Vincenzo Gemito “ò scultore pazzo”, genio e sregolatezza della Napoli ottocentesca, genio e sregolatezza della Napoli ottocentesca, fu uno degli artisti più illustri dell’epoca.
Personaggio, sicuramente sui generis, Vincenzo Gemito, scultore napoletano dell’ottocento, soprannominato o scultore pazzo, perché tormentato e segnato da profondi squilibri mentali, fu uno degli artisti dell’epoca, tra i più rappresentativi della città partenopea. Vincenzo Gemito fu abbandonato dalla madre nella famosa ruota dell’Ospedale Annunziata di Napoli, classico rifugio dei trovatelli della città.
Il suo orecchio destro era bucato da un cerchietto d’oro. Al comune fu registrato con il nome di Vincenzo Genito, che in seguito si trasformò in Gemito a causa di un errore di trascrizione del funzionario comunale. Dopo quattordici giorni dalla nascita fu adottato da Giuseppina Baratta, una giovane donna napoletana che aveva da poco perso un figlio nato morto.
Vincenzo Gemito trascorse la sua adolescenza con la madre adottiva, facendo svariati mestieri come il muratore, il fabbro, il sarto, il garzone del bar e così via. Intanto Giuseppina Baratti, si era risposata con il falegname Francesco Jadiciccio, un bravissimo uomo che lui chiamava affettuosamente masto Ciccio.
Fin da ragazzo Gemito dimostrò tutto il suo talento per la scultura. A dodici anni si iscrisse già all’istituto di Belle Arti, dove conobbe i più noti ed importanti artisti del secolo XIX. Si può dire che si formò assolutamente da solo, un autodidatta provetto, il quale iniziò con la produzione di terracotte e bronzetti. Le sue opere più importanti furono Il Giocatore, il Malatiello ed il busto di Giuseppe Verdi. Nel suo laboratorio produsse notevoli ritratti in bronzo, nonchè le sculture del pescaturiello e del pescatore.
Questi ultimi diventarono diventarono il soggetto per eccellenza della scultura partenopea tra ottocento e novecento. Nel 1877 Gemito, già noto con l’appellativo di “o scultore pazzo” si trasferì a Parigi dove riuscì a ritrarre i volti più famosi dei personaggi della capitale francese. Dopo circa tre anni, alla morte della compagna Matilde decise di tornare a Napoli per impiantare una propria fonderia.
In verità l’originalità delle sue opere scaturisce dalla sua formazione di autodidatta, capace di agire con uno schietto senso del reale. Gemito è stato un artista istintivo, molto dotato, protagonista di un tipo di scultura particolare, con uno stile completamente diverso dagli altri artisti dell’epoca. A soli diciannove anni si mette in luce con un autentico capolavoro “il Bruto”, ovvero una scultura che ritrae uno “scugnizzo” napoletano con il volto incupito ed arrabbiato.
Per la sua innata stravaganza ed il suo estremo realismo, fu considerato un genio ed un folle allo stesso tempo dai suoi contemporanei. L’artista napoletano fino all’ultimo ha cercato la perfezione, tale era la sua dedizione per l’arte e la scultura in particolare.
Non ebbe una grossa notorietà nei salotti buoni della Napoli bene, tuttavia o scultore pazzo, alias Vincenzo Gemito, resta una pietra miliare della scultura, non solo partenopea, del diciannovesimo e ventesimo secolo.
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