la battaglia di Canne
La battaglia di Canne

La Battaglia di Canne del 216 a.c. il principale combattimento della II guerra punica

Il principale combattimento della II Guerra Punica.

La Battaglia di Canne del 216 a.c. il principale combattimento che caratterizzò la II guerra punica. Si tratta di una grande sconfitta dell’esercito romano capeggiato dai consoli Lucio Emilio Paolo e Gaio Terenzio Varone per mano delle truppe cartaginesi guidate dal famoso Annibale, che nonostante inferiori numericamente al nemico riuscirono a vincere lo scontro impari.

Link Battaglie di Canne – Seconda parte.

La battaglia di Canne del 2 Agosto del 216 a.c.  è senza dubbio una delle principali battaglie che hanno caratterizzato la II guerra punica nonché una delle più cruente di sempre. Fu combattuta a Canne, in Puglia, dove l’esercito cartaginese guidato da Annibale, accerchiò e annientò totalmente l’esercito romano guidato dai consoli Lucio Emilio Paolo e Gaio Terenzio Varrone, numericamente superiore e più attrezzato. Vari sono i resoconti su questo significativo evento. Il più vicino è quello dello storico Polibio (200 – 124 a.c) scritto circa cinquanta anni dopo il suo accadimento mentre Tito Livio (59 a.C – 17 d.C), l’ha narrata al tempo di Augusto.

La Battaglia di Canne. Studiata ancora oggi dagli esperti e studiosi, è considerata una della più grandi manovre tattiche che la storia militare abbia mai conosciuto ed una delle onte più dolorose che l’Impero dovette subire, seconda per questo motivo, soltanto alla battaglia di Arausio. Riusciti a riorganizzarsi dopo le sconfitte patite poco tempo prima nelle battaglie di Trebbia (218 a.C) e del Lago Trasimeno (217 a.C), i romani misero su un esercito di ben 86.000 uomini per chiudere la partita contro Annibale.

La battaglia di Canne: Fu scelta una formazione  a ranghi serrati, mentre il condottiero africano, utilizzò l’ingegnosa idea della manovra a tenaglia per chiudere in un’autentica morsa, la stessa che poi Scipione l’Africano, utilizzerà nella battaglia di Zama, per avere la meglio su di lui. La guerra punica, cominciò indubbiamente sotto una cattiva stella per l’Urbe. Penetrato in inverno attraverso le Alpi, Annibale colse di sorpresa i nemici e nonostante avesse perso molti uomini ed elefanti durante il tragitto, riuscì ad imporsi nelle battaglie del Ticino, della Trebbia e del Lago Trasimeno (in quest’ultima, i romani furono quasi annientati).

Il temporeggiatore.

La Battaglia di Canne. Roma cominciò a tremare di fronte ad un nemico così astuto e spietato. Fu dunque nominato un dittatore, Quinto Fabio Massimo (detto il temporeggiatore) che utilizzò contro il nemico, la tattica del logoramento. Quest’ultima, consisteva in pratica nell’evitare il combattimento e nell’intercettare, piuttosto, tutti i rifornimenti attraverso cui l’esercito nord-africano avrebbe potuto approvvigionarsi. Tuttavia, tale tattica non ebbe molto successo tra i ranghi militari romani che da sempre amavano guardare gli avversari negli occhi, mettendo in mostra le proprie capacità belliche. Si temeva, inoltre, che il saccheggio avrebbe potuto minare la fiducia degli alleati. Pertanto, dopo essere scaduto il mandato semestrale del dittatore, si decise all’unanimità di non rinnovarlo e di nominare, al suo posto, i consoli Gneo Servilio e Marcio Attilio Regolo, i quali preferirono adottare una tattica attendista.

Ma neanch’essa, fu accolta con entusiasmo dal popolo e dai senatori. L’anno dopo (216 a.C), fu dunque la volta dei consoli Lucio Emilio Paolo e Gaio Terenzio Varrone. Quest’ultimo, in particolare, era apprezzato per il suo animo pugnace, bramoso di ingaggiare una battaglia campale con Annibale, al contrario del collega, che invece voleva attendere il fluire degli eventi. Tutti i torti, in effetti, non li aveva se si pensa che il condottiero cartaginese disponeva di una cavalleria superiore per numero e capacità a quella nemica, dunque altro non aspettava che una battaglia campale per fare terra bruciata intorno a sé. L’unico che potrà competere con lui, sarà soltanto Scipione ma in quel periodo, era troppo giovane (aveva soltanto 20 anni).

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La battaglia.

La battaglia di Canne: Dalle fonti storiche in nostro possesso, il racconto della battaglia, non appare univo. Se Polibio narrò difatti gli accadimenti in maniera stringata, Tito Livio esagerò, secondo la maggior parte degli studiosi, sulle difficoltà di Annibale. Il primo, comunque, raccontò che Annibale, mosse anzitempo le sue truppe da Geronio, per occupare la rocca di Canne in modo da potersi appropriare di una posizione strategica, favorevole. I romani, sull’altra sponda, una volta raccolto il grano e i vettovagliamenti nei pressi di Canusio li portarono nell’accampamento di Geronio. Ma la rocca di Canne, ormai in mano nemica, si trovava nel territorio degli Apuli, al nord del Gargano, dunque tra i romani ed i vettovagliamenti e dunque ciò cagionò non pochi problemi all’esercito della Capitale, come scriveva Polibio:” ….ha causato grande scompiglio nell’esercito romano, perché non è stata sollo la perdita del posto e delle scorte in essa che li angosciava, ma il fatto che essa dominava il distretto circostante”.

I consoli avanzarono comunque verso sud, contro i nemici e Tito Livio insisteva nell’affermare che i viveri dell’esercito di Annibale, erano sufficienti a sfamarlo per meno di dieci giorni e che alcuni liberi, volevano disertare. Quando entrambi gli schieramenti si accamparono nei pressi di Geronio, Annibale mise in atto una mossa astuta. Finse di abbandonare il luogo, nascondendo il suo esercito dietro un’altura e lasciando accesi i fuochi per far credere che il campo fosse ancora occupato. Soltanto il secondo giorno, i romani si resero conto che l’accampamento era stato abbandonato  e chiesero di seguire i nemici e di saccheggiare il bottino. Varrone voleva partire subito, ma Emilio Paolo, più prudente, decise di mandare in avanscoperta il prefetto Marco Statilio con uno squadrone di Lucani.

La battaglia di Canne: Al suo ritorno, quest’ultimo riferì del tranello, del fuoco lasciato appositamente acceso e delle tende lasciate aperte con gli oggetti più preziosi in bella vista.  Varrone voleva subito penetrare nell’accampamento ma il collega riferì di auspici favorevoli dunque, lo convinse nuovamente ad esitare. Nel frattempo, due servi fuggiti dalla prigionia numidia, riferirono dell’agguato subito. Tito Livio, fu severo con Varrone scrivendo che “la sua sbagliata arrendevolezza, aveva indebolito la sua autorità presso i soldati”.

I due eserciti
I Romani

Come narra ancora Polibio(Storie III):”Il senato decise di mettere in campo otto legioni, il che non era mai stato fatto prima a Roma, ogni legione composta da 5.000 uomini, oltre agli alleati. I romani combattono la maggior parte delle loro guerre con due legioni al comando di un console, con i loro contigenti alleati e raramente utilizzano tutte e quattro le legioni in una sola volta e per un solo compito. Ma in questa occasione, tanto grande era l’allarme e il terrore di  ciò che sarebbe potuto accadere che decisero di mettere in campo non solo quattro, ma otto legioni”. Di questi  otto legioni, circa 40.000 soldati e 2.4000 cavalieri formarono il nuovo nucleo dello schieramento.

Nel complesso, la forza totale dell’esercito che avrebbe affrontato Annibale non sarebbe stata di molto inferiore alle 90.000 unità. Tuttavia, molti sostengono che la distruzione di un esercito di tali dimensioni, sarebbe stata impossibile, sostenendo invece che Roma abbia in realtà messo in campo 48.000 fanti e 6.000 cavalieri contro i 35.000 fanti e 10.000 cavalieri di Annibale. Tutte le fonti, sono comunque d’accordo nell’affermare che l’esercito cartaginese affrontò un nemico di gran lunga superiore dal punto di vist numerico. Le legioni romani, per 2/3 erano composte da reclute, i cosiddetti tirones, ma c’erano almeno due legioni formate da soldati esperti e preparati, provenienti dall’esercio del console Publio Cornelio Scipione.

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Equipaggiamento

La battaglia di Canne: Ogni legione era formata da 4.200 fanti (fino a 5.000 in caso di massimo pericolo) e 300 cavalieri. Le unità alleate di socii (Alae) erano costituite da altrettanti fanti e tre volte di cavalieri (900 per ogni singola unità). I fanti, a loro volta, erano suddivisi in quattro categorie, in base alle classe sociale, equipaggiamento ed età. I manipoli di hastati e principes, erano compatti, disposti per 5 fila armate, ciascuna, da circa 28-30 legionari. La profondità totale di ogni legione poteva arrivare a comprendere 82 legionari.

Velites

I primi ad essere arruolati erano i Velites (circa 1.200) che facevano parte delle tre schiere principali (Hastati, Principes e Triarii), in numero di 20 per ciascuna centuria. Non possedevano armatura perché dovevano essere agili nelle azioni di disturbo e schermaglia. Potevano invece contare su una spada ed un piccolo scudo rotondo di 90 cm, alcuni giavellotti leggeri con un’asta larga 90 cm ed una punta di 25 cm.

Hastati.

Poi c’erano gli hastati, in numero di 1.200 e costituivano la prima linea dello schieramento. Ciascun manipolo eran formato da un rettangolo largo 40 unità e profondo 3. Erano praticamente dei fanti corazzati in cuio, dotati di corazza con elmetto di ottone adornato con tre piume di 30 cm l’una e con scudi di legno rinforzati con ferro. Avevano inoltre un gladio e due lance di cui una pesante (pilum). L’altra era un giavellotto.

Principes

Di età più matura, i principes erano circa 1200, pari a 10 manipoli. Erano armati e corazzati come gli hastati ma la loro corazza era più leggera poiché in maglia. Ciascuno dei manipoli era formato da un rettangolo largo 12 unità oltre che profondo.

Triarii

La terza fila era occupata dai Triarii, innumero di 600, pari sempre a 10 manipoli. Rispecchiavano il vecchio stile delle falangi oplitiche, armati e corazzati come i principes, escluso la picca che portavano al posto del pilum. Un manipolo di triarii era diviso in due formazioni, larga 6 unità e profonda 10.

Equites

La cavalleria era composta da un ceto sociale nobile, accompagnato da socii e Latini provenienti dalla Penisola italiana. C’erano poi gli accensi che li seguivano, pronti a colmare le lacune che potevano verificarsi nei manipoli, ora come attendenti ora come ufficiali.

Comando consolare

La battaglia di Canne: Ogni console, comandava il proprio esercito, ma visto che molto spesso i due eserciti erano accorpati insieme, la legge romana prevedeva la possibilità di alternare il comando su base giornaliera. Senza dubbio Annibale era a conoscenza di questo fatto e per questo decise, molto probabilmente di attaccare i nemici il giorno in cui Varrone deteneva il comando, proprio perché immaginava che gli avrebbe concesso il combattimento in campo aperto, nonostante il parere contrario di Emilio Paolo, anche se in tal senso, non vi  è unanimità di pareri tra gli studiosi.

Link Battaglie di Canne – Seconda parte.

 

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