Sanniti contro Romani, la guerra infinita.
Sanniti contro Romani: Del coraggio e dell’indole guerriera dei sanniti, abbiamo già ampiamente parlato, raccontando del celebre episodio delle “Forche Caudine”, il quale fece conoscere a tutto il mondo il tignoso nemico che mise in difficoltà l’impero romano, nella sua espansione verso il resto della Penisola. Dopo quell’episodio, l’esercito dell’Urbe, aveva da tempo sottomesso le tribù italiche che erano state preziose alleate di Annibale. Nonostante un lungo periodo di pace, continuava però a rifiutare di concedere loro la cittadinanza, con gli annessi diritti che essa garantiva. Tra i fautori del “si”, ci fu il tribuno della plebe Marco Livio Druso, il quale si schierò a favore della causa italica, avanzando proposte di legge in Senato, volte a favorire l’estensione del privilegio anche a coloro i quali non erano “cives” per “ius sanguinis” ma tale proposta, non piacque né ai senatori né, tantomeno, ai cavalieri.
Roma tiranna.
Sanniti contro Romani: L’avversione fu tale che alcuni seguaci del console Lucio Macio Filippo (uno degli oppositori della legge), inviarono un sicario ad assassinarlo. Ciò rappresentò la scintilla che infiammò gli animi già bellicosi, delle popolazioni italiche. Sanniti, Marsi, Peligni, Piceni, Marrucini e Vestini, unirono le forze creando una Lega Italica ed elessero quale sua capitale, Corfinium (l’attuale Corfinio, nei pressi di Sulmona), pronti a richiedere a gran voce, la cittadinanza romana. Ad un nuovo rifiuto del Senato, decisero, però, che la misura era colma, e dichiararono ufficialmente guerra contro “Roma tiranna”, come la definivano, scatenando quella che divenne ben nota come “Guerra Sociale”, una battaglia particolarmente cruenta che si svolse principalmente tra l’Abruzzo e la Campania. Il primo focolare, divampò ad Ascoli dove un pretore e un legato, entrambi romani, furono massacrati. Le tribù italiche, decisero, dunque, di darsi un assetto organizzativo stabile, sul modello di quello dell’Urbe,eleggendo due consoli scelti tra le tribù; uno, appartenente ai Marsi, Quinto Poppedio Silone ed uno, ai Sanniti, Gavio Papio Mutilo. Coniarono inoltre una moneta comune, sulla quale compariva per la prima volta nella storia, accanto ad una bellissima testa femminile cinta d’alloro, il nome Italia.
Gaio Ponzio Telesino, condottiero sannita.
Sanniti contro Romani: Dal punto di vista militare invece, spiccò la valorosa figura del condottiero sannita Gaio Ponzio Telesino. Originario di Telesia, uno dei principali centri del Sannio e probabile discendente di Gaio Ponzio Telesino, il quale salì alla ribalta per il noto episodio delle Forche, questo impavido e tenace guerriero, guidò tra il 90 e l’88 a.C, come testimoniano alcune fonti storiche, il popolo italico nelle summenzionata Guerra Sociale anche se rivestì un ruolo di primo piano, soprattutto nella Guerra civile romana dell’ 83-82 a.C. Contrastare la fazione aristocratica romana, guidata da Lucio Cornelio Silla arroccata nella sua convinzione e provare a condurre quella democratica alla vittoria, era impresa ben ardua ma nonostante ciò, Ponzio non si perse d’animo. Insieme al suo contingente composto da circa 70.000 uomini e affiancato dai Lucani di Marco Lamponio, marciò in direzione di Praeneste, lungo la via Latina, per liberare il giovane Gaio Mario, assediato all’interno dall’esercito sillano. Ma furono fermati, ben prima di giungere alla meta. Silla si era difatti portato rapidamente verso sud, fermando l’avanzata nemica e nonostante l’arrivo dei rinforzi diretti da Lucio Giunio Bruto Damasippo e Gaio Albinio Carrina, i sanniti dovettero abbandonare il proprio obiettivo. Convinto che la situazione sarebbe addirittura peggiorata e spaventati dal pericolo che Gneo Pompeo sarebbe potuto giungere a dar manforte a Silla, Ponzio Telesino cambiò strategia e cominciò a marciare con il suo esercito, di notte e con grande rapidità, verso Roma, approfittando del fatto che era stata lasciata, nel frattempo, incustodita.
Vicino ad un clamoroso successo.
Sanniti contro Romani: Si avvicinò ad un clamoroso successo, riuscendosi a portare a ridosso di Porta Collina ma Silla riuscì a giungere sul posto, appena in tempo, ed ivi fu combattuta la battaglia decisiva (detta, appunto, di Porta Collina). Grande fu l’ardore e la caparbietà della fazione italica; come ci racconta, difatti, lo storico Gaio Valleio Patercolo, il condottiero sannita dimostrò un coraggio fuori dal comune e racconta che durante i combattimenti, avrebbe cercato di galvanizzare personalmente i suoi guerrieri, cavalcando in prima linea lungo le fila e affermando trionfalmente che era giunto il giorno della vendetta durante il quale Roma stava per essere distrutta e che i predatori della libertà, i “rapitore italicae libertatis”, sarebbero stati finalmente annientati. Pur tuttavia, la sua determinazione non pagò e alla fine, l’esercito di Silla riuscì ad avere la meglio, anche se non dopo aver sudato le proverbiali sette camicie. Inizialmente, i sanniti, riuscirono difatti a travolgere l’ala sinistra delle truppe aristocratiche e Silla, che ne era al comando, rischiò seriamente di essere ucciso e riuscì per il rotto della cuffia a ripiegare fino alle mura.