza forte e robusta, con delle grosse mani, il quale si incaricava di sorvegliare le persone affette da squilibrio mentale, perché non procurassero del male a loro stesse o agli altri. Insomma o’ Mastuggiorgio non era altri che un collaboratore dello psichiatra ed aveva il compito di intervenire, qualora necessario, bloccando il paziente agitato, infilandogli la cosiddetta camicia di forza, la quale gli impediva ogni movimento.
O’ Mastuggiorgio,è termine oggi quasi sconosciuto, ma da dove trae origine? Esistono molte teorie in merito all’etimologia di questo vocabolo, una delle quali fa nascere la parola rifacendosi al termine greco mastigophòros, ovvero il “portatore di frusta”, colui che usava tale arma per placare gli animi delle persone più agitate. Un’altra tesi meno dotta ma forse più attendibile, vede la sua origine da tale Mastro Giorgio Cattaneo,il quale era un castigamatti vissuto nel diciassettesimo secolo che pensava di curare le malattie della mente attraverso le percosse e gli schiaffi. Quest’ultimo colpiva violentemente i malati con un bastone. In verità I “castigamatti” o “fustigatori” erano gli psichiatri e gli infermieri dell‘ospedale degli Incurabili di Napoli ed il nome lascia intendere molto bene la violenza fisica con la quale venivano trattati, i malati di mente ivi ricoverati.
O’ Mastuggiorgio, in realtà è un termine che appare anche nella letteratura partenopea. Infatti il poeta napoletano Salvatore di Giacomo, nella sua poesia dal titolo “Si è Rosa ca mme vò”, si ispira aitante infermiere: “Nzerrateme, nzerrateme addò stanno, tant’ate, comm’a me, gurdate e nchiuse, addò passano ‘a vita, sbarianno, pazze cuiete e pazze furiuse. Nchiuditeme pè sempe ‘int’a sti mmura, è o mastuggiorgio mettiteme allato.” Stessa cosa dicasi per Raffaele Viviani, il quale cita il termine in ‘O guappo nnammurato”, dove bistrattato ed umiliato dai continui soprusi da parte della donna amata, dice di essersi ridotto allo zimbello del paese, come o’ “mastuggiorgio”, ossia l’infermiere di manicomio.
Attualmente, nel capoluogo campano, il termine viene usato soprattutto come appellativo, ma ha una doppia funzione: può rappresentare un uomo forte e determinato, capace di prendere le redini di una situazione difficile, ma nello stesso tempo può definire una persona violenta, pronta a tutto pur di ottenere ciò che vuole.