Carmela di Sergio Bruni: canto dal profondo dell’anima. Era lei la rosa, la pietra, la stella, l’essenza di tutto ciò che l’innamorato aveva di più caro al mondo.
Carmela di Sergio Bruni. L’aria frizzante della notte avvolgeva i vicoli bui e angusti, mentre una melodia struggente si levava dalle labbra di un uomo che vagava senza meta tra le ombre. La sua voce echeggiava tra le case diroccate e le finestre socchiuse, portando con sé una tristezza profonda, un dolore che sembrava aver scavato un solco indelebile nell’anima dell’uomo. Era come se ogni parola fosse una lacrima, una confessione di un amore che non poteva essere vissuto fino in fondo.
Era Carmela, la musa ispiratrice di questa ballata, che occupava ogni pensiero, che faceva battere il cuore con una forza che pareva potesse rompere il petto. Era lei la rosa, la pietra, la stella, l’essenza di tutto ciò che aveva di più caro al mondo. Ma lei era lontana, irraggiungibile, come una stella che brilla nel cielo ma che non può essere toccata.
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Eppure l’uomo continuava a cantare, a gridare il suo amore al mondo intero, come se le parole potessero far arrivare la sua voce fino alle orecchie di lei, fino a farle capire la sua disperazione. Ma era tutto inutile, perché il mondo sembrava averlo abbandonato, come se il sole, che ogni giorno sorgeva e tramontava, non lo risparmiasse neppure per un attimo dalla sua solitudine.
Eppure, nonostante tutto, l’uomo continuava a credere nell’amore, a vederlo come l’unico baluardo contro la morte, come l’unico modo per dare un senso alla vita. Era una speranza che lo faceva resistere, che lo faceva lottare ogni giorno per la sua felicità, per la felicità di lei.
Ma il tempo passava inesorabile, e la notte si faceva sempre più fitta intorno a lui. Era come se il buio lo avvolgesse, come se volesse inghiottirlo, portarlo via con sé. Ma lui resisteva, stringendo al petto la speranza di una notte d’amore con la sua amata, di un abbraccio che potesse far dimenticare per un attimo il dolore.
E così, mentre la sua voce si faceva sempre più flebile, mentre le sue lacrime si mescolavano alle ombre della notte, l’uomo continuava a cantare, a gridare al mondo la sua disperazione, la sua speranza, la sua fede nell’amore.
Era un canto struggente, un canto che sembrava provenire dal profondo dell’anima, che sembrava racchiudere in sé tutte le emozioni umane, dalla gioia alla tristezza, dalla speranza alla disperazione. Era un canto che non conosceva confini, che non conosceva lingue, che non conosceva limiti.
Era il canto di un uomo che amava, che soffriva, che sperava. Era il canto per Carmela, la musa ispiratrice di una ballata destinata a restare nel cuore di tutti per sempre.
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